Se durante la stagione estiva si riscopre il piacere di frutta e verdura, tanto che tra giugno, luglio e agosto meloni, angurie, pesche, albicocche nonché lattuga, insalata riccia, rucola e pomodori rappresentano ben il 65 per cento della spesa ortofrutticola degli italiani, “Scipione” quest’anno ha anticipato la corsa agli acquisti dal fruttivendolo, portando a un aumento medio della domanda del 5 per cento, con picchi del 20 per cento nei due capoluoghi. E’ quanto evidenzia in una nota la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori consigliando ai consumatori di fare molta attenzione ai prodotti di provenienza extracomunitaria o comunque non certa che sono quelli a maggiore presenza di pesticidi specie per la frutta. Per assicurarsi prodotti privi di pesticidi – sottolinea Donato Distefano, presidente della Cia lucana – non è sempre necessario spendere una fortuna. Anche chi dispone di un piccolo giardino o di un terreno di superficie limitata può provare a coltivare da sé una parte dei propri ortaggi. Per questa ragione – evidenzia – abbiamo lanciato l’allarme sulla sensibile riduzione in Basilicata degli orti familiari non certamente risparmiati dalla crisi e dal peso delle spese, ultima l’Imu da pagare anche sui depositi rurali. Una coltivazione in gran parte per il consumo familiare e al tempo stesso una valvola di sfogo alla caduta dei consumi. Se è vero che il biologico da supermercato continua a risultare piuttosto costoso, è altrettanto vero che per assicurarsi l’acquisto di frutta e di ortaggi certificati “bio” o in ogni caso coltivati senza l’ausilio di sostanze chimiche potenzialmente dannose per la salute, è possibile reperire prodotti genuini e ad un costo decisamente più basso rispetto ai punti vendita della grande distribuzione recandosi direttamente presso le aziende agricole di coltivatori fidati o presso i mercati contadini e a chilometri zero che diano spazio al biologico.
Prendendo come punto di riferimento la lista dei dodici prodotti maggiormente contaminati dai pesticidi, ormai comunemente definita come la “sporca dozzina”, si potrebbe iniziare a sostituire i prodotti in cima alla lista con analoghi di provenienza biologica e sicura, in modo da far quadrare il bilancio familiare e di ottenete maggiori garanzie per una buona salute e per una alimentazione migliore. I test finali sono stati effettuati da parte degli esperti sui prodotti lavati e sbucciati. E’ infatti nella buccia che si accumulano la maggior parte dei pesticidi, così come la più grande quantità di sostanze benefiche presenti in frutta e ortaggi, di cui consumare quindi anche la scorza esterna, quando è edibile, sempre in riferimento ai prodotti non trattati.
D’altra parte -ricorda la Cia- frutta e verdura che nelle aziende lucane sono coltivate senza pesticidi, secondo il disciplinare tradizionale, non solo dissetano e rinfrescano, contenendo una notevole quantità d’acqua, ma reintegrano i sali minerali persi con l’eccessiva sudorazione e riforniscono di vitamine e di sostanze antiossidanti, nutrendo l’organismo e proteggendolo allo stesso tempo dai danni correlati all’esposizione al sole.
Infine – avverte Distefano – attenzione ai falsi prodotti “paesani”. Una “rapina” da 7 milioni di euro l’ora e da 60 miliardi di euro l’anno. A tanto ammonta il business dell’agropirateria, della contraffazione, della frode nei confronti dell’agroalimentare “made in Italy”, il più clonato nel mondo. Dai prosciutti all’olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli: è un continuo di “falsi” e di “tarocchi” che stanno provocando danni rilevanti non solo alle nostre Dop e Igp, che rappresentano la punta di diamante delle nostre esportazioni nel mondo, ma all’intero sistema agroalimentare. Si tratta di un vero e proprio “scippo” ai danni del settore, un assalto indiscriminato e senza tregua, dove la criminalità organizzata fa veri affari. I consumatori vengono truffati, gli agricoltori e gli industriali dell’agroalimentare derubati. Per essere chiari: le fragole, le albicocche, le noci-pesche migliori si producono solo nel Metapontino e non in Marocco.