La candidatura di Roma per ospitare Expo 2030 ha un alleato significativo che è già risultato decisivo per l’attribuzione a Milano dell’Expo 2015. E’ l’ing. Alfredo Carmine Cestari, lucano-campano, a capo di un importante Gruppo imprenditoriale e presidente, dal 2004, della Camera di Commercio ItalAfrica. Il suo intervento fu decisivo per attribuire, nel 2008, la vittoria a Milano su Smirne. La decisione sarà assunta a novembre prossimo quando i delegati dei 179 Paesi membri del Bureau International des Exposition si riuniranno a Parigi per scegliere la città che ospiterà Expo 2030 in una competizione tra Roma, Riad (Arabia Saudita) e Busan (Corea del Sud).
«Novembre non è poi così lontano. Questo è il momento di agire – dice Cesari -. Se Roma vuole davvero ospitare Expo 2030 non può prescindere dai 54 voti del Continente Africano. Ma ovviamente per ottenerli si devono avviare, in queste settimane, diversi progetti di riqualificazione, utilizzando magari i fondi che l’Unione europea mette a disposizione dei Paesi terzi. Se si agisce in questo modo, le probabilità che la Capitale centri l’obiettivo si alzano notevolmente».
Una partita a “scacchi” che si gioca su un bottino importante: il valore complessivo è stato stimato in 50,6 miliardi di euro, 0,6 punti di PIL, 30 milioni le presenze stimate; 11mila le nuove aziende che verranno generate a Roma; 300mila i nuovi posti di lavoro; 10 miliardi l’effetto economico diretto; 18,2 miliardi l’effetto economico indiretto a breve e 5,5 miliardi gli investimenti esteri. Il tema dell’Expo, in realtà, dice già molto: “Persone e Territori: Rigenerazione, Inclusione e Innovazione”.
Per candidarsi i Paesi conducono per tempo campagne internazionali per creare sostegno. Durante le assemblee generali del Bie, i Paesi presentano lo stato di avanzamento del progetto. I membri eleggono infine lo Stato ospitante a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi dei voti dei membri presenti. Se non si raggiungono i due terzi, viene organizzato un altro scrutinio e il candidato con il minor numero di voti viene eliminato. Tra i due candidati infine è necessaria la maggioranza semplice per eleggere la nazione ospitante.
Roma per la sua candidatura a Expo 2030 presenta un masterplan ricco, curato dall’architetto Carlo Ratti, che ha come base di partenza la riconversione urbana verso una smart city per rinnovare parti difficili della periferia cittadina. Una Roma che per l’evento dovrebbe essere più verde e più innovativa a partire dalle Vele di Calatrava, incompiuta dal 2011, da trasformare in un Polo della conoscenza, aperto agli studenti e alla crescita sociale, che fungerà poi da punto di accesso principale con una serie di nuovi collegamenti di trasporto e mobilità.
Ma quale sarà l’impatto economico dell’esposizione su Roma e sull’Italia? L’ultimo esempio sul territorio a cui fare riferimento è inevitabilmente quello di Expo 2015 a Milano, che registrò un’ampia soddisfazione degli organizzatori e di chi l’ha visitata. La macchina organizzativa ha funzionato ed è stato raggiunto il target dei visitatori prefisso, con 1,3 miliardi di euro di valore aggiunto generato proprio dalla spesa turistica addizionale.
Secondo l’analisi della Sda Bocconi School of Management per la Camera di Commercio di Milano, si è arrivati a un indotto che ha prodotto un Pil pari a 6 miliardi di euro durante l’evento, di cui 4,1 miliardi nel solo anno 2015, pari a circa lo 0,25% del totale del Pil italiano di quell’anno.
Per tutto questo l’impegno di Cestari per far pesare i voti dei Paesi Africani a favore di Roma assume sempre maggiore rilevanza con benefici diretti ed indotti anche per il Sud.