Basilio Gavazzeni: “Come una coppia di Matera incontro col pèsso”. Di seguito la nota integrale
“Machinù “ erano soprannominati i verdellesi quand’ero bambino. Il nomignolo, al singolare, era anche il titolo del bollettino della Parrocchia sul quale, di sbieco, irrompeva una minuscola locomotiva. È che per Verdello, mio paese natale, il treno fu sempre un chiodo fisso, in contesa campanilistica col paese di Verdellino che osava rivendicare la stazione ferroviaria prossima anche a lui. Allora Verdello era un paese in cui la febbre del calcio divideva chiassosamente le contrade, trovando le basi di supporto in un paio di storiche osterie. Da Verdello uscì un buon numero di calciatori di talento, da Vaglietti assunto dall’Inter a Duzioni, capitano del Lecco in serie A, dai due fratelli Meraviglia al soldo della Spal a Gritti in campo con Chinaglia nella Lazio. Famosi furono Domenghini e Pizzaballa arrivati alla maglia della Nazionale. Il primo a tutt’oggi resta indimenticato. Da bambino, il pomeriggio di ogni domenica, dopo la “dottrina” , io e i miei coetanei eravamo condotti dai catechisti al campo sportivo a sgolarci per la Verdellese. Negli anni Cinquanta l’idolo dei tifosi fu il portiere soprannominato “ ol Pèsso” , perché nella vita vendeva pesce che lui stesso traeva dai fiumi poco distanti da noi. Per campare, in cambio di melette immangiabili, raccoglieva anche stracci, ossa, ferrivecchi e pelli di coniglio che rivendeva chissà come. In campo il pescivendolo straccivendolo si trasformava nell’eroe dei “machinù”. Epico fu il pomeriggio di una domenica invernale in cui , sotto la pioggia battente, nella sua postazione allagata, volando da un palo all’altro, simile all’arcangelo ricciuto della nostra Annunciata, voltolandosi nella mota fra le peste degli avversari per abbrancare ogni palla, serbò intatta la rete, nonostante lo sbando della squadra. Alla fine della partita, drappeggiato di fango dalla testa ai piedi, riconoscibile solo per i fieri occhi di giaietto, si avviò agli spogliatoi applaudito dalla stessa tifoseria avversa. Era nota la disavventura in cui era incappato alla fine della guerra. In succinto, mentre girava per Verdello con un trabiccolo carico di pescato, richiamando la clientela col grido “pèss de prima”, era stato fermato dai Carabinieri che l’avevano messo dentro. “Pèss de prima”, cioè “pesce di prima qualità”, suonava anche “pès de prima”, cioè “peggio di prima”. Erano giorni pericolosi, quelli. Mia madre diceva che dopo la Liberazione la gente era divenuta più cattiva. Qualche svitato aveva riferito ai Carabinieri che il pescivendolo inveiva contro l’appena riconquistata democrazia. Ci volle tutta l’autorevolezza del curato per chiarire l’equivoco ai Carabinieri, che, di provenienza meridionale, non capivano un’acca dell’ostico bergamasco. Alcuni decenni fa, discorrendo del mio dialetto durante la cena in una casa materana, narrai agli ospiti l’infortunio linguistico del “Pèsso”. Ne ridemmo salutarmente per l’intera serata. Non passò molto tempo che quei magnifici ospiti decisero di recarsi a Como a visitare il fratello di lei. Giunti al lago in dotazione alla città, si fermarono a osservare le ondulazioni della superficie serena e a prendere una boccata d’aria. Si accostarono a un pescatore che, seduto sulla riva, amministrava con profitto le lenze e gli ami, a giudicare dal canestro a lato semicolmo di guizzi d’argento. Il pescatore era loquace. Chiacchierando chiacchierando, l’uomo, esaurite le informazioni a uso dei turisti, cominciò a parlare di sé, della sua bella famiglia, delle soddisfazioni che gli davano i nipotini, della sicurezza economica acquisita lavorando duramente fin da fanciullo. Di colpo, tra le confidenze, fece capolino la gloria guadagnata come portiere sui campi di calcio sia pure d’umile categoria. In particolare si esaltò a ricordare che era stato l’acclamato portiere del Verdello… A quel punto i coniugi materani sbottarono: «Ma allora lei è “ol Pèsso”!». E lui, fulminato: «Come fate a saperlo?». Racconto invoca racconto: la coppia materana dette la stura a ciò che aveva udito da me in quella cena. Figuratevi lo stupore e l’allegria di ognuno per la straordinaria agnizione propiziata da una casualità incredibile, perché l’Italia è tutt’altro che corta fra Matera e il lago di Como. E immaginatevi la mia meraviglia, quando i due coniugi me ne riferirono ancora trasecolati. O “Pèsso”, dove sei, o tu che potremmo ammirare, ammirare d’ammirazione?