In occasione della giornata della memoria riportiamo l’intervento di Margherita Perretti, Presidente Commissione Regionale Pari Opportunità.
La Commissione Regionale Pari Opportunità, fin dal suo insediamento, ha sempre ritenuto doveroso celebrare la Giornata della Memoria, rivolgendosi soprattutto alle giovani generazioni. Del resto, gli articoli 2 e 3 dellaCostituzione, che sono alla base del nostro organismo, non ci consentono di dimenticare gli eventi sintetizzati sotto il nome di Shoah, gli anni della pianificazione dello sterminio di massa degli Ebrei In Europa, nel corso dei quali la discriminazione, l’intolleranza, la mancanza del rispetto dei diritti inviolabili e della dignità della persona sono andate oltre ogni limite.
Il genocidio che si è compiuto non ha riguardato solo gli ebrei, ma il mondo intero, e deve essere un monito affinché nulla di simile possa più succedere, a chiunque.
Un monito contro antiche e nuove discriminazioni, contro i razzismi, contro la colpevole indifferenza dei tanti che si voltano dall’altra parte. Anche perché i genocidi, sebbene non in tale dimensione, sono continuati ad accadere, pensiamo al Ruanda negli anni Novanta, o al massacro di Srebrenica, durante la guerra in Bosnia-Erzegovina nel 1995. E chi avrebbe mai immaginato un anno fa un’aggressione in territorio europeo come quella russa all’Ucraina.
Il 27 gennaio è una data molto importante, indispensabile per sollecitare in particolare i giovani a non dimenticare e, soprattutto, a comprendere le radici profonde che determinarono l’Olocausto.
Sono tante le domande che dobbiamo porci affinché la memoria resti viva per aiutarci a capire i meccanismi che hanno consentito quegli orrori ed evitare che si possano ripetere. Così come occorre evitare la banalizzazione del Giorno della Memoria con celebrazioni formali o retoriche che non siano accompagnate da una corretta informazione e da un intelligente racconto.
Occorre riflettere sulle leggi razziali del 1938, che per molti rappresentarono la distruzione del quotidiano, di relazioni lavorative, sociali, familiari, l’inizio della fine, sulla vita delle donne ebree prima nei ghetti, poi deportate nei campi di concentramento, sulla loro capacità di resistere, le difficoltà quotidiane, le violenze subite, il distacco obbligato dai loro figli.
Ma la memoria si mantiene viva anche attraverso l’uso di un linguaggio corretto, che restituisca valore alle parole ed eviti i termini di odio, che si declinano come razzismo, sessismo, antisemitismo, nazionalismo, anticamera delle discriminazioni ed intolleranze. Evitare il linguaggio d’odio consente di contrastare la violenza contro l’umanità.
Liliana Segre ha dichiarato qualche giorno fa, con un po’ di sconforto, “Una come me ritiene che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà una riga tra i libri di storia e poi più neanche quella”. Ecco, è nostro preciso dovere come Istituzioni evitare che questo possa accadere, lo dobbiamo alle vittime dello sterminio, lo dobbiamo alle giovani generazioni, perché riflettere sugli accadimenti della storia serve loro a costruire un futuro che tuteli diritti, tolleranza, inclusione, rispetto della dignità della persona.