Espedito Moliterni, iscritto al PD Matera ed ex segretario cittadino del PD e dei DS: “Il nuovo corso del PD e il tesseramento”. Di seguito la nota integrale.
Uno degli aspetti più interessanti, emerso dal voto di domenica 26 febbraio che ha sancito la vittoria di Elly Schlein alle primarie aperte a tutti gli elettori, è indubbiamente il sovvertimento del risultato del voto riservato ai soli iscritti che, come è noto, assegnò la vittoria a Stefano Bonaccini, peraltro con un margine piuttosto netto.
E’ un dato interessante che merita di essere approfondito in quanto è risultato evidente ed inconfutabile che esiste una frattura fra la platea elettorale del PD e i suoi tesserati. Vale solo per queste primarie o è un dato sul quale deve aprirsi una riflessione, necessaria in quanto attiene le dinamiche della stessa democrazia interna del partito, le sue scelte politiche e il modo di individuare i suoi rappresentanti ai vari livelli istituzionali?
Non sfugge che l’aver impostato, in tutti i contesti territoriali nazionali, il sistema di relazioni sulla scorta dei rapporti di forza determinati dal tesseramento, spesso non libero e consapevole, ma condizionato da capi, capetti e potentati locali, a loro volta in rappresentanza di mozioni, sub mozioni, sensibilità di ogni genere e tipo, spesso in difesa di posizionamenti personali, abbia determinato discussioni, scelte e prese di posizione di respiro corto, condizionate da dibattiti che sono rimasti confinati in ambiti ristretti e definiti da “ monadi” tra di loro incomunicabili.
Tanto premesso, sono molti anni che all’esterno è percepita questa “chiusura” del partito e la sua difficoltà nel relazionarsi alla società e soprattutto nell’ascoltarla; la naturale conseguenza è lo scollamento progressivo della classe dirigente del partito dai suoi naturali elettori e dai territori ( colpa anche di leggi elettorali infami che consentono candidature avulse dal territorio) ed il loro progressivo allontanamento dalla vita del partito e dalle sue dinamiche.
Il tesseramento, così come finora concepito e proposto, utilizzato da capi e capetti come strumento per poter contare di più nel partito e per poter garantire le solite rendite di posizione, ha di fatto favorito, ai vari livelli, una gestione del partito, nella forma e nel metodo, che ha finito con il rendere impossibile la partecipazione e la condivisione delle scelte da parte dei simpatizzanti ed elettori: in molti casi la vita democratica all’interno del partito è stata regolata e scandita da maggioranze e minoranze precostituite, intorno a singole personalità, senza nessuna possibilità di contaminazione, impedendo, di fatto, che le scelte fossero determinate da maggioranze variabili, non precostituite, plasmate di volta in volta in seguito alla discussione libera su singoli temi e sulle conseguenti scelte ed azioni da intraprendere; insomma, è venuto meno il principio della vita democratica e soprattutto della libera partecipazione.
Le conseguenze? All’esterno il partito ha finito con l’essere percepito diviso in gruppi, correnti, sensibilità, fazioni contribuendo a provocare nell’elettore disimpegno e quel diffuso senso dell’antipolitica che sempre più si sta diffondendo non solo in quelle fasce di popolazione tradizionalmente lontane da un impegno politico,ma anche in quelle che si sono dimostrate sempre attente, come quelle dell’area PD.
Ed allora cosa fare?
Al netto dell’attività politica, sia locale che nazionale, che il Partito Democratico è chiamato ad attuare in modo più incisivo e puntuale rispetto agli ultimi anni, è evidente che occorre intervenire sulle modalità del tesseramento, trasformando le relative campagne in una grande festa di democrazia e partecipazione, cessando di ridurle ad un banale reclutamento di amici e parenti; occorre consentire che il tesseramento sia libero e consapevole e che ognuno utilizzi la sua tessera nel rispetto delle sue idee ed opinioni.
Ma se l’adesione libera e consapevole deve essere un valore aggiunto per il partito e soprattutto se deve rappresentare un elemento decisivo per la sua stessa vita democratica, garantendo a tutti la possibilità di essere protagonisti nelle scelte, occorre cambiare il contesto nel quale i nuovi tesserati devono agire.
Un intervento potrebbe consistere nel semplificare i criteri di scelta per individuare la composizione degli organismi di rappresentanza (direttivi, segreteria); a tal fine, dare un eguale rappresentanza a ciascuna componente, a prescindere dal numero di tessere di cui si dispone, potrebbe essere un buon inizio. Occorre, dunque, uno sforzo di semplificazione del quadro politico e l’attuale fase storica del partito la potrebbe favorire. Spesso le componenti si moltiplicano non per le diverse sensibilità politiche, ma per garantire più visibilità a chi le promuove.
Affidare a primarie di partito e/o di coalizione la scelta dei candidati per coprire ruoli istituzionali, sia a livello locale che nazionale, potrebbe essere una consuetudine che favorirebbe la più ampia partecipazione possibile,sottraendo a tavoli ristretti decisioni così importanti.
Trasformare il tesseramento in un’occasione di partecipazione alla vita del partito, sottraendolo al suo attuale utilizzo per regolare i rapporti di forza fra le varie componenti, è il dovere di un partito inclusivo, che trae la sua forza dalla partecipazione popolare libera e consapevole, mai condizionata; coesione, partecipazione e spirito di servizio sono i principi ineludibili ai quali deve ispirarsi il Partito Democratico.
Ma per poter raggiungere questi risultati, occorre che emerga con forza la necessità di aprire una discussione ampia e sincera sul sistema di relazioni all’interno del partito e spostare tutta l’attenzione e l’attività politica sui tanti problemi che attanagliano la nostra comunità, abbandonando definitivamente la politica dei posizionamenti per approdare finalmente alla gestione unitaria del Partito. Occorrono coraggio e determinazione.
Spalanchiamo le porte alla partecipazione libera e cosapevole.