Raffaello de Ruggieri, già Sindaco di Matera ha inviato una riflessione sui contenuti del nuovo statuto della Fondazione Matera – Basilicata 2019. Di seguito la nota integrale.
La Fondazione Matera – Basilicata 2019 non può divenire una “decalcomania” istituzionale
Accolgo con favore la proposta del Sindaco Bennardi di “allargare” il dibattito sul ruolo della Fondazione Matera-Basilicata 2019.
Non sono distratto dalla baruffa istituzionale tra Comune di Matera e Regione Basilicata per il possesso egemonico della Fondazione. La discussione è fuorviante perché, nel merito, la “egemonia” spetta alla città di Matera per la sua storia e per il prestigio dei risultati raggiunti.Parlano chiaro le visioni e le azioni culturali compiute dalla comunità nella difesa e nella valorizzazione del patrimonio culturale; nel restauro urbanistico-ambientale dei rioni Sassi e del prospicente altopiano murgiano; nella attuazione di un articolato sistema museale urbano;nella istituzione diuna scuola residenziale di alta formazione per il restauro dei beni culturali; nel riconoscimento Unesco di Matera quale patrimonio mondiale della umanità; nella vincente candidatura di Matera a Capitale Europea della cultura; nel recente manifestocittadino di “Cultura èLibertà”; nella proposta al Governo e al Parlamento, avallata dalla AICC di Confindustria, di istituire in Matera la Zona Economica Speciale della Cultura (ZES), prima in Italia e in Europa, ove attrarre e insediare le industrie culturali e creative;nella scelta di Unibas e Basilicata Creativa di attivare il cluster materano delle industrie culturali e creative e, per ultimo, la stessa scelta regionale di aprire in Matera un centro di innovazione formativo internazionale di ultima generazione (Academy), specializzato in tecnologie abilitanti 4.0 con applicazione al settore dei beni culturali, delle industrie culturali e creative e turismo.
I ruoli, quindi, non si inventano e non si improvvisano, si costruiscono lentamente e costantemente da parte di una comunità educata a trasformare la identità in sviluppo, puntando sulle fabbriche della conoscenza e sulle industrie “pensanti” e non più su quelle pesanti.
È quindi scandalosa la ipotesi provocatoria che il consiglio di amministrazione possa modificare la sede della Fondazione e/o istituire anche altrove uffici amministrativi.A riguardo è bene che i materani ricordino un analogo scippo subìto per la sede della Film Commission, nata come sede legale e operativa in Matera e “fluidificata”, per arroganti decisioni, nei recinti protetti della città capoluogo regionale.
Poiché l’esperienza è maestra di vita, mirati dimagrimenti vanno operati anche nella composizione del consiglio di indirizzo per non ridurre la rappresentanza materana a muta reliquia.
Quanto alla iperbole regionale: “io metto i soldi, io comando”, vorrei solo ricordare la recente generosità regionale verso il “capoluogo lucano” gratificato da un incondizionato e gratuito “sorriso” di quaranta milioni di euro per contenere l’eternità di un baratro finanziario.
Registrata la precondizione che la Fondazione potrà affermarsi e progredire solo utilizzando il conquistato “brand Matera” e solo rispettando l’acquisito suo potere territoriale, si deve porre mano alla obbligata modifica statutaria relativa allo “scopo” dell’ente.
Avrei gradito un conflitto critico su tale strategico e determinante aspetto e non già un braccio di ferro sui posti di comando da occupare, in quanto senza riconoscere la reputazionedella città di Matera i programmi e i progetti avrebbero un respiro corto, non uscirebbero dall’anonimato e non avrebbero la necessaria risonanza nazionale ed internazionale.
Si è perso, dunque, tempo per fare pugilato senza ring, e come ci ha insegnato Seneca la “vergogna peggiore è perdere tempo per la nostra negligenza”.
Nessuno, infatti, ha risposto al quesito se la nuova “ragione sociale” della Fondazione debba vivere o meno una subalternità progettuale e gestionale,cioè se la Fondazione debba essere o meno una colorata decalcomania della Regione Basilicata e del Comune di Matera.
In definitiva se debba essere un ennesimo “ente erogatore di servizi e di risorse”, anziché un “ente imprenditore”, in grado, nel tempo, di divenire autonoma impresa culturale e vincente modello lucano! Vale a dire un ruolo di protagonista nella declinazione innovativa delle produzioni, delle formazioni e delle occupazioni “culturali” in Italia ed in Europa.