Riportiamo di seguito l’intervento del Consigliere provinciale Ferrone all’Assemblea di ARCI Caccia che si è svolta a Marsico Nuovo e a seguire la fotogallery.
Come sapete dal 2016 le Province non hanno più competenze dirette in materia di caccia e pesca, trasferite alle Regioni.
Qualcuno di voi – in verità – ricorda con nostalgia (e non solo) l’esperienza di gestione delle Province.
La Provincia di Potenza – con il Presidente che mi ha delegato a partecipare – ha accolto volentieri il vostro invito perché avverte la necessità di aprire un confronto attivo per gestire al meglio con le attività dei cacciatori la programmazione di tutte le risorse dei nostri territori e quindi anche quelle venatorie.
C’è un legame antico che ancora oggi lega i cacciatori alla terra.
Noi lo riconosciamo e pensiamo che questo stretto rapporto, se compreso in precisi confini e regole, possa assumere un ruolo importante in termini di sostenibilità ambientale e in relazione alla conservazione della biodiversità.
Un modello di caccia pensato come attività finalizzata a mantenere gli equilibri in natura, oltre che a preservare le peculiarità faunistiche di un determinato territorio.
Dunque un confronto che passa dal dialogo con gli Ambiti Territoriali di Caccia della Regione Basilicata, con le procedure per i permessi di accesso rilasciati dagli AA.TT.CC, e che vede nell’emergenza cinghiali il caso sicuramente più forte di una situazione che viviamo tutti – da amministratori locali, agricoltori, cittadini – e cacciatori.
Nessuna area della regione è immune da danni e aggressioni alle colture e alle produzioni valori incalcolabili.
Situazione ancor più complicata in particolare nel settore zootecnico che oltre la totale distruzione di interi areali in particolare di mais e foraggi deve sottostare a forme speculative per l’approvvigionamento del bestiame.
Siamo difronte a veri e propri drammi economici in particolare nelle aree interne e montane con livelli di abbandono o ridimensionamenti delle attività agricole e di allevamento mai registrati nel corso degli ultimi decenni nella nostra Regione.
Alle aggressioni e alle perdite di prodotti si devono aggiungere forme di speculazioni di mercato, in quanto in molti casi e persino difficile approvvigionarsi da terzi e quando ciò avviene i costi sono esorbitanti, in particolare per le materie e prodotti per alimentare bestiame.
Se a tutto questo aggiungiamo i danni provocati a mezzi e auto oltre a diffusi e imprevedibili pericoli che in ogni comune e territorio possono manifestarsi e il potenziale rischio di natura sanitaria che si e già manifestato in altre parti del Paese appare del tutto evidente che sia il caso di procedere a misure d’emergenza.
Quelle stesse misure concordate da otto mesi al Tavolo Verde e ancora bloccate al Dipartimento Politiche Agricole, per lungo tempo rimasto “vacante” dell’assessore.
Vorrei ricordare il piano per affrontare l’emergenza cinghiali al quale avete lavorato anche voi dell’Arci Caccia insieme alle altre associazioni venatorie.
Il piano, con una proiezione triennale, è supportato da un finanziamento già disponibile di 3 milioni di euro, di cui 1,8 milioni provengono da fondi P.O. Val d’Agri. Questi fondi sono destinati a interventi nei 35 Comuni del comprensorio.
ll progetto prevede interventi finalizzati ad incentivare tutte le possibili azioni di contrasto alla crescita esponenziale di cinghiali che registra un incremento annuo dell’ordine di 20mila capi.
Tra le azioni strategiche individuate: il corrispettivo ai cacciatori che consentirà di allargare la platea degli esecutori materiali degli abbattimenti attraverso l’ assegnazione di un congruo ristoro per le spese sostenute; la fornitura di “chiusini” agli agricoltori con incentivo per l’installazione e la gestione; la predisposizione di un servizio di raccolta dei cinghiali abbattuti; la collaborazione con il Servizio Veterinario fondamentale per un efficiente monitoraggi sanitario; la dislocazione di un numero congruo di celle refrigeranti; attività logistiche di raccolta delle carcasse; attivazione di un centro di lavorazione delle carne di cinghiale.
Purtroppo rispetto al piano di previsione di abbattimento di 80mila capi in tre anni lo scorso anno ne sono stati abbattuti poco più di 8mila nelle cinque Atc. mentre, nello scorso anno, il risarcimento per danni alle colture agricole da ungulati ha raggiunto 1,250 milioni di euro, gli incidenti stradali provocati sono stati 303.
Resta perciò necessario accelerare – con il vostro impegno diretto – le misure individuate al fine di ridurre e contenere i danni provocati dai cinghiali alle colture e ridurre i rischi per l’incolumità delle persone anche in relazione agli incidenti stradali.
Per noi il rammarico per non essere stati coinvolti, come invece è accaduto in altre Regioni, con le Province chiamate a collaborare e quindi a dare il loro contributo.
Oggi come oggi la sfida più grande che le attività venatorie devono affrontare sono diverse, anche dal punto di visto normativo e organizzativo.
Condividiamo la preoccupazione dell’Arci caccia perché in questi ultimi tempi stiamo riscontrando un interesse sempre più crescente nel sostenere la caccia di tipo privatistico.
Riteniamo che questa svolta sia un sovvertimento dei principi espressi dalla legge 157, che tutela invece la caccia sociale e, nel mentre, non riusciamo a capire se aspettarci in futuro risvolti positivi oppure negativi.
Per questo ci sentiamo al vostro fianco nella battaglia nell’impegno dei cacciatori nelle attività di monitoraggio, conservazione e lavoro su boschi e foreste.
Crediamo nel ruolo dei cacciatori nella società: considerando la caccia come un’attività non riservata esclusivamente a un’elite economica e culturale, quando piuttosto da esercitare all’interno di regole ben precise, considerandola un vero e proprio patrimonio della popolazione.
Solo sulla base di questi due pilastri è possibile comprendere l’impegno e le sfide che riguardano voi di Arci Caccia e le associazioni italiane del settore fuori dai luoghi comuni o da determinate ideologie.