Alessandra Calia, in rappresentanza di un gruppo di genitori materani, ha inviato una nota per commentare la recente e nota tragedia dell’ospedale Pertini di Roma e esprimere una riflessione sulla questione dell’assistenza alla puerpera nel post partum.
7 gennaio 2023: all’ospedale Pertini di Roma una mamma soffoca il proprio neonato addormentandosi mentre lo allatta stesa nel letto.
L’accaduto desta in breve tempo indignazione e tristezza fra le mamme di tutta Italia che, accomunate dalla consapevolezza del “potevo essere io”, manifestano piena solidarietà alla neo mamma, condividendo le proprie storie di solitudine e di smarrimento.
Èstato puntato il dito contro il bed sharing e il co-sleeping (condivisione del letto e condivisione del sonno tra genitore e neonato), c’è chi addirittura ha messo in discussione la validità dell’allattamento al seno. Ma la verità di chi sa cosa significa partorire nei nostri ospedali è che la responsabile della morte di quel neonato è la solitudine nella quale la donna viene spesso abbandonata. E non solo a livello ospedaliero. Mettere al mondo un neonato e prendersene cura sembra spesso essere un affare esclusivo della mamma e non di entrambi i genitori o della comunità intera: tant’è che attualmente il papà riveste un insipido ruolo di “visitatore”, ovvero ha la possibilità di vedere mamma e figlio nei consueti orari di visita, costretto, una volta terminato il tempo a disposizione, a lasciare l’ospedale.Se ci si approcciasse in modo serio alla genitorialità, bisognerebbe riconoscere il ruolo fondamentale – di sostegno, di responsabilità – che la figura paterna ricopre, al pari di quello materno. Il papà ha il diritto (e il dovere) di ricoprire il proprio ruolo e la puerpera di avere accanto a sé, durante tutta la degenza, una figura di supporto, che possa offrire accoglienza, calore, ausilio, lucidità.
Viviamo in società che sembra non capire quanto duro è il percorso che conduce a diventare genitori, una società che finge di non sapere che un nuovo nato arricchisce tutta la comunità e che pertanto la nuova famiglia va guidata e accompagnata in questa nuova esperienza fin dai primi passi. Urgono delle azioni concrete in materia di genitorialità e di natalità: non tutti gli ospedali della nostra Regione, per esempio, garantiscono alla donna la possibilità della partoanalgesia, del parto in acqua o della pratica del “pelle a pelle”; ignorata è la necessità di formazione e informazione finalizzata al corretto avvio dell’allattamento al seno. Non sono concessioni da fare alla donna, sono diritti civili e morali spettanti alla mamma, al papà, alle famiglie e all’intera comunità, poiché la solitudine è una colpa di tutti, così come la piccola creatura morta tra le braccia della sua stanca mamma.