I consiglieri comunali Pasquale Doria, Liborio Nicoletti, Cinzia Scarciolla, Milena Tosti, Marina Susi, Immacolata Milia Parisi, Giovanni Schiuma, Carmine Alba, Tommaso Perniola, Angelo Lapolla, Rocco Sassone, Augusto Toto,
Mario Morelli e Adriana Violetto in una nota congiunta esprimono contrarietà rispetto ai contenuti della dichiarazione “Matera Città del Pane” approvata dalla maggioranza che sostiene il sindaco Bennardi nell’ultima seduta del Consiglio Comunale di Matera. Di seguito la nota integrale.
“Pane e promozioni autarchiche, un’altra occasione persa”
Da poche ore Matera è divenuta “Città del pane”, titolo che si aggiunge a Città dei Sassi, Città della Pace, Città Unesco, Civitas Mariae e via cantando. La prossima volta forse toccherà ai divani. Insomma, la maggioranza si è attribuita una sorta di laurea senza aver sostenuto alcun corso di studio, evitando un cammino preparatorio condiviso e all’insegna dei valori, non condizionato da banale ansia da prestazione. Ma siamo ormai abituati a queste amenità dell’Amministrazione a trazione 5 Stelle.
Una nuova prova di muscoli sostanzialmente indifferente alle enormi distese di cereali delle campagne materane che hanno plasmato il paesaggio con i suoi cicli vegetativi, fino a divenire primato commerciale e alimentare della nostra comunità. Seguire le traiettorie dei cereali che portano al grano, all’avena, all’orzo, al farro e ad altre produzioni minori, ma anche alla farina, alla pasta, al pane e a una infinità di prodotti da forno, in realtà, significa percorrere un cammino preciso. Un patrimonio non meno importante, fatto di eredità concrete – ovvero di tecniche e strumenti – ma costituito anche da ricchezza immateriale, come le tradizioni, i simboli, la memoria collettiva.
Avremmo voluto celebrare in termini meno frettolosi e superficiali Cerere e i suoi preziosi doni, la loro trasformazione in cibo per i popoli meridiani, i profondi legami della comunità con le sue millenarie vicende sociali, agricole e alimentari, la vitalità conferita dalla coltivazione dei cereali al territorio. Il provvedimento presentato in aula nasce invece morto.
Giugno, la falce in pugno, usavano dire i nostri nonni. La maggioranza la falce l’ha brandita per decapitare le buone pratiche di un’iniziativa che avrebbe dovuto seguire una sua maturazione naturale a valle di una accorta semina e quale preludio di una utile lievitazione, fino ad apporre correttamente il timbro, come si usava nei nostri antichi forni. Questa volta, però, è stato impresso su una massa informe tipica del “pane del peccato”, quello che veniva preparato senza amore, nessuna passione e che non nutriva, anzi, una volta infornato, finiva per diventare velenoso per chi provava a mangiarlo.
Bisogna dirlo, il timbro ha la forma di un ricatto, consumato nella maggioranza. Rimane il rammarico da parte di alcuni esponenti dell’opposizione per aver ceduto al solito attaccamento al gonfalone della città, in cui le spighe rappresentano già una eloquente narrazione. Palese l’inutilità di un atteggiamento collaborativo, rifiutato, e dell’impossibilità di dare anima a un provvedimento che arriva ultimo e sudato, alla stregua di una coccarda senza spessore, sbiadita, perché priva di contenuti, frutto delle solite pressioni nei confronti anche di quanti sono stati costretti a piegare la testa, pur sapendo che insieme si sarebbe potuto fare di più e meglio.
L’iniziativa andava preparata per tempo, tramite manifestazioni e incontri pubblici, convegni e seminari, con l’Università e il coinvolgimento di esperti di più discipline, in modo tale da riempire di valori partecipati il momento deliberativo, riconoscibile quindi su più ampia scala, come avrebbe meritato, non solo nel chiuso dell’aula consiliare.
Di contro, non è certo edificante assistere a una sorta di infruttuosa fusione a freddo nel triste stagnetto in cui è affogata e si è persa un’altra buona occasione per la crescita della città. Si procede come il gambero, prima il titolo di Città del pane e chissà come è quando matureranno le motivazioni per dare sostanza a quello che oggi appare solo come un nuovo sterile pennacchio, una inconcludente imposizione alla comunità piegata unicamente agli interessi di pochi.