Soddisfazione per l’aumento della dotazione finanziaria da parte del Dipartimento Politiche Agricole per il bando apistico, campagna 2023, è stata espressa da Nicola Di Nuzzo, presidente dell’Associazione Apicoltori Lucani-Cia, che conta 150 associati con un totale di 13.000 alveari pari a circa il 70% del totale lucano. L’impegno e il lavoro che le istituzioni stanno facendo è ammirevole. Come sempre – aggiunge – c’è un continuo dialogo con la Regione che porta appunto a creare un bando attuale, che rispecchi a pieno le esigenze degli apicoltori, e così facendo tutti i fondi vengono ben spesi e il comparto ne giova.
Soprattutto in questo periodo di grande difficoltà causato delle incessanti piogge che stanno provocando non pochi danni all’apicoltura sia a livello locale e a livello nazionale – continua Di Nuzzo – gli aiuti sugli investimenti riducono le perdite che stiamo subendo. Il prossimo step è cercare una soluzione paracadute\cuscinetto per sostenere tutti coloro che stanno subendo perdite ingenti. La macchina burocratica e le istituzioni si sono messe a lavoro, aspettiamo fiduciosi tutti gli interventi che potrebbero mettere in campo.
Di Nuzzo ricorda che la piovosità che prosegue da settimane continua a provocare danni all’apicoltura lucana (e non solo) che possono riassumersi in tre punti: mancata produzione, sciamature incontrollate, perdita delle famiglie. Le api – spiega il presidente dell’Associazione – sono impossibilitate ad uscire dal proprio alveare a causa della pioggia. Questo rintanarsi nelle arnie produce un sovraffollamento della stessa inducendo così lo sciame a creare una nuova regina e nei pochi giorni di bel tempo dimezzare lo stesso tramite il fenomeno della sciamatura, che risulta incontrollabile in quanto l’apicoltore (per prevenire tale fenomeno) è impossibilitato nei periodi di pioggia ad ispezionare le arnie”.
“Il sovraffollamento, insieme alla mancata produzione sta portando gli sciami più deboli alla fame, provocandone la morte a causa delle scarse risorse all’interno dell’arnia e all’impossibilità di ispezione e di nutrimento di soccorso da parte dell’apicoltore. Queste tre cause -continua Di Nuzzo- stanno producendo notevoli danni al comparto, infatti oltre a non produrre miele si subisce una perdita di investimento in termini di numero di arnie che di forza delle famiglie, rendendo vano tutto il lavoro svolto dall’apicoltore fino ad ora”.