Nella giornata di oggi a Cervia, nel corso del XII congresso nazionale della Fp Cgil, è stata rieletta alla guida della funzione pubblica Serena Sorrentino. Presente una delegazione lucana delle Fp Cgil di Potenza e Matera. A intervenire nel corso del congresso è stata la segreteria generale della Fp Cgil di Potenza Giuliana Pia Scarano che, tra gli innumerevoli spunti contenuti nella relazione di Sorrentino, si è soffermata sugli effetti che l’autonomia differenziata riverserà sulla sanità, in particolare nelle regioni del sud.
“Dopo i primi interventi identitari, il governo Meloni – ha affermato Scarano – sceglie di esercitarsi sull’autonomia differenziata. Un intervento particolarmente esiziale perché riguarda il ruolo e il funzionamento dello Stato, i principi delle politiche pubbliche e gli stessi diritti di cittadinanza. L’impatto in sanità sarà devastante nelle regioni del sud e i Lep, alla luce di quanto già sta accadendo con i Lea, non saranno in grado di garantire un universalismo sostanziale del diritto alla cura. Non potremo che assistere ad un’inaccettabile ulteriore crescita di disuguaglianze e negazione del diritto alla salute”. Per Scarano “il trasferimento alle Regioni delle competenze in materia di legislazione concorrente, che si innesta sulla già irrazionale distribuzione operata dalla riforma del titolo V tra i diversi livelli di governo, è subordinata alla definizione dei Lep, e dei relativi costi e fabbisogni standard demandata ad un Dpcm, esentando il Parlamento. I Lep – ha precisato Scarano – assurgono alla soglia costituzionalmente necessaria per rendere effettivi diritti sociali e civili tutelati dalla Costituzione, ma con quali risorse, visto che il trasferimento delle funzioni è subordinato all’entrata in vigore di provvedimenti legislativi di stanziamento finanziario? E da dove si prenderanno queste risorse considerato che il disegno di legge Calderoli prevede invarianza di spesa a carico della finanza pubblica? Sui Livelli Essenziali delle Prestazioni si consumerà una vera e propria aporia e la sanità ne è già un esempio.
I Lea introdotti in sanità nel ’92 – ha ricordato la segretaria generale – di fatto non hanno impedito la crescita delle disuguaglianze e men che meno hanno inciso sul fenomeno della mobilità regionale, non riuscendo a garantire l’universalismo delle prestazioni nella maggior parte dei settori interessati. Già oggi, infatti, osserviamo un enorme variazione territoriale nei livelli di spesa, con il Mezzogiorno che, come emerge dai dati Svimez, ha un valore di spesa media pro capite inferiore di circa 2.700 euro. La famosa differenza tra cittadini di serie A e B non è uno scenario futuro ma una iniqua realtà del presente. D’altronde proprio nei giorni scorsi il ministero della Salute ha presentato il report 2020 con il monitoraggio dei Lea aggregati in tre grandi ambiti: prevenzione, assistenza territoriale e assistenza ospedaliera. La Basilicata presenta un punteggio inferiore alla soglia in due delle tre macro aree, ovvero prevenzione e assistenza ospedaliera, laddove gli indicatori relativi allo screening e alla non autosufficienza posizionano in basso la nostra regione. Se a questo sommiamo il saldo negativo della mobilità sanitaria in aumento esponenziale negli ultimi due anni (oggi giunta a 51 milioni di euro) è ben chiaro lo scenario che si apre davanti a noi. Non è un caso – ha evidenziato Scarano – che le Regioni che promuovono la loro autonomia sono quelle che hanno una migliore performance sui Lea, in aggiunta ad una forte capacità attrattiva rispetto alla mobilità sanitaria. Ciò vuol dire che, nonostante la definizione dei Lea e il loro monitoraggio promettano l’equità di accesso ai servizi, nei fatti questo non avviene. Il tutto, tra l’altro, nel quadro evidenziato dalla Corte dei Conti nella relazione alla legge di bilancio: nonostante l’aumento di due miliardi sui fondi di finanziamento della spesa sanitaria, si conferma una riduzione per il prossimo biennio del profilo della spesa e il suo rapporto con il Pil si porta a livelli inferiori a quelli precedenti la crisi sanitaria.
Abbiamo già toccato con mano gli effetti della configurazione di eterogenei sistemi sanitari regionali. Penso alle differenze rispetto, ad esempio, alle retribuzioni del personale: il diversificato pagamento delle prestazioni aggiuntive sta mettendo già in atto una sorta di dumping contrattuale, come la stessa indennità di pronto soccorso, per la quale la legge 234/2001 aveva stanziato 63 miliardi in modo indistinto ripartito in ragione del monte salari delle singole regioni, scelta che ha finito per premiare le regioni più ricche. Se accade che alle condizioni attuali si ricevano importi molto diversi, il rischio delle gabbie salariali e la messa in discussione del contratto collettivo nazionale di lavoro c’è tutto. Proprio in sanità si è già consumato il più grande e clamoroso fallimento rispetto all’obiettivo di assicurare a tutti i cittadini quell’universalità del diritto alla cura sancito e garantito dalla nostra Costituzione e dalla 833 intorno ad un sistema sanitario universale, equo e pubblico. L’autonomia – ha concluso Scarano – rischia di assecondare la deriva verso un sistema sempre più privatistico e di dare il colpo fatale alla sanità del Sud”.