Giorno del Ricordo, intervento Campanaro (Prefetto di Potenza). Di seguito la nota integrale.
Con commossa partecipazione desidero condividere il ricordo di una delle pagine più dolorose della nostra storia: la tragedia delle Foibe e dell’Esodo di migliaia di famiglie istriane, fiumane e dalmate.
Il Giorno del Ricordo è stato istituito nel 2004 dal nostro Parlamento per ricordare una pagina angosciosa che ha vissuto l’Italia nel Novecento. Una tragedia provocata da una pianificata volontà di epurazione, su base etnica e nazionalistica.
L’evocazione delle sofferenze e del dolore di quanti si videro costretti ad allontanarsi per sempre dalle loro case in Istria, nel Quarnaro e nella Dalmazia, ci unisce oggi nel rispetto e nella meditazione.
Nel ricordare le parole del compianto Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in occasione delle celebrazioni di questa giornata nella ricorrenza del 2006, egli ebbe ad affermare: «E’ giusto che agli anni del silenzio faccia seguito la solenne affermazione del ricordo. Il riconoscimento del supplizio patito è un atto di giustizia nei confronti di ognuna di quelle vittime, restituisce le loro esistenze alla realtà presente perché le custodisca nella pienezza del loro valore, come individui e come cittadini italiani».
Alla durissima occupazione nazi-fascista di quelle terre di confine, nelle quali un tempo convivevano popoli, culture, religioni diverse, seguì la violenza del comunismo titoista, che scatenò su italiani inermi la rappresaglia per un tempo molto lungo, dal 1943 al 1945.
Migliaia di italiani, per fuggire dalle persecuzioni e dalla privazione della libertà, intrapresero una vera e propria odissea, costretti a un lacerante esodo verso luoghi dove furono trattati con sospetto e diffidenza. Per molti di loro questa diaspora ha significato non solo povertà e privazioni, ma soprattutto una tragica perdita d’identità.
«Alle difficoltà materiali – ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – si univano, spesso, quelle morali: certa propaganda legata al comunismo internazionale dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l’avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani”.
Fulvio Tomizza – istriano, figlio di una slava e di un italiano, “scrittore di frontiera”, come lui stesso amava autodefinirsi e vincitore di celebri premi letterari – soffrendo della lacerazione dell’esodo, ha reso integralmente il senso di quel composito paesaggio, importando nella sua lingua e nelle sue opere l’intima esperienza del mondo slavo, facendosi testimone di una duplicità di inappartenenze priva di soluzioni: «Un instabile e sofferto coesistere di due modi di essere e di sentire contrapposti – scrive Tomizza – due appartenenze che non riuscivano a conciliarsi e s’incolpavano a vicenda.» (“Il sogno dalmata”, 1997 – pubblicato postumo nel 2001).
La civiltà europea, nata sulle ceneri del Secondo conflitto mondiale, alla quale noi italiani abbiamo dato uno straordinario contributo intellettuale e spirituale, è fatta di umanità e solidarietà, fede nella ragione e nel diritto. Le prevaricazioni di qualsivoglia totalitarismo non sono riuscite a distruggere questi principi, sempre risorti sulle devastazioni della guerra, che hanno cementato la volontà degli europei di perseguire, uniti, obiettivi di pace e di progresso.
L’Unione Europea è nata per contrapporre ai totalitarismi e ai nazionalismi del Novecento una prospettiva di pace, di crescita comune, nella democrazia e nella libertà.
Il nostro europeismo non nega, anzi rafforza l’amore per la Patria, radicato negli ideali prima del Risorgimento e, successivamente, della resistenza. Quegli ideali ci hanno trasmesso, insieme alla ritrovata coscienza dell’unità nazionale, il sentimento profondo di fraternità fra tutte le nazioni, libere e indipendenti.
In questa Europa di fratellanza e di pace, le minoranze non sono più vittime di divisioni e di esclusione, ma sono fonte e simbolo di rispetto e di arricchimento reciproco, di dialogo e di costruttiva collaborazione.
Con questi pensieri nell’animo, concludo con l’invito, in questo Giorno del Ricordo, a superare tutte le barriere di odio, diversità e discriminazione, nel rispetto assoluto e incondizionato della dignità umana, per non dimenticare mai le sofferenze inflitte negli anni brutali della guerra.