Riceviamo e pubbichiamo una breve riflessione sulla candidatura di Matera a capitale europea della cultura nel 2019 inviata da Francesco Francione.
Matera: da capitale della civiltà contadina a capitale delle cultura europea.
Alcuni giorni fa mi sono soffermato a leggere il “tabellone” collocato dinanzi alla Casa Cava, apprezzabile esempio di recupero e di ristrutturazione di un manufatto : è il manifesto in cui si spiega il “ Perché la città di Matera può rappresentare la cultura italiana in Europa nel 2019”. Si afferma all’inizio :
“Matera ha fatto grandi sforzi…… da vergogna nazionale a prima città del Sud ad essere nominata patrimonio dell’umanità”.
Quell’espressione “vergogna nazionale” fu usata nell’aspro confronto elettorale che si svolse nell’immediato secondo dopoguerra : lo scontro ideologico era durissimo; il clima era da “ guerra fredda” e l’Italia ne subiva le gravi conseguenze . In tale contesto l’espressione era l’ invocazione di un grave sentimento che si voleva far ricadere in primo luogo sulla classe dirigente locale e sul governo nazionale che non avevano ancora avviato riforme incisive per risolvere il problema igienico-sanitario, economico e sociale racchiuso nelle povere abitazioni dei Sassi. Non erano certamente la povertà e lo sfruttamento cose di cui dovessero vergognarsi gli abitanti che ne erano le vittime.
(Analogamente, oggi, se qualcuno volesse, per vari motivi, indicare la Basilicata con quella stessa espressione, essa andrebbe in primo luogo riferita alla classe politica nazionale e locale che dal dopoguerra e/o dalla istituzione delle regioni, non è riuscita a individuare le riforme politiche capaci di portare questi territori a livello di sviluppo dell’Italia centrale e settentrionale e non ai cittadini che abitano la Regione).Quell’espressione è molto cruda e sembra un po fuori luogo in quel contesto.
Altra potrebbe esser la carta d’identità che la città potrebbe esibire.
Matera era, infatti, nel dopoguerra ” la capitale,il simbolo delle città contadine.” Era la capitale della civiltà e della cultura che il popolo contadino sapeva esprimere. Lo scriveva in maniera argomentata Riccardo Musatti nel saggio introduttivo dello studio sociologico sulla città e ne illustrarono i caratteri Carlo Levi, Rocco Scotellaro e altri intellettuali nostri conterranei.
“ Civiltà contadina”: e cioè il senso del destino e del fato che sostanziano la concezione della vita, la capacità enorme di sopportazione e di grandi sacrifici, la saggezza e la cultura materiale intrise di credenze e tradizioni ben consolidate ; il senso di tolleranza quasi illimitata. Questo ed altro troviamo nel” Cristo si è fermato ad Eboli” ,nella poesia lucana, nella riflessione filosofica di Friedmann che da questa cultura restava affascinato all’inizio degli anni ’50.
Paradossalmente di quella “civiltà” era parte integrante anche la lontananza forzata dalla istruzione e l’analfabetismo che erano tra le cause principali della grave soggezione del contadino nei confronti dei “signori” che sapevano leggere e scrivere.
Ed è proprio questo carattere che poteva e può essere messo in risalto in contrapposizione alla speranza e all’auspicio che la candidatura a capitale della cultura in Europa venga coronata da successo. Da capitale della cultura contadina (che comprende anche l’analfabetismo) a capitale della cultura europea che implica significati più vasti e complessi.
Questo sarebbe il vero passo in avanti compiuto dalla città con durature e aspre battaglie sociali e politiche: dall’ altissima percentuale di analfabeti, alla grande percentuale di diplomati e laureati; dalla grave disoccupazione che alimentava un’ emigrazione di braccia, alla occupazione di giovani altamente qualificati, capaci di affrontare i processi di globalizzazione . Ed è verso queste giovani generazioni che il governo nazionale e regionale stanno accumulando responsabilità sempre più grandi.
Ed è soprattutto su questo piano che la candidatura di Matera a capitale della cultura europea potrebbe essere vincente, se cioè verrà ancora con più forza perseguito l’obiettivo di innescare dinamiche di sviluppo tali da richiedere l’inclusione dei tanti giovani che dopo gli studi si stabilizzano nel Nord d’Italia e d’Europa.
Francesco Francione
Nella foto www.sassilive.it il totem a cui fa riferimento nell’articolo il materano Francesco Francione
Ma infatti l’appellativo non era “materani vergona d’Italia”, ma “Matera vergogna d’Italia”, e la vergogna era riferita all’Italia, che permetteva nel 1952 tali situazioni abitative, e non a Matera.
é evidente che l’autore del manifesto non ha dato la giusta interpretazione della frase.il sigf Francione coglie bene l’ineguatezza di usarla come slogan.
Leggo con piacere le vostre parole. E’ il segno, caso mai ce ne fosse bisogno, che a Matera le “menti pensanti” sono tante e che la cultura non e’ presidio di quei pochi che nutrono la presunzione di esserne unici custodi. Matera2019 e’ una grande occasione che appartiene a Matera e ai materani, non già a quei pochi che si pregiano, oggi, di diffonderne le linee guida. Rivendico da tempo un “progetto” che giustifichi la candidatura, un progetto che sia portato a conoscenza della Città e che sia condiviso dai cittadini, da tutti i cittadini. Ancora oggi, purtroppo, assistiamo solo a una grande pubblicizzazione del “nome” della Città, assistiamo a eventi che non coinvolgono i materani, che spesso li lasciano indifferenti. E’ questa la grande sfida: rendere ogni singolo cittadino protagonista di questa sfida. La competizione potrà anche essere persa, ma non deve rimanere il rammarico o la giustificazione di chi, poi, potrà dire “io non ne sapevo nulla”. Matera 2019 e’ la nostra sfida. Dobbiamo pretendere di farne parte e di offrire un contributo di idee e partecipazione. Chiediamolo in ogni sede, facciamo in modo che il “progetto” sia visibile e condivisibile. Non fermiamoci solo alle giuste, ma insufficienti osservazioni sulla cultura che ci ha accompagnato nel tempo. Oggi e’ la sfida, oggi dobbiamo pensare la città del futuro. Forza e coraggio.