Giancarlo Vainieri (Centro studi sociali e del lavoro): “Realizzare i distretti della salute come costruzione sociale”. Di seguito la nota integrale.
I Distretti della salute in Basilicata, come felicemente li immaginava la legge regionale 2008, devono in qualche modo nascere o rinascere.
La situazione attuale: non c’è nulla o c’è poco nei nostri territori di “governo distrettuale” così come previsto dalla “sociologia della salute”.
Per questo è benvenuta la bozza di documento regionale di riprogrammazione dell’assistenza territoriale ex DM n.77/22 che sarà presentato il 27 gennaio alla comunità lucana.
È questo il momento per ricostituire nella nostra regione il sistema di prossimità delle cure.
Ma tra cose immaginate e cose realizzate, come si sa, il salto è lungo.
Specie quando si ridisegnano le planimetrie sociali.
Quella “chimica” dei rapporti tra le persone e delle persone, con il loro “star bene” soprattutto dopo la pandemia che ha stravolto completamente il nostro modo di vivere e il nostro rapporto con la salute.
Non è uno scherzo!
Il Rapporto Censis, si chiede dove siamo?
C’è l’impennata del costo della vita, la guerra in Europa, la rarefazione dei servizi energetici, che stanno impattando ferocemente sulle tante difficoltà sociali generando più “disuguaglianze” allora è importante ritrovare e ritrovarsi soprattutto garantendo a tutti una sanità a misura di territorio, con le coordinate di quello che appare un capovolgimento dell’offerta di salute e del welfare.
I nuovi “distretti della salute” devono partire da un punto fermo “chi fa che cosa” nel cantiere di una ricostruzione, partendo dal governo di chi fa le scelte e come far muovere l’intera macchina “organizzativo-decisionale”
È vero, i semi e le sperimentazioni nel campo della medicina territoriale, anche qui, non mancano, vogliamo forse ignorare che l’organismo-personale delle Aziende sanitarie, con gli ottomila bravi operatori, sono stati l’ossatura solvente dell’ordine sociale nelle nostre comunità fino ad oggi nonostante le tante carenze organizzative.
Non vi è dubbio, che dopo anni di verticismo e di attenzione per gli aspetti finanziario-gestionale è come se si fosse infiacchito lo “spirito originario” del “pianeta sanità”.
Fino a dimenticare che, per Costituzione, il mandato di tutto il sistema-salute appartiene alle persone ed alla collettività!
In fondo siamo ad un nuovo “racconto” di come si può ricominciare a fare “sanità e sociale” con e per le persone.
Ormai tutti dobbiamo prendere atto che siamo in una fase nuova, come dopo una scossa viscerale delle relazioni alla base del sistema del vivere insieme, uno stato nascente, una fascinazione sociale, di riappacificazione e di fiducia in se e negli altri, non una nuova “scatola’ vuota” senza qualità, non un ritorno al puro coordinamento dei servizi “day after day”. Questo si fa già, in qualche modo!
Quindi è questo il momento di fare insieme le cose!
Bisogna fare come prima cosa insieme l’analisi dei bisogni di salute, insieme nel ricostruire i servizi esistenti nei territori, più integrati tra operatori e strutture di diversa provenienza e far incontrare domanda e offerta di salute come già nel DM ‘Balduzzi’ i Distretti venivano definiti come UOC, “Centri di Responsabilità” e “Centri di Costo”.
Strutture su cui investire, rifondate ed arricchite di risorse umane e tecnico-logistiche, senza lesinare e risparmiare, un insieme aperto e connesso che si muove in prossimità dei 130 Comuni, al luogo di vita delle persone.
Un “sistema unico nazionale di valutazione del profilo di salute dei pazienti” fondamentale per l’individuazione dei “bisogni semplici” e dei “bisogni complessi” (Documento AGENAS-Regioni-PPAA 2021).
Cosa mettere allora nel Distretto oggi?
Prima di tutto l’Assistenza Domiciliare (il modello Venosa in Basilicata e fuori ha fatto scuola) poi bisogna pensare ai nuovi bisogni legati ai Servizi per la Salute Mentale, le Dipendenze Patologiche e la Neuropsichiatria Infantile, Servizi per la Salute della Donna e del Bambino, insieme con un uso diffuso di Telemedicina.
Ma senza uno spessore sociale, o meglio socio-sanitario i Distretti nascono gracili ed anemici. Non c’è l’anima e la vita delle persone e delle comunità si possono comprendere le rivendicazioni geo localizzate, luogo per luogo, del nostro essere fatti di terra lucana, sono i nervi scoperti di una società regionale che la politica non sa o non vuole più robusta e creativa!
Ma poi difficile è uscire dal pulviscolo, dal bagliore delle facili rivendicazioni di sedi e di risorse senza prepararsi ad usarle queste leve in maniera efficiente ed efficace per i territori.
Perciò dobbiamo essere consapevoli cosa devono servire, a cosa c’è dopo, e non contentarsi solo di un pezzo di potere pubblico più vicino.
Forse siamo ancora e daccapo al pre-politico, al dover dire, al formare ed informare la civis per costruire e convincersi a vere ”comunità di persone”, più libere ed organizzate meglio, consapevoli di potersi esprimere e co-progettare insieme i propri bisogni.
Per questo mettiamo tanta sostanza di tipo sanitario nel Distretto, decentriamo le funzioni, anche quelle di tipo sanitario ed assistenziale, come a rovesciare la piramide costruita su antiche certezze del passato che non ci sono più.
Ma il punto di svolta è la regia del Distretto che deve essere legata ad un impegno di promozione della salute che non è semplice assenza di malattia, ma un progressivo avanzamento socio-culturale, con la ricerca di un benessere psico-fisico possibile, un quid tra sociale e sanitario con un Ufficio di Piano che sostiene la programmazione della Direzione, senza le superate duplicazioni di direttori sanitari ed amministrativi, per poi spostarsi sulla centralità di più moderne ed innovative funzioni tecnico-digitali e sociali, ad intreccio con le funzioni comunali, attraverso l’apporto sinergico delle sanità integrative e delle più vaste forme integrate e vitali del sociale. O si fa questo o si ritornerà alla clinicizzazione del territorio.
Il nodo è tutto politico e le domande sono fondamentali e tutte da approfondire!
La regola, la consegna per tutti è di dare le prestazioni giuste al paziente giusto, nel giusto setting e la prima volta ”[Friedman, 2004], con accoglienza, liberalità ed alterità, tutto questo in Basilicata si può fare ancora se tutti lo vogliamo .