Emilio Salierno, direttore del Circolo culturale Nicola Panevino ha recensito il libro “Chi ha polvere spara” pubblicato da Donato Montesano, un romanzo racconta la vicenda dell’ex rapinatore Pancrazio Chiruzzi. Di seguito la nota integrale.
Il libro di Donato Montesano è un’impresa narrativa costruita utilizzando modalità cinematografiche.
Chi conosce il giovane autore di “Chi ha polvere spara”, edito da Eretica, sa bene della sua passione per la Settima arte. Non c’è da meravigliarsi se la realizzazione del romanzo, che ha come protagonista l’ex rapinatore Pancrazio Chiruzzi (Pan), sia da essa influenzata. Il titolo va su un binario che sembrerebbe scontato, in realtà non è un invito a fare del male. Un abile, ma inaffidabile specchietto.
Il postmodernismo, cioè la propensione a considerare superate le certezze nei campi umanistici e scientifici, ha dato un impulso originale anche al cinema: i dogmi hollywoodiani lasciano il passo a soluzioni narrative “complesse”, che non hanno la pretesa di una condivisione assoluta, stravolgendo lo stereotipo che mette da una parte i buoni e dall’altra i cattivi. Insomma, nessuna verità univoca.
Sergio Leone e Quentin Tarantino, tanto per fare dei nomi, appartengono alla schiera di chi ha reinterpretato i racconti cinematografici. La vicenda di Pan, lucano emigrato a Torino, protagonista della cronaca nera, viene romanzata da Donato Montesano in una cornice di rispetto per le gesta del bandito, senza però far emergere giudizi morali sull’eroe. Pan, che sconterà complessivamente oltre 35 anni di carcere per i crimini commessi tra il Settanta e l’inizio del 2000, paga poiil pesante debito alla giustizia. Il lettore può schierarsi con lui o condannarlo dopo che l’hanno già fatto i tribunali. Come nel cinema postmoderno, siamo di fronte a una percezione assai flessibile dell’opera.
Il romanzo, ispirato a una parte della vita di Chiruzzi (sino ai suoi 22 anni), contiene tutti i connotati del disorientamento: la reazione del giovane meridionale alle ingiustizie dell’Italia del nord, che sfocia nella criminalità, sembra non essere il male ma uno stato di necessità. Chi legge valuterà in base alla sua formazione e ai suoi ideali. L’operazione letteraria è volutamente costruita per arrivare a questo bivio e solo a quel punto ognuno potrà, come in un puzzle, rimettere i tasselli nel posto giusto.Il senso di colpa è una ricerca che spetta a ognuno di noi e così Montesano interpella lo spettatore/lettore, gettandolo nella mischia e lasciandogli la libertà di valutazione.
Emigrazione, razzismo, disagio sociale, rabbia, rapine, armi,carceri e rivolte sono solo una parte di una vicenda complicata presentata con continui flash back. Ci sono i sentimenti e l’amore che s’intrecciano con questi fatti. Tutto fa perfettamente parte del copione imbastito dal giovane scrittore lucano.
Le pagine del bandito innamorato sono pura poesia e riescono a delineare un’immagine sorprendentemente intima di quel “Solista del Kalashnikov” che agli agenti che lo arrestavano per i colpi all’estero riusciva a dire:«Tutti portano i soldi in Svizzera e arrestate me che sono l’unico che li riporta in Italia?».
Il libro è fonte di riflessioni e di domande su un bandito “indipendente” che ha organizzato assalti a banche, uffici postali, treni e furgoni blindati, non legandosi mai alla malavita organizzata. Un “viaggio”che comprende le vite e le morti di amici, nemici, traditori, vittime che fanno parte di un mondo deviato e allo stesso tempo avvincente. Il personaggio Pan, che oggi ha 71 anni ed è un uomo libero, con i suoi torti, le sue ragioni e i tanti segreti che conserva, è un prezioso testimone di molti anni della storia italiana. L’opera di Montesano ha il merito di proporre con delicatezza e incanto un pezzo del percorso di un Don Chisciotte che sfida la vita, ostinatamente, solo “per sentirsi leggero”.