Basilio Gavazzeni: “Dal diario di novembre”. Di seguito la nota integrale.
1 novembre – Festa di Ognissanti
A chi medita sui fatti e sulla dimensione inconoscibile della storia la Solennità di Tutti i Santi schiude un giorno di consolazione. Il mondo, sosteneva Henri Bergson, è una macchina per fabbricare dèi. Luce e tenebre vi si scontrano, ma Dio non vien meno nella produzione della meglio umanità. I Santi: “indiati” (lucente il conio di Dante!), cioè rifatti a Lui simili, grazie all’infinito guadagno di Gesù Cristo e a un esiguo contributo umano di pentimenti e di operosità nel bene. I Santi: quelli “magni” dell’agiografia ufficiale, ad alcuni dei quali, senza malevolenza, è stato assicurato qualche potente sostegno, ma soprattutto quelli “anonimi”, ignoti, i pedoni della santità, di cui la ragioneria umana non può essere capiente, i poveri secondo le Beatitudini del Vangelo, prediletti dal Povero di Nazaret e glorificati dall’Onnipotenza di Dio. È un dovere pregare perché anche i nostri Defunti, per merito o per tribolazione o dopo crogiolo purgatoriale, con i loro volti inconfondibili, siano annessi alla moltitudinaria festa dei salvati.
5 novembre – Un mantra per gli omileti
Esplicito Ezra Pound: “Sono stufo della decrepitezza sdentata / della parola di Dio come la predicano”. Compendia l’insofferenza di molti difronte alle parole che scendono dagli amboni. Un’omelia in dodici/quindici minuti dovrebbe coniugare autorevolmente il sugo dei testi proclamati e l’attenzione al vissuto dei fedeli, la Gloria della Parola e la carne del Popolo di Dio. Da uomini avvezzi alla panoplia espressiva, a volte espressionistica, dei Salmi, si attende che, incantati quali dovremmo essere, siamo pronti a incantare con le parole-azioni partecipate della Liturgia. Possibile che Dio non ci ispiri poesia, inquietudine, certezze, pace, indignazione, carità, la duplice adesione alla terra e al Reame dei cieli? Non abbiamo alle spalle un oceano di santità e di sapienza cristiane? Ahinoi, le dosi omeopatiche delle nostre somministrazioni omiletiche, il piccinismo e l’appiattimento che infliggiamo alla Parola e alla sua gente! “Et Verbum caro factum est” dovrebbe essere il mantra degli oratori cristiani.
13 novembre – Poveri e sospettosa micragna
Trentatreesima domenica del Tempo ordinario: per il sesto anno Giornata mondiale dei Poveri. L’ha seminata Papa Francesco nella nostra grama temporalità. I nostri sono poveri di cui talvolta si sospetta l’inautenticità. Non si riesce a misurarne la reale consistenza, a precisarne con sicurezza i volti, nonostante le tipologie e i numeri divulgati. La disunione e una malintesa tutela della privacy fanno ostacolo alla conoscenza più esatta. Ciò non giustifica nessuno a sottrarsi all’aiuto. C’è chi inganna? Altri sbrigliatamente si adopera a rifornirsi di più? Accresciamo la sorveglianza! Tuttavia vergogniamoci sempre di poter assegnare ai poveri così scarso soffio di vita. Chiediamoci: a noi che cosa lasciamo mancare? Ai supplici che manovrano il Libro delle Ore, oggi, sant’Agostino precisa: “Se tu dessi del tuo sarebbe un’elemosina, ma poiché dài del suo, non è che una restituzione! Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?” (1 Cor 4,7).
14 novembre – Fuori dai denti
Potenza, ore 12,30. Alla presenza del Prefetto Maria Grazia Nicolò, Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamento delle Iniziative Antiracket e Antiusura, congiuntamente ai membri del Comitato per il Coordinamento delle analoghe iniziative regionali, ho partecipato alla sottoscrizione del “Protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni dell’usura e dell’estorsione nella Regione Basilicata”. Convocati anche i rappresentanti di realtà contigue o interessate. Il Prefetto Michele Campanaro ci ha ospitato con munificenza nei Saloni di Rappresentanza della sua Prefettura. L’iniziativa è stata condivisa con il Prefetto di Matera, Sante Copponi. I tre Prefetti con semplicità hanno illustrato le ragioni di un nuovo Protocollo. Essendo concessa la parola ai partecipanti, per mio conto ho manifestato un po’ di scetticismo su un altro Protocollo. Ho poi ricordato ai convenuti (era il caso) che proprio a me, nel 1994, è toccato smascherare l’usura in Basilicata e, fra i primi, in Italia, esponendo la mia bella Sant’Agnese alla ritorsione di una bomba malavitosa e, nel 1998, me stesso e Angelo Festa, Presidente della neonata Fondazione Lucana Antiusura Mons. Vincenzo Cavalla, a una incriminazione per stornamento e malversazione, da cui siamo stati liberati nel 2004 (sic!), non sussistendo il fatto. Ho colto l’occasione per affermare che lo Stato dovrebbe chiedere perdono ai Cittadini vessati dalla malagiustizia di alcuni suoi dipendenti. Ho ancora rimarcato il persistente rifiuto a denunciare l’usura. Senza dubbio ostano dabbenaggine e viltà, ma ancor di più la sfiducia verso i detentori della Legge che, a molti, sembrano non credere nel Diritto e non difendere gli innocenti contro i prevaricatori, come preti fra cose sante che (Dio non permetta) non credessero nell’Eucaristia e non si prendessero cura dei fedeli. Infine, ho segnalato le difficoltà incontrate nelle Banche che, da tempo, mettono in non cale la prevenzione e il contrasto dell’usura e la stessa educazione finanziaria cui continuano a richiamare.
La sera, al Telegiornale, la giornalista di RAI 3 segnala il celebrato accordo e, sancta simplicitas!, comunica dell’usura nostrana un solo dato uscito dalla Fondazione Antiusura potentina che, al Protocollo, ha mandato, come rappresentante, un’impiegata non eletta ahilei a sottoscriverlo! Specimen di rispetto per la donna e di informazione in Lucania?
15 novembre – Uno scatto ingiustificato
“Gli altri sono usciti con le sporte stracolme…” L’anziano scaglia a terra quattro confezioni da mezzo chilo di pasta e se ne va. Allibisce la volontaria della Caritas che gli stava consegnando i viveri previsti ogni mese per i bisognosi, a lui per due persone. Gli alimenti della raccolta appena organizzata con successo dal Parroco, ben 8 quintali, spiccano fra quelli di quantità e qualità non modiche regolarmente fornite dal provvidente FEAD (Fondo Aiuti Europei agli Indigenti). La volontaria si attiene a un tabulato che regola la distribuzione in base al numero dei famigliari. “Gli altri… le sporte stracolme…”. È così. Però non soltanto di pasta, che scarseggia a causa della guerra. E al momento di uscire, cioè dopo 26 assegnazioni. Oltre la pasta, riso (razionato), farina (anche una balletta), caffè (perfino 6 confezioni), crackers (abbondanti, anche per celiaci), croissant, nutella (fino a 5 vasetti), marmellata (fino a 4 vasetti), biscotti (misurati), latte bastante, salsiccia calabrese e grana padano (con moderazione), olio d’oliva (quasi finito), olio di semi di girasoli (sufficiente); in discreta misura omogenizzati alla frutta, al pollo più verdure, al nasello più verdure, alla trota più verdure, borlotti, ceci (anche secchi), lenticchie, spezzatino, carne in scatola, tonno, minestrone, passata di pomodoro e pelati. Insomma quel che ricolma il magazzino. È poco? Per anni il protestatore ne ha goduto, zitto zitto, mai un grazie. Se tornerà, sarà trattato come sempre con generosa equità. Sàppiano i volontari della Caritas che qualcuno direbbe loro: “Non avete ancora versato il sangue per i vostri peccati”. Avanti, allora, con il discernimento e il cuore di un’affermata tradizione!
16 novembre – La c’è la Risurrezione
Ho tra le mani Odissea, il mostruoso poema di 33.333 versi dal metro decaeptasillabo giambico, opus maius di Nikos Kazantzakis. Nei versi 1265-1292 che sigillano il Canto VI, stracca, la Morte si stende a fianco di Ulisse, suo vecchio amico, addormentatosi lungo un fiume. Vuol dormire un po’ anche lei. Sogna la Morte un incubo irrilevante per lei che sa di aver la meglio sulla vita. Ride nel sonno a vedere uomini che costruiscono e donne che cantano, la terra che, ruotando, si copre di erbe fiori e frutti, piogge e neve. Ma, poiché la terra ruota con maggior slancio, la vita si fa largo più sfrontata. Sotto la concertazione del sole e della pioggia “infinite uova si schiudono, il mondo brulica di vermi; / si muovono folti eserciti, uomini, uccelli e fiere, / e pensieri, si avventano per divorare la Morte”. Addirittura una coppia di umani osa accendere nelle sue narici un focherello per far da desinare, dopo averle appeso al labbro la culla del neonato. “La Morte si scuote all’improvviso e svanisce il sogno. / Nel sonno fulmineo ha avuto un incubo: la vita.” Nella tragedia Melissa (1939) Kazantzakis scriveva: “L’uomo combatte contro la Notte, la morte governa la vita”. Con questa concezione si spense a 74 anni, il 26 ottobre 1957. Non posso non soppesare l’ardita e paradossale teologia dei versi 1368-1369 nel Canto XXI: “Dio è grande e misericordioso fino all’ultimo / può anche salvare l’anima che non si vuol salvare”. Sono le estreme parole che, fra le lacrime, il Pescatore gentile (ipòstasi del Cristo) lascia a Ulisse, abbracciato ma deciso al congedo, testa canuta che “rotola sull’onda”, in solitudine avviato alla fine, senza un bagliore di speranza.
Si paralizzi la mia destra, mi si attacchi la lingua al palato (cfr Sal 136) se dimentico la Sequenza pasquale: “Sì, ne siamo certi: / Cristo è davvero risorto. / Tu, Re vittorioso, / abbi pietà di noi”; e la retorica e vigorosa sfida di san Paolo: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1 Cor 15,55; cfr Os 13,14); e che la morte sarà annientata (cfr 1 Cor 15,26).