Da associazioni e sindacati l’appello a una giornata di mobilitazione generale contro una scelta politica pericolosa per il futuro del Mezzogiorno e dell’unità del Paese.
La Cgil di Matera ha sottoscritto il documento contro il ddl sull’autonomia differenziata presentato da associazioni e sindacati ieri nella sede del Circolo La Scaletta della Città dei Sassi. All’incontro è intervenuto il segretario generale Fernando Mega. Per sindacati e associazioni si tratta di un’ “ultima chiamata” alle istituzioni, contro un “silenzio – è scritto nel documento – inquietante e foriera di devastanti scenari se risulta vero che sono in atto le trattative tra il Governo e le tre Regioni che per prime hanno invocato il ddl e che riguardano soprattutto le deleghe.
La preoccupazione – prosegue il documento – si acuisce se alle tre Regioni se ne affiancassero altre come di fatto è già avvenuto. Nel novembre 2022 nell’incontro Governo- Regioni, nel quale si dovevano raccogliere le prime adesioni al documento predisposto dal ministro Calderoli, quasi tutte le Regioni del Sud espressero allora la loro contrarietà. Ciò ha prodotto una rielaborazione del disegno di legge. Su quest’ultimo, purtroppo, ed è storia recente, si è dovuta registrare l’adesione del nostro Governo regionale nonostante non siano stati assolutamente rimossi i rischi che corrono le regioni del sud, ma si ritiene anche tutte le Regioni italiane. I rischi economici, con i conseguenti effetti sullo sviluppo e l’occupazione, li pagherebbero sicuramente solo le regioni del Sud. Ma in quel ddl ci sono ben altri dispositivi che minano I’unità nazionale. Dall’ltalia dei Comuni e staterelli di storica memoria si passerebbe a una Italia delle Regioni, ognuna con un proprio modello autonomo di politiche su istruzione, sanità, giustizia, trasporti, politiche energetiche, politiche ambientali, urbanistica e quant’altro. Deleghe ottenibili a semplice richiesta di ogni Regione. Un meccanismo legislativo perverso, altro che storia e cultura nozionale condivisa e nelle quali riconoscersi. Oggi, con colpevole ritardo, ci sono segnali di attenzione più significativi ai problemi che può creare il ddl. Timidi segnali e incapaci di organizzarsi in una denuncia decisa e che coinvolga tutti,il popolo di questa regione ha dato dimostrazione di essere in grado di mobilitare le coscienze quando l’allarme è massimo e pericoloso per il destino del proprio territorio. Inutile ricordare le due grandi battaglie combattute e vinte sulla vicenda Liquichimica negli anni settanta e sulla minaccia della realizzazione del sito per lo stoccaggio delle scorie radioattive nel territorio di Scanzano Jonico nel 2003”.
Le associazioni e i sindacati ritengono pertanto che “sulla minaccia dell’autonomia differenziata occorra la stessa mobilitazione, non più regionale ma dell’intero Mezzogiorno. L’auspicio massimo è che anche le Regioni del centro e del nord Italia comprendano quali danni irreversibili può arrecare I’autonomia differenziata che per macchiavelliche manovre sarà difficile, anche quando saranno evidenti i danni che produrrà, rimuoverla come dispositivo legislativo in quanto non potrà essere invocato nemmeno l’istituto del referendum abrogativo”. L’appello è “alle coscienze libere della nazione, donne e uomini d’Italia, ai rappresentanti delle istituzioni repubblicane e delle comunità nazionali presenti in Parlamento, nelle Regioni e negli enti locali, alle espressioni del mondo delle imprese e del lavoro, perché aderiscano al presente documento, diventino apostoli della fondata denuncia e protagonisti di un movimento di aggregazione e di lotta talmente numeroso che porti all’organizzazione di una giornata di mobilitazione generale contro una scelta politica così perniciosa per il futuro del Mezzogiorno e della unità stessa dell’Italia”.
Sono dieci i punti riportati nel documento a sostegno alla lotta contro l’autonomia differenziata.
1) Negli anni le Regioni del Mezzogiorno sono state penalizzate da un sistema che ha finito per portare una quota maggiore di risorse al Nord, complice una classe politica più o meno indifferente che lo ha permesso. Uno “scippo ” realizzato attraverso i trasferimenti basati essenzialmente sulla spesa storica che ha cristallizzato le differenze tra le due Italie e ridotto lo spazio della perequazione.
2) A una popolazione del Sud, pari al 34,3%, gli investimenti ordinari delle amministrazioni
pubbliche sono stati pari al 28% o mentre al 65 7% di popolazione del Nord è andato il 71.7%
di investimenti. Questa differenza di circa il 6% corrisponde a una perdita per il Mezzogiorno di 61 miliardi di euro l’anno.
3) Un documento della Ragioneria Generale dello Stato ha segnalato le criticità che
permangono nell’attuazione del federalismo fiscale in termini di Livelli essenziali delle prestazioni (LEP), di fabbisogni standard e di indicatori di fabbisogno infrastrutturale.
4) I rappresentanti della Corte dei Conti, auditi in commissione parlamentare per I’attuazione del federalismo fiscale, hanno denunciato la mancata attuazione della legge delega del 2009 che è il cuore del federalismo fiscale. Infatti, tale omissione non ha potuto assicurare una autonomia di entrata e di spesa a garanzia dei principi di solidarietà e di coesione sociale in modo da sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica, fattore di inaccettabili distorsioni in danno del Mezzogiorno d’Italia. La mancata attuazione della richiamata legge ha impedito anche l’individuazione dei fabbisogni standard necessari a garantire sull’intero territorio nazionale il finanziamento integrale dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) riguardanti i diritti civili e sociali e le funzioni fondamentali degli enti pubblici.
5) La commissione di esperti (commissione Caravita) nominata dalla ministra agli Affari Regionali Maria Stella Gelmini nel precedente Governo, ribadendo che l’impianto generale scelto dalla Costituzione per il riconoscimento della autonomia differenziata dovrà essere uguale per tutti, ha giudicato le pretese in atto inaccettabili e impraticabili.
6) La stessa legge di Bilancio, sempre del precedente Governo, rispettando dopo vent’anni il
dettato costituzionale, ha riconosciuto quale principio insuperabile di garanzia dei diritti di cittadinanza da Nord a Sud e quale precondizione della redistribuzione delle risorse tra Regioni la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP).
7) L’autonomia differenziata, ritenuta dai Governatori delle Regioni forti del Paese come la madre di tutte le battaglie, stride con l’attuale situazione politica che ha affrontato finalmente il tema del superamento delle diseguaglianze tra Nord e Sud e in attuazione del Next Generation EU, ha cominciato a demolire il muro invisibile che divide il Mezzogiorno dal resto del Paese. Nell’attuale contesto storico infatti, è principalmente I’Europa a non volere I’autonomia differenziata e a spin.bere perché si attuino politiche di coesione e di integrazione che mettano al centro il Mezzogiorno, al fine di erodere il pesante divario esistente di reddito pro-capite.
8) L’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, nella premessa al PNRR, nel garantire “il 40% circa delle risorse territorializzabili al Mezzogiorno”, ha affermato che ciò è “la testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale”. Infatti, il PNRR vuole accompagnare una nuova stagione di convergenza tra Sud e Centro-Nord della Nazione e costituisce una occasione imperdibile per il rilancio del Mezzogiorno e per la ripresa del suddetto processo di integrazione con le aree più sviluppate del Paese.
9) L’autonomia differenziata, così come proposta nel precedente dispositivo, non attua
I’auspicato federalismo costituzionale ma il federalismo regionalizzato non equo e solidale seminatore di conflittualità e ostile alla necessaria ricomposizione economica e sociale tra i territori della Repubblica. Questo federalismo regionalizzato che consente inoltre, su semplice richiesta di ogni singola Regione, di ottenere delega piena sulle politiche riguardanti l’istruzione, sanità, giustizia e tutte le altre porterebbe all’assurdo che l’Italia non avrebbe più il potere di rappresentanza internazionale;
10) La manovra messa in atto nella precedente legislatura con l’inserimento del disegno di legge sull’autonomia differenziata tra i collegati alla manovra finanziaria rappresenta la solenne smentita dei buoni propositi “meridionalistici” e uno spregiudicato furto di democrazia. Infatti, tale “sottile” scelta impedisce, a norma dell’art. 75, comma 2, della Costituzione, l’eventuale ricorso dei cittadini allo strumento del referendum abrogativo e tende a soffocare il dibattito nelle aule parlamentari in quanto la possibilità di emendare in aula un testo collegato alla legge di Bilancio risulta fortemente limitata dai regolamenti di Camera e Senato.