Basilio Gavazzeni: “Da Gerusalemme a Emmaus più inversione”. Di seguito la nota integrale.
Domenica prossima, terza di Pasqua, dall’ambone sarà proclamato il Vangelo secondo Luca che racconta l’apparizione del Risorto a due discepoli in ritirata da Gerusalemme a Èmmaus (Lc. 13-35). Fra gli altri Evangelisti solo Marco riserva all’accaduto un’allusione ( Mc 16,12-13), Luca, invece, ci elargisce una narrazione che è un fulgido gioiello della letteratura. L’editor più rigoroso non vi troverebbe una zeppa da depennare. Discepoli, non apostoli, Clèopa e il compagno senza nome sono diretti al villaggio di cui possiamo supporre siano originari. Più che la loro identità e gli undici chilometri del tragitto ci interessa il loro cammino interiore. In un’omelia di Pasqua, sant’Agostino, impareggiabile didatta, chiarisce: “ Il Maestro camminava con loro ed era lui stesso il cammino. Ma quelli non erano ancora sulla strada; Gesù li incontrò che erano usciti di strada”. In realtà i due sono allo sbando. Annaspano nel vuoto. L’annientamento in croce del loro eroe li ha sconvolti. Ne stanno discutendo con amarezza quando Gesù, materializzatosi, li affianca incognito. Che cosa impedisce ai loro occhi di riconoscerlo? Il forestiero sopraggiunto si introduce interrogativamente nella conversazione come ne fosse ignaro. Si arrestano stupiti: possibile sia all’oscuro di quello che è avvenuto a Gerusalemme? Gli riassumono il caso del Nazareno. Nel passato “ fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo”, ma l’altroieri, secondo legge, è stato condannato a morte e messo in croce. Loro avevano riposto ogni speranza in lui, aspettando la liberazione d’Israele – dall’oppressione dei Romani, bisogna intendere. Ma da tre giorni lo possiede un sepolcro. I due, forse, sanno che, secondo una tradizione rabbinica, l’anima di un defunto aleggia per tre giorni attorno al cadavere poi s’inabissa nel regno dei morti, lasciando il corpo nel puzzo della corruzione. È probabile che delusi ricordino una dichiarazione da lui rilasciata in giorni già rannuvolati e forieri di sconfitta: ”Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni” ( Mt 26,61; 27,40). Clèopa e il compagno non tacciono che “ alcune donne, delle nostre” li hanno sconcertati, riferendo che, andate di primo mattino al sepolcro, l’hanno trovato vuoto e che degli angeli hanno detto loro che lui è vivo. Voci di donne, testimonianze inaffidabili, secondo la cultura vigente. Aggiungono che “alcuni dei nostri”, recatisi al sepolcro, hanno trovato tutto come quelle affermavano, “ma lui non l’hanno visto”. È evidente che i due non hanno avuto modo di interloquire a faccia a faccia con Pietro e Giovanni. Affranti, non hanno preso in nessuna considerazione i primissimi dati fattuali della risurrezione. La fuga più che l’uscita da Gerusalemme è la prova della loro assoluta incredulità. Il viandante li rimprovera: “Stolti e tardi di cuore a credere” in quello che le Scritture hanno profetizzato su Cristo. Applicandovi una interpretazione che ne raccoglie con sicurezza il senso complessivo, contrappone al fraintendimento dei due la lettura obiettiva della vicenda di Cristo chiamato alla gloria attraverso la sofferenza. In prossimità di Èmmaus il viandante misterioso e sapiente fa mostra di dover andare più lontano. Clèopa e l’altro insistono che si fermi. Celebre l’implorazione : “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Luca prepara l’acme della narrazione. Il terzetto verosimilmente entra nella casa di uno dei due. A tavola l’ospite prende il pane, recita la benedizione, lo spezza e lo porge loro. Ricorderebbero la fractio panis dell’ultima cena di Gesù (Lc 22,19) anche senza formule sacramentali, se fossero stati fra i convitati. Ricordano la moltiplicazione dei pani (Lc 9,16) cui potrebbero aver partecipato? Il racconto di Luca riflette la predicazione della Chiesa primitiva sulla celebrazione eucaristica come luogo d’incontro e presenza del Signore? Lasciamo la questione agli specialisti. Davanti all’azione dell’ospite a Clèopa e al compagno si aprono gli occhi. È lui, lui, lui. Che è già scomparso. I due confessano che ne erano stati affascinati: “Non ardeva forse il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via , quando ci spiegava le Scritture?“. E i due fuggiaschi di Èmmaus senza indugio ritornano da pellegrini a Gerusalemme, a raccontare l’incontro meraviglioso a chi in giubilo già afferma: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”.