“La prevenzione secondaria del cancro colon-rettale (CCR)”. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per l’87° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
La prevenzione si definisce primaria quando è indirizzata alla ricerca delle cause, cioè i fattori genetici, ambientali, o alimentari. E’ definita secondaria quando è indirizzata alla ricerca di lesioni pre-neoplastiche, come il polipo adenomatoso del colon, oppure alle forme iniziali e non invasive del CCR.
La prevenzione primaria su vasta scala è attualmente difficile da mettere in atto, essa è volta alla ricerca delle mutazioni genetiche specifiche e\o ai fattori ambientali, o alimentari, o agli stili di vita. Può essere praticata solo in alcuni casi come, ad esempio, un paziente già operato per CCR, che dovrebbe eliminare dalla sua alimentazione, per tutta la vita, i fattori alimentari predisponenti, che abbiamo già esaminato nel precedente capitolo edovrebbe anche eseguire una chemioprevenzione con FANS per periodi di tempo molto lunghi.
Per screening si intendono quelle forme di prevenzione secondaria che riguardano una patologia ad impatto sociale, che rappresenta uno dei maggiori problemi sanitari, che abbia un precursore su cui intervenire, è indirizzata a soggetti asintomatici, per cui esistono valide soluzioni terapeutiche se la malattia viene riscontrata, se esistono validi ed accettabili mezzi diagnostici che siano facilmente messi in atto sia dal medico curante che dal paziente e, infine, che abbia costi accettabili per la società.
Nel caso del CCR:a) il lungo periodo di tempo di anni, a volte di qualche decennio, per lo sviluppo e l’evoluzione del tumore da benigno a maligno, b) la conoscenza dei fattori di rischio quale l’età superiore ai 50 anni, o la stipsi, specie di recente insorgenza o aggravamento, c) la presenza di un precursore quale il polipo adenomatoso, d) la familiarità, e) la possibilità di sviluppare un altro CCR, o altri polipi adenomatosi in pazienti che sono già stati affetti da tale patologia,f) la coesistenza di rettocolite ulcerosa o malattia di Crohn, g) la possibilità di mezzi diagnostici validi, di laboratorio e strumentali quali la colonscopia, h) la possibilità di asportazione e quindi di guarigione completa del precursore o del carcinoma in fase iniziale mediante la polipectomia endoscopica, permettono di studiare ed organizzare dei validi programmi di screening.
I pazienti sintomatici che presentino presenza di sangue manifesto nelle feci, stipsi di recente insorgenza, dolori addominali, anemizzazione, cioè sintomi che indirizzano verso un CCR, avranno un proprio percorso diagnostico-terapeutico. I pazienti che presentano una familiarità di primo grado per un CCR non potranno entrare nei programmi di screening ma avranno un loro percorso personale che prevederà l’esecuzione di una colonscopia dopo i 40 anni e successivamente, se negativa, ogni 5 anni.
Lo screening del CCR va perciò eseguito su pazienti asintomatici nella fascia che va dai 50 ai 75 anni, perché a 50 anni inizia la curva in ascesa del CRC e perché a 75 anni cala il beneficio dello screening a causa del lungo periodo di tempo occorrente per la trasformazione di un polipo adenomatoso in carcinoma. I test usati per lo screening del CCT sono la ricerca del sangue occulto nelle feci (SOF), la rettosigmoidoscopia, la colonscopia, la ricerca del CEA.
La ricerca del sangue occulto nelle feci con il test immunochimico è quella ormai usata nella maggioranza dei laboratori di analisi ed è la più affidabile perché è specifica per il sangue umano e quindi non viene influenzato dall’assunzione di carne nei giorni precedenti, è bene quindi che sia i medici che i pazienti si assicurino che la ricerca del sangue occulto nelle feci avvenga con questo metodo e non con il vecchio metodo al guaiaco, che riporta falsi positivi se il paziente ha ingerito vegetali che contengono perossidasi oppure carne rossa e falsi negativi se ha ingerito antiossidanti come la vitamina C. La sensibilità del SOF nel cancro, anche col test immunochimico, però, varia dal 30 al 60%, sensibilità troppo bassa per poter considerare affidabile il test da un punto di vista diagnostico; anche se dovessimo prendere in considerazione gli studi più favorevoli a questo test, il 40% almeno dei test possono essere dei falsi positivi, cioè test positivo e assenza di polipi o cancri del colon, o dei falsi negativi, cioè test negativo e presenza di polipi o tumori del colon, il che è ancora peggio perché la negatività del test può non fare riconoscere in fase precoce un cancro, e ciò mette a rischio anche la vita di un soggetto. Poiché il test della ricerca del sangue occulto ha un costo molto basso (tra 1 e 2 euro) è molto diffuso ed è stato anche adottato, almeno in Italia, come test di primo livello nello screening del cancro del colon, che, nei paesi occidentali è ai primi posti, come frequenza, tra tutti i tumori, ma la sua validità può esplicarsi solo in quel 60% di affidabilità che residua al 40% di inaffidabilità e ciò non è sufficiente per una prevenzione di secondo livello, quella che dovrebbe servire a fare la diagnosi precoce dei polipi neoplastici, cioè gli adenomi, e dei cancri del colon. Tuttavia piuttosto che nulla è bene eseguire il SOF perché almeno si riesce a individuare una parte di CCR che altrimenti sarebbe stata del tutto ignorata.
Un altro esame di screening proposto da alcuni è la retto-sigmoidoscopia, che esplora solo gli ultimi 40-50 cm del colon in cui si può ritrovare solo il 30 % dei polipi o cancri asintomatici, resta escluso un altro 70% di casi che si ritrovano nei segmenti di colon più alti, di cui un 23 % nel colon destro, un 24 % nel colon trasverso e un altro 24 % nel colon discendente. Quindi questo esame è sconsigliato come esame diagnostico per adenomi o cancri del colon, nonostante continui ad essere prescritto con una certa frequenza. Anche l’esame radiologico del colon, cosiddetto clisma opaco, è ormai obsoleto.
L’esame principe è, a tutt’oggi, la colonscopia, ma deve essere completa, cioè deve raggiungere il cieco, la parte più prossimale del colon dove sbocca il piccolo intestino, attraverso la valvola ileo-ciecale che deve essere documentata con una foto, e\o una foto della caratteristica “ zampa d’oca” del fondo ciecale e dell’ostio appendicolare. Tuttavia nel 10% delle colonscopie non viene raggiunto il cieco per varie ragioni:o per inesperienza dell’operatore, o per la presenza di un colon abnormemente lungo o tortuoso (dolicocolon), o per la presenza, nei segmenti di colon più a valle, di restringimenti dovuti a aderenze, o diverticoli, o per scarsa toilette del colon, o altro ancora. In tali casi può venirci d’aiuto un esame radiologico, la Colon-TAC, chiamata, impropriamente, colonscopia virtuale. La maggior parte delle colonscopie eseguite per screening mette in evidenza polipi adenomatosi nel 25-45 % dei casi, che, se sono sotto i 5 mm. possono essere asportati seduta stante; per i polipi da 10 mm. in su andrà programmata una successiva polipectomia dopo l’esecuzione degli esami della coagulazione, in regime di Day Surgery e con lo stand by chirurgico. Un fattore importante nella esecuzione di una colonscopia è il tempo occorso nell’esplorazione del colon nel ritorno dal cieco, che è dimostrato che deve essere superiore ai 6 minuti, per rendere l’esame veramente affidabile. Un fattore a sfavore di questo esame è la necessità di una preliminare toilette completa del colon e la sua complessità ed invasività; queste ultime due sono strettamente legate allo “skilling” del medico che esegue l’esame, alla opportuna sedo-analgesia con farmaci e dosi personalizzate all’età, alla costituzione corporea e ad altre patologie del paziente, e all’uso, per il superamento delle anse più strette del colon, della tecnica di “accorciamento” del colon piuttosto che l’avanzamento a spinta.
Un altro esame proposto per lo screening è il CEA che può essere utile nella stadiazione preoperativa e nel follow up post-operatorio, ma non certo per lo screening nei soggetti asintomatici.
Il DNA fecale e i test genetici, che ricercano alcune delle alterazioni genetiche tipiche del CCR, non possono essere utilizzate per la prevenzione in quanto indagini rare e costose, oltre a richiedere attrezzature sofisticate e tecnici specializzati. La ricerca dell’alterazione del gene APC sarà però molto utile nell’individuare i familiari a rischio di malattia e di degenerazione nella FAP, la poliposi familiare caratterizzata dalla presenza di decine, centinaia, di polipi adenomatosi, che, se lasciata al suo destino, si trasforma inevitabilmente in CCR.
Per sintetizzare, allo scopo di fare prevenzione sul CCR ci si può comportare così: a) anamnesi personale e familiare dettagliata alla ricerca di sintomi o fattori di rischio, b) se individuati fattori di rischio, se uno di questi è la familiarità di primo grado il paziente eseguirà una colonscopia che sarà ripetuta ogni 5 anni,invecegli altri verranno seguiti con percorsi diagnostico-terapeutici individuali, c) i pazienti privi di fattori di rischio e con età superiore ai 50 anni eseguiranno la ricerca del SOF ogni tre anni, se questa sarà positiva il paziente eseguirà una colonscopia con successivo invio verso percorsi specifici.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it