Consigliere comunale Pasquale Doria (Matera Civica): “Trasformismo, male antico al Comune di Matera”. Di seguito la nota integrale.
La vicenda del rimpasto in corso al Comune di Matera sembra incanalarsi sui binari di quel malcostume molto italico denominato “trasformismo”. Pratica solitamente ridotta alla totale assenza di profilo etico di chi lo propugna, spesso per ragioni inconfessabili. Tradendo il mandato elettorale, questa pessima costumanza incarna la rappresentazione evidente della crisi di una proposta politica inadeguata. Si estende dal sistema parlamentare fino al più sperduto Consiglio comunale e da tempo, ormai, prolifera come un cancro.
Per rimanere a Matera, in pochi mesi, a livello municipale abbiamo assistito a quella che si configura come una vera e propria trasformazione radicale delle politiche di chi avrebbe voluto nelle sue intenzioni delle origini concorrere a cambiare le regole alla vecchia politica. Ma questa maggioranza, a trazione 5 Stelle, si è mostrata incapace sin dall’insediamento a colmare il suo più grave deficit, ovvero la forza di elaborare un pensiero autonomo e forte in grado di coniugare capacità riformatrice nel governo e un’azione in grado d’individuare e sanare le gravi sperequazioni e le rendite di posizione che indeboliscono la comunità materana. Niente, queste forze politiche – per chissà quali patti leonini – si sono limitate a scimmiottare in maniera maldestra le esperienze precedenti, ma anche ad assimilare passivamente quei modelli e vizi che, a parole, hanno annunciato nelle piazze di voler combattere. Il tutto declinato attrav erso l’affermazione di regressioni come continuismo e semplificazione, che rappresentano la negazione di quanto prevedeva il programma elettorale sottoposto al vaglio dei cittadini. Insomma, contrariamente alle promesse della vigilia, l’eletto continua a non rispondere più al cittadino, ma a chi ha deciso che fosse in lista.
Ecco il triste risultato di due anni e mezzo trascorsi all’insegna della massima contraddizione tra premesse teoriche e pratiche antitetiche a una pletora di annunci non di rado senza seguito, inconcludenti. Ogni azione si è spesso ridotta a un patetico teatrino, dove si confrontano attori in carriera, pochissimi, e altri a fine carriera che oramai non hanno più nulla da dire e da fare se non quello di cercare di sopravvivere alla propria incapacità di governare la complessità. Un decadimento che si palesa plasticamente quando tutto precipita nell’ossessione dei social, il virtuale quale surrogato di una realtà altra. Protagonista uno sparuto grumo di amministratori, scollato dalla comunità che non è stato capace di cogliere l’occasione principe, che poi non è altro che l’impegno politico per la costruzione di una cittadinanza attiva, una cittadinanza che non subisca passivamente come semplice comparsa le scelte. Decisioni prese a tavolino, alla stregua delle vecchie consorterie mai andate in pensione, le stesse che hanno condotto a un profondo stato di crisi la nostra frastornata comunità.
Per opporre un’alternativa a queste torsioni negative è basilare rilanciare il percorso virtuoso tra cittadini e istituzioni, nonché ricostruire il tessuto connettivo tra politica e società, recuperando un rapporto di tipo orizzontale e non verticale tra governati e governanti, malvezzo che ancora una volta sta invece caratterizzando uguale a se stesso il nostro scenario pubblico. Per effettuare questo salto di qualità, è più che evidente, la soluzione non può esaurirsi in un rimpasto a livello di Giunta, non basterà certo a ripristinare il diritto alla politica dei cittadini.
Il trasformismo rappresenta da sempre una scorciatoia dal fiato corto e, nel caso specifico, antitetica finanche al nuovo corso di chi a livello nazionale intende rappresentare il campo progressista. Di contro, a livello locale, si palesa ogni giorno di più una compagine sfilacciata che pur di rimanere a galla, almeno fino alle elezioni regionali, è pronta a intrecciare cinicamente il presente con esponenti di partiti lontani dal proprio orizzonte politico nazionale. Paradossi e devianze locali espressioni di un tirare a campare che poco o nulla ha da spartire con il buon governo della città.