Nei giorni scorsi, durante la presentazione della visita del Capo dello Stato, il Rettore dell’ Unibas ha dichiarato che è in atto una “riflessione sulla situazione dell’Ateneo che deve restare un presidio di sviluppo della Basilicata” che ha perso negli ultimi anni molti iscritti, gli attuali sono circa 6500.
Secondo una recente ricerca nazionale di “Talens Venture” entro il 2040 la Basilicata perderà per la deriva demografica il 33% della popolazione relativa ai 18-21 anni.
Occorre ricordare che buona parte degli studenti sono fuori corso. L’organico dei professori, ricercatori, amministrativi si attesta supera si avvicina alle 800 unità.
Il patrimonio immobiliare è vasto, circa 22 fra immobili e terreni.
Tanti siti sono inutilizzati: persino un rudere, a fianco dell’inutilizzato plesso nell’area di Rossellino, prima ingegneria poi Centro di alta formazione, è divorato dall’edera e dal tempo.
Anche le prime serre istallate a Francioso, che dovevano essere sostituite da un centro servizi regolarmente finanziato, è preda della ruggine e ricovero di qualche gatto senza padrone.
Lo stesso finanziamento di una struttura per accoglienza studenti in via Cavour non è stato utilizzato.
La spesa annuale, integrata da cospicui fondi regionali e passata dai 56 milioni del del 2019 agli attuali 81.
Non tutti i posti del corso di laurea in medicina sono stati coperti e già si vedono richieste di passaggio ad altre Università.
Crescono le Università limitrofe, a partire da Salerno che fu decentrata a Fisciano con la stessa legge, la 219 del 1981, che istituti l’Ateneo Lucano, su forte richiesta di Cgil, Cisl e Uil che chiese l’inserimento della norma nel Decreto legge poi convertito dalle Camere.
La situazione demografica ovviamente incide come la mancanza di una propulsiva politica di offerta formativa,anche per e post laura, per richiamare anche utenza dalle Regioni limitrofe e dal bacino del mediterraneo, come fanno gli altri Atenei con appositi accordi.
Nessuna iniziativa per programmare interventi di formazione anche continua per il comparto dei pubblici dipendenti e l’alfabetizzazione dei 70.000 giovani e adulti che dichiarano di essere disoccupati iscritti ai Centri per l’impiego in possesso di licenza elementare o media,molti con qualifiche generiche.
Si tratta di una vasta platea che andrebbe coinvolta in uno strategico intervento culturale e formativo.
Completamente ignorata è l’offerta formativa per i giovani lucani all’estero compresa quella a distanza per la lingua italiana.
Si tratta di un vero letargo del gruppo dirigente dell’Ateneo che non ama agire ed osare sui terreni della innovazione.
Eppure il terreno è largo: abbiamo settori e attività produttive in via di ristrutturazione. L’agroalimentare è in forte sviluppo, lo stesso vale per l’attività di ristrutturazione del manifatturiero, automotive in testa.
Il comparto energetico offre interessanti occasioni di ricerca e studio così come la tutela ambientale. Non si comprende per quale ragione la Facoltà di Agraria non predisponga i piani annuali di forestazione e di manutenzione interrompendo la pratica dannosa degli interventi fotocopia degli ultimi dieci anni.
Nel 1998 la Regione, Giunta Di Nardo, chiese all’Eni di allocare in Basilicata una sezione della Fondazione Mattei per formare alcune migliaia di studenti di Paesi esteri reclutati dalla multinazionale.La struttura di Viggiano frequenta l’oblio in Val d’Agri senza alcuna attuazione di quanto concordato a suo tempo.
Gli stessi investimenti Eni, in particolare nel strategico settore dei polimeri e derivanti,vengono effettuati in Lombardia, Emilia Romagna ed in altri siti.
Da noi si ragiona delle royalties e sui bonus.
A quarantadue anni dalla conquista della legge 219 con la dura vertenza e la manifestazione di Roma,e la trattativa di marzo a Palazzo Chigi per ottenere l’istituzione dell’Ateneo, occorre non solo riflettere ma agire,con progetti e programmi, per salvare la struttura ed il resto.