Talìa Teatro da dieci e lode. La compagnia teatrale del professore Antonio Montemurro supera a pieni voti l’esame di Molière, presentando al Duni una rivisitazione del testo classico scritto dal grande commediografo francese. Al teatro Duni c’è grande attesa per la prima ufficiale del nuovo lavoro presentato puntualmente sotto le festività natalizie da parte della compagnia che in passato si è fatta apprezzare per le versioni teatrali in vernacolo materano dei classici di Scarpetta e De Filippo. Con l’Avaro di Molière l’obiettivo era quello di far ridere il pubblico non solo con le battute in dialetto ma anche con dialoghi in italiano e persino in francese come accade quando è chiamato in causa Don Anselmo, interpretato dal “sempreverde” Mimì Orlandi. L’Avaro di Molière si apre con gli esordienti Claudia Passarelli e Rocco Cascini. Claudia Passarelli è Elisa, la figlia di Arpagone, Rocco Cascini è Valerio, uno dei servi alle dipendenze di Arpagone, un uomo che di professione fa l’usuraio e che ha trovato nei soldi l’unica ragione della sua vita. Elisa e Valerio sono innamorati ma il loro sogno d’amore è ostacolato dal tirchio Arpagone, che ha pensato di far sposare sua figlia con il suo amico Don Anselmo, che deve ancora compiere ottant’anni… Valerio naturlamente non può ostacolare la scelta di Arpagone e in prima battuta asseconda il desiderio che va contro la sua volontà e contro quella del cuore dell’amata Elisa. Anche Arpagone è innamorato e a distanza di anni dal suo primo matrimonio è deciso a sposare Mariana, una ragazza bellissima interpretata da Laura Matera. La stessa ragazza di cui è innamorato suo figlio Cleante, ovvero Francesco Palomba. Margherita Arrè è invece Donna Simonetta, la signora che chiederà invano un prestito di danaro ad Arpagone. All’epoca i matrimoni si combinavano con l’ausilio di un intermediario e in questo caso entra in scena Frosina (Lucia Gaudiomonte), che proverà invano a far sposare Arpagone con Mariana (Laura Matera) in cambio di soldi… Quando Arpagone e Cleante scoprono di essere innamorati della stessa donna tocca al giudice Mastro Giacomo (Franco Burgi) che in casa svolge il doppio ruolo di cuoco e cocchiere, stabilire chi dovrà prevalere tra padre e figlio cercando naturalmente di trovare un bonario accordo. In realtà Arpagone e Cleante saranno solamente presi in giro da Mastro Giacomo ma il colpo di scena che manda in crisi l’avaro è dietro l’angolo. La “freccia” Saverio Mastronardi, un altro componente della servitù di Arpagone, annuncia il furto della cassettina nascosta in giardino che contiene tutto il denaro di Arpagone, una somma pari a centomila scudi. Arpagone è disperato e chiede al commissario (Francesco Andrisani) di fare il possibile per recuperare la refurtiva e condannare il colpevole. Mastro Giacomo accusa ingiustamente Valerio e sulla scena nasce un divertente equivoco che confonde la sua amata Elisa con la cassettina preziosa che Arpagone chiede di ritrovare. L’ingresso di Elisa è determinante per scagionare Valerio, che tra l’altro è colui che l’ha salvata quando da piccola stava per affondare in mare. Poi arriva Don Anselmo e scatta il colpo di scena: Valerio confesserà di essere il figlio di don Tommaso d’Albursi, un nobile napoletano che sarebbe morto assieme ai suoi figli durante i moti napoletani del 1866. La storia invece non è andata proprio così: don Anselmo è proprio don Tommaso d’Albursi e i suoi figli sono Mariana, la ragazza di cui si era invaghito sia Cleonte che suo padre Arpagone e Valerio! Mastro Giacomo ha dunque mentito e toccherà a lui pagare la parcella del commissario. Ma l’Avaro deve chiudersi con un lieto fine e Arpagone torna a sorridere perchè finalmente viene ritrovata la cassettina con i suoi averi. Il pubblico che ha gremito il teatro materano applaude gli attori di Talìa Teatro e Arpagone, alias Antonio Montemurro, ringrazia le “mani” della compagnia teatrale Saverio Mastronardi ed Eus Lunalbi, che si è prestato anche nel ruolo di Jamm d’arin. Lunalbi apre la commedia con una candela accesa che dovrebbe illuminare la mente di Arpagone ma la missione sarà vana. Da sottolineare anche l’ottimo lavoro di Eus Lunalbi e Francesco Andrisani per la scenografia allestita a teatro. Antonio Montemurro raccoglie gli applausi scroscianti per la sua straordinaria interpretazione di Arpagone ma sarebbe ingeneroso nei confronti degli altri attori non rimarcare anche le altre performance di tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione dell’opera in chiave materana. Talìa Teatro fa crescere talenti grazie alla passione del suo fondatore Antonio Montemurro, che ribadisce la volontà della compagnia di non abbandonare il teatro in vernacolo materano. “Abbiamo fatto ridere anche in francese – scherza al termine dello spettacolo – ma il dialetto fa parte del nostro dna”. E per Matera è sicuramente un motivo di orgoglio.
Michele Capolupo
La fotogallery sulla rappresentazione teatrale
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