Mercoledì 12 Aprile 2023 al Cinema Guerrieri di Matera è in programma la proiezione del film “Holy Spider” di Ali Abbasi (Danimarca/Germania/Francia/ Svezia/Giordania/Italia, 2022) per “Il Cineclub”.
Orari: 17:30 – 19:35 – 21:40
Posto unico: 5 euro.
Nel 2001 in Iran, nel distretto di Mashhad, città simbolo dello sciismo, un serial killer soprannominato “il Ragno” uccide prostitute privilegiando lo strangolamento con il loro stesso velo. La furia assassina è anche religiosa, perché quelle donne sono peccaminose. La polizia latita, tanto a morir son le mignotte, ma una giornalista arrivata dalla capitale, con l’aiuto di un reporter locale, intuisce la pista giusta.
Diciamolo: Holy Spider è un film da non perdere. Esce nelle sale mentre in Iran è in atto una “rivoluzione minore” (perché dal basso, non per portata simbolica) scatenata da ragazzi e ragazze, studenti e studentesse, dopo il brutale pestaggio e la successiva morte di Mahsa Amini, una donna accusata dalla polizia morale di non indossare correttamente l’hijab. Ali Abbasi, regista e sceneggiatore (con Afshin Kamran Bahrami), vive da 20 anni a Copenaghen, è riuscito a produrre il film grazie a capitali europei, l’ha girato in Giordania perché nel suo paese d’origine avrebbe rischiato troppo, ma Holy Spider fa comunque parte della tradizione cinematografica iraniana, tra le migliori del mondo per qualità e quantità (i programmatori dei festival hanno ogni anno a che fare con centinaia di lunghi e corti provenienti da Teheran). Persino nel genere ci sono cose sorprendenti, e cito Just 6.5 di Saeed Roustaee, blockbuster in patria, uno dei migliori polizieschi degli ultimi anni, inedito in Italia ma non in Francia dove con il titolo La loi de Téhéran ha avuto successo e ha vinto il Reims Polar nel 2021. Anche Holy Spider “usa” il genere, la detection è quella tradizionale dei gialli, i codici del thriller sono rispettati quasi alla lettera, l’isolamento della giornalista che va a intaccare meccanismi di potere opachi e incrostati è riconoscibile, ci siamo passati attraverso mille letture e visioni. Eppure sembra tutto nuovo, tutto diverso, perché il contesto è speciale, stratificato, ogni avvenimento ha una ragione importante, scardina consolidamenti culturali, etnici, sociali, ovviamente religiosi, non immediati a uno sguardo occidentale. Entrano in gioco lo shahidismo, la vocazione al martirio inculcata ai giovani soldati sbattuti al fronte nella lunga guerra con l’Iraq (l’assassino è un reduce di quel conflitto), e la convinzione “morale” che uccidere una peccatrice o una infedele (sempre declinata al femminile) in fondo non sia peccato. Tanto che il Ragno comincia ad avere i suoi fan (la storia è ispirata al vero: così accadde, «il popolo lo ama» si sente dire a un certo punto). Dal lato estetico e drammaturgico Abbasi non nasconde l’ammirazione per Bong Joon-ho e il suo capolavoro Memories of Murder, la messa in scena è rigorosa e con mille sfumature, ci sono almeno due sequenze stupefacenti: l’omicidio della prostituta che ride addosso al suo assassino e naturalmente il finale, con i due fratellini che mimano le imprese del padre, uno spettacolo di inaudita violenza e di dolore, una chiusa memorabile e angosciante. Grande film.