Il default del sistema sanitario regionale, se attestato dalle verifiche sui conti pubblici della sanità in corso in questi giorni, materializza a livello contabile quanto denunciato in questi mesi.
Un quadro preoccupante emerso già dalla bocciatura nel monitoraggio sui Lea del ministero della Salute in due delle tre macroaree, ovvero prevenzione e assistenza ospedaliera, e che fa il paio con una mobilità passiva aumentata esponenzialmente negli ultimi due anni, raggiungendo una somma da brividi, 64 milioni di euro nel 2022. La Basilicata, da unica regione del sud a non essere mai stata commissariata, sta vivendo una delle stagioni più buie della sua storia.
I dati emersi dall’indagine Gimbe sulla migrazione sanitaria confermano le numerose lacune del sistema sanitario regionale più volte denunciate dalla Funzione pubblica della Cgil di Potenza.
In Basilicata, come nel resto delle regioni del Sud Italia, il dato si attesta all’83,4% con un saldo negativo, tra debiti e crediti, di 62,4 milioni di euro, giudicato moderabile dalla Fondazione e un saldo pro-capite negativo di 115 euro, che fa della Basilicata fanalino di coda. Un trend certamente in aumento e probabilmente anche sottostimato se consideriamo la scarsa mobilità sul territorio nazionale nei due anni della pandemia.
Se nel 2019 il 6,3% della popolazione rinunciava alle cure, nel 2021 il dato è quasi raddoppiato. Oltre una persona su 10 (11%) con necessità di visite specialistiche o esami diagnostici (escluse cure odontoiatriche) ha rinunciato per problemi economici o per difficoltà di accesso al servizio. Il dato della rinuncia alle cure è preoccupante perché, come spiega Istat, sottintende un rinvio nelle prestazioni, che potrebbe da un lato comportare un futuro aumento delle richieste, con un impatto sulle liste di attesa, dall’altro causare incrementi in termini di mortalità evitabile per la mancata tempestività delle cure e di una diagnosi precoce. Le percentuali di riduzione delle prestazioni sono oltremodo preoccupanti: le prestazioni di specialistica ambulatoriale tra il 2018 e il 2021 si sono ridotte del -26,87%, la riduzione delle prime visite è stata del -12,90. Se passiamo agli screening oncologici la situazione è disastrosa: -74,7 le prestazioni di screening cervicale, -45,7 quelle di screening mammografico, -76% di quelle di screening colon rettale. Possiamo certificare sia in corso una vera e propria emergenza oncologica silente che rischia di avere nel prossimo futuro impatti devastanti sulla salute pubblica, con la preoccupante ipotesi di un incremento futuro di nuove diagnosi che, se effettuate allo stadio avanzato, verosimilmente si porteranno dietro trattamenti meno efficaci perché non eseguiti tempestivamente. Anche la stessa rete oncologica mai partita nei fatti, con le Ror non formalizzate in un atto regionale, vede la Basilicata fanalino di coda. La partita dell’attuazione della missione 6 del Pnrr è in una fase neppure embrionale, con ritardi anch’essi alla luce del sole e rischio di perdere risorse e lasciarsi sfuggire questa imperdibile opportunità.
Non meno prioritario l’aspetto della grave carenza di personale sia medico che del comparto, con conseguente riduzione e addirittura chiusura di alcuni servizi e aumento delle liste di attesa, con i lucani costretti a rivolgersi fuori regione, considerate anche le gravi criticità del privato accreditato che a gennaio ha tenuto attive solamente le attività completamente a pagamento, e ricadute inevitabili sulla mobilità passiva. Il personale in servizio, dal canto suo, è sottoposto a turni massacranti e stress psicofisico, mentre i concorsi unici regionali stentano a procedere con celerità e le stabilizzazioni del personale sono completamente al palo.
L’esplosione della spesa farmaceutica, conseguente sicuramente all’approvvigionamento di farmaci più costosi e innovativi, ma anche ad una scarsa aderenza delle prescrizioni effettuate ai lucani quando si recano fuori regione per curarsi, ma anche l’incremento delle spese energetiche, solo in parte coperte dal finanziamento del governo nazionale, che attribuisce alla Basilicata 14.784.223 € per i maggiori costi delle fonti energetiche e per il perdurare degli effetti della pandemia, fanno il resto. Anche se con alchimie contabili saranno coperte nelle prossime ore le diseconomie del sistema e la sanità lucana eviterà il commissariamento, ciò non toglie che gli effetti di questa gestione miope, priva di visione e progettualità, si sono già concretizzati.
La sanità lucana è allo sfascio, nell’indeterminatezza dei livelli di direzione strategica rimasti ancora indefiniti, con ben 2 delle 4 aziende del servizio sanitario regionale prive di direttori generali e direzioni strategiche nella pienezza delle loro funzioni, cui si unisce la scarsità di direttori di dipartimento e delle stesse posizioni organizzative, in un immobilismo assoluto nel quale a pagare la conseguenze sono i cittadini lucani e il loro diritto alla salute.
Non possiamo più aspettare i tempi di chi, utilizzando la sanità come campo di posizionamento politico, sta portando il sistema ad implodere.