Stati generali della scuola a Matera, intervento Giuliano (Garante infanzia e adolescenza Regione Basilicata). Di seguito il testo integrale.
Il lavoro del garante parte dal basso per arrivare alle istituzioni. Infatti, quotidianamente, raccoglie richieste provenienti dalla gente comune, cioè da parte di coloro che tutti i giorni vivono una specifica situazione e chiedono al garante di sollecitare le istituzioni su quelli che sono i reali bisogni del territorio. Bisogni che sono stati ben racchiusi nel Rapporto annuale sul monitoraggio della condizione dei minori in Italia e in Basilicata, da parte del Gruppo di lavoro (CRC), e che fanno subito balzare “ agli occhi le disuguaglianze regionali nell’accesso ai servizi: povertà, servizi educativi, salute. Nascere nei nostri territori significa offrire ai nostri bambini e adolescenti opportunità e diritti differenti. E questo non è più tollerabile.
La percentuale in regione dei comuni coperti da servizi socioeducativi per la prima infanzia è del 28,2%, inferiore di 31,9 punti rispetto alla media nazionale. Gli alunni della scuola primaria che usufruiscono del servizio mensa è del 49,0%, inferiore di 7,2 rispetto alla media nazionale.
La percentuale di Neet è del 26,3% (media nazionale 23,3%)”. Gli abbandoni scolastici dopo la terza media, senza arrivare ad un diploma: in Basilicata sono il 13,8 % mentre la media europea è del 10% e quella italiana del 14%. La media nazionale è fortemente condizionata dalla media delle regioni meridionali che è del 18,5%.
Le persone di minore età in povertà relativa, in Basilicata, è del 34 per cento, superiore di 13,6 punti rispetto alla media nazionale, con un trend in aumento. I bambini e i ragazzi di 6-17 anni che nel tempo libero si dedicano alla lettura di libri sono il 43,2 per cento, contro la media nazionale del 51,9 per cento. La percentuale di bambini e ragazzi di 3-17 anni che, nel tempo libero, praticano sport in modo continuo o saltuario è del 47,3 per cento, inferiore di 12,5 punti rispetto alla media nazionale. In relazione alla povertà educativa digitale, la percentuale di minori tra 6 e 17 anni che non utilizzano Internet è del 15,2 per cento ( media nazionale 15,7 per cento). Infine, la percentuale dei minori che non consuma un pasto proteico al giorno è del 4,9 per cento, superiore di 2,1 rispetto alla media nazionale”.
La povertà educativa è strettamente legata alla povertà economica. Impedisce ai bambini e i ragazzi di avere opportunità di accesso che potrebbero garantire una crescita sana. L’educazione dev’essere democratica, gratuita, di qualità. E la fascia 0-6 non dev’essere vista come un parcheggio, ma come un laboratorio creativo ed educativo, una matrice di benessere per bambini e famiglie. L’esigenza pertanto è quella di avere per questa fascia d’età personale qualificato, così come indicato dalle linee guida 0-6 del Miur, supervisionato da pedagogisti e psicologi, che insieme, frontalmente, decodificano i bisogni dei bambini e seguano la famiglia.
Quasi a cadenza giornaliera l’ufficio del garante riceve richieste per difficoltà a scuola da parte di genitori con figli disabili. In particolare per l’assenza o discontinuità degli insegnanti di sostegno compresi gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione di competenza dei Comuni, o per figure di sostegno non formate/inadeguate.
Dagli studenti, con i quali dialogo tramite la consulta, le associazioni e direttamente a scuola, le richieste sono riconducibile ai risultati della consultazione pubblica “La scuola che vorrei”, promossa dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, e che ha coinvolto 10.097 giovani tra i 14 e i 18 anni, e chiamati ad esprimersi su Cinque temi: spazi, didattica, tecnologie, valutazione e territorio.
Dalla consultazione è emerso che i ragazzi chiedono spazi laboratorio per l’apprendimento sul campo (36%) e ambienti organizzati in funzione delle attività da svolgere (21%). Per il 42% sarebbe importante avere o valorizzare spazi extra-scolastici come ad esempio musei, biblioteche e impianti sportivi. Il 73,7% considera molto importante un maggiore dialogo tra docenti e studenti, con momenti dedicati all’ascolto e allo scambio di opinioni. Infine, un’alta percentuale (73,3%) di partecipanti alla consultazione assegna notevole importanza al benessere scolastico in generale.
Per quanto riguarda didattica e tecnologia, l’85,3% riconosce l’importanza di affiancare a un gruppo di insegnamenti comuni alcune materie a scelta, mentre l’82,5% sottolinea l’esigenza di semplificare i programmi e di aggiungere discipline innovative. Tra le più gettonate: lingue con docenti madrelingua (56,9%) e l’educazione in ambiente digitale (50,6%). Bisogna inoltre rivedere la scuola e l’insegnamento cercando di favorire gli studenti attraverso modalità digitali ed innovative, al fine di non creare all’interno della nostra regione studenti di serie A e studenti di serie B. Per tale motivo si raccomanda di non smettere di lavorare per la digitalizzazione della nostra regione, favorendo copertura di rete Internet omogenea in tutte le aree, educazione digitale per tutte le età e forniture di computer e devices digitali. Il garante ed il suo tavolo tecnico hanno spinto per un’innovazione digitale educativa attraverso una piattaforma dedicata ai giovani denominata scu.ba.lù. Tale piattaforma, terminato il progetto pilota, è stata accantonata, ma sarebbe invece uno strumento utilissimo per l’innovazione digitale degli studenti lucani.
Per quanto riguarda la valutazione, il 36% nelle valutazioni va valorizzato il riconoscimento dell’impegno, per il 29% si deve tenere conto anche delle diverse capacità dei ragazzi e per il 21% esse vanno articolate attraverso differenti strumenti, come ad esempio il giudizio più il voto. Promozioni e bocciature andrebbero riviste poiché fanno riferimento a un modello di scuola oramai superato. Per evitare le bocciature complessivamente il 78,3% si dice d’accordo che sarebbe necessario più dialogo tra alunni e professori e tra studenti, docenti e genitori, attraverso momenti di scambio di opinioni.
Per la didattica viene proposto un nuovo modo di fare lezione – superando il concetto di aula tradizionale, ricorrendo anche all’utilizzo di spazi extra-scolastici come musei, biblioteche e impianti sportivi – e prevedendo luoghi di ascolto. Bisogna permettere agli studenti di aggiungere alle materie comuni insegnamenti a scelta e introdurre un nuovo metodo che vada oltre la didattica frontale.
Secondo il 94% dei partecipanti alla “Scuola che vorrei” la collaborazione tra istituti scolastici e territorio assume una significativa importanza e andrebbe realizzata, per il 62%, rendendo fruibili spazi sportivi e culturali alle comunità locali al di fuori dell’orario scolastico. E per il 55% attivando collegamenti tra scuole e associazioni/imprese esterne e progetti di alternanza scuola-lavoro, per valorizzare gli studenti nel loro territorio. Il garante, proprio a tale scopo, ha lavorato in direzione dei patti educativi di comunità, ancora non del tutto applicati, ma che sarebbero di vitale importanza per i nostri piccoli comuni ed i loro studenti. A tale scopo è stato sottoscritto anche un protocollo di intesa tra l’Anci di Basilicata e il Garante.
Ed è proprio sul territorio che si gioca la partita più importante per gli studenti lucani. La Basilicata infatti si presenta con una orografia difficile, in cui i paesi dell’entroterra, in particolare quelli situati sui territori montuosi, sono interessati fortemente dal fenomeno dello spopolamento e di conseguenza dal numero ridotto di bambini che frequentano le scuole. Da questo problema ne nasce un altro, quello delle pluriclassi, misura adottata al fine di garantire il diritto allo studio anche a questi studenti. Ma gli insegnanti che devono lavorare in queste pluriclassi devono avere una formazione specifica per dare risposte efficaci ad una classe così eterogenea, così come per gli studenti disabili la formazione dell’insegnante di sostegno deve essere specifica.
Inoltre bisogna ricalibrare i parametri per la chiusura delle scuole e dei vari plessi scolastici in questi territori: non si può chiudere una scuola per via dei numeri inferiori alle 500 unità, ma bisogna tener conto delle classi presenti in quel plesso scolastico.
La tutela dell’infanzia e dell’adolescenza non può essere considerata come semplice interesse dello Stato, al pari di tante altre politiche di sostegno e di assistenza e il PNRR dovrà tenerne conto se vuole essere realmente un’occasione per far ripartire l’Italia. Ma perché ciò avvenga bisogna che investa nell’educazione, che non è un semplice prodotto sociale ma il vero motore del cambiamento. L’investimento più saggio per il futuro. L’educazione è la pietra miliare per una società democraticamente più giusta, psico-fisicamente più sana, politicamente più attiva e statisticamente più felice.
L’educazione parte dalla famiglia e prosegue a scuola, ma entrambe queste sono le istituzioni più in crisi degli ultimi anni. Bisogna avere il coraggio di agire su questi due fronti, risolvendo i problemi delle nuove generazioni direttamente alla radice.