Ferrone (Consigliere Provincia Potenza): “La sanità è negata ai cittadini, malati cronici, persone anziane e ceti sociali più deboli e fragili che risiedono nelle aree più interne”. Di seguito la nota integrale.
“Non so se, come scrivono i giornali, ci sarà finalmente al più presto la verità sui conti in rosso della sanità lucana. Piuttosto quello che mi preoccupa è l’aumento, negli ultimi tre anni, dei lucani che rinunciano, o meglio sono costretti a rinunciare a curarsi. Un aumento ancora più consistente per i cittadini, i malati cronici, le persone anziane e i ceti sociali più deboli e fragili che risiedono nelle aree più interne”. A sostenerlo è il consigliere della Provincia di Potenza Carmine Ferrone (Art 1 – Pd) sottolineando che “nelle contrade, nelle aree rurali, nei paesi delle zone interne i servizi sanitari e socio-assistenziali sono ancora più ridotti e quasi esclusivamente nelle mani dei pochi medici di famiglia ancora presenti. E’ inutile parlare di Guardia Medica e di ambulatori dell’Azienda Sanitaria Locale. Sono questi gli aspetti che – aggiunge – dovrebbero convincere il Presidente Bardi, l’assessore alla Salute Fanelli, i manager regionali, di Asp, Asm, San Carlo ad un’autentica operazione verità senza nascondere le cifre del disastro della sanità lucana per individuare gli sprechi compiuti e quindi come correre ai ripari. La sanità di prossimità e quindi territoriale – dice Ferrone – non farà passi avanti se resta un buon proposito da ripetere in conferenze e comunicati stampa e soprattutto se non si ascoltano i sindaci che sono i primi “referenti” della sanità nei rispettivi comuni. In questo scenario, la necessità di trasparenza è ancora più necessaria per scongiurare la perdita di oltre 40 milioni di euro di cui la Regione Basilicata è destinataria per i prossimi tre anni (2023-2025) previsti dall’investimento M6-C1-1.2.1 “Casa come primo luogo di cura ADI” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza purché raggiunga il livello di copertura del 10 per cento degli over 65 così come previsto dalla direttiva europea. Parliamo di servizi di assistenza domiciliare integrata particolarmente attesi e negati ai cittadini delle aree più interne”.