Nell’ambito di un’inchiesta sull’abbandono di rifiuti speciali nelle campagne del Tarantino, i militari del gruppo carabinieri per la Tutela ambientale e la transizione ecologica di Napoli e della sezione di polizia giudiziaria di Taranto hanno dato esecuzione a 5 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari e ulteriori 20 provvedimenti tra reali e patrimoniali, emessi dal gip del tribunale di Lecce su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.
Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione illecita di rifiuti speciali e discarica abusiva.
L’indagine, avviata nel luglio 2019, riguarda lo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi costituiti da ritagli e cascami di lavorazioni della pelle, abbandonati in diversi terreni, stimati in oltre tremila tonnellate. Secondo quanto emerso dall’attività investigativa, si tratta di scarti di lavorazione di aziende operanti nella produzione di divani nelle aree industriali di Matera, Altamura e Gravina di Puglia, in parte bruciati e per il resto interrati e occultati in area agricole e capannoni industriali del Tarantino.
Secondo l’accusa questa attività di smaltimento illecito avrebbe consentito agli indagati di trarne un ingiusto profitto per circa 550mila euro. Al centro dell’inchiesta il ruolo del titolare di un’impresa che avrebbe provveduto al recupero dei rifiuti speciali delle altre aziende, facendosi pagare un costo di smaltimento al chilogrammo molto inferiore rispetto a quanto previsto per smaltire in maniera lecita gli scarti di lavorazione.
L’imprenditore, poi deceduto e sostituito secondo gli inquirenti da un altro degli indagati, avrebbe emesso fatture con causali false di pulizia del verde o dei piazzali.
Oltre alle cinque persone arrestate i carabinieri hanno sequestrato 5 capannoni industriali, un’area agricola dove i rifiuti sarebbero stati illecitamente smaltiti, e 6 mezzi utilizzati per il trasporto degli stessi