“Il mercato del lavoro è in continua evoluzione, negli ultimi 20 anni ha subito mutamenti notevoli, sotto la spinta di due forze: globalizzazione e progresso tecnologico.
In questa evoluzione, la precarietà è diventata una condizione di normalità, dando vita al problema più grande nel mondo del lavoro contemporaneo”.
– Queste le parole del segretario regionale Gerardo de Grazia-
Molti universitari, studiano e lavorano, ma non hanno certezze sul futuro, sembrano assuefatti dalla precarietà, -prosegue de Grazia-.
“Uno studio dell’Università Statale di Milano sostiene che il 48% degli studenti vive una condizione di ansia da prestazione.
L’assenza di futuro genera un dramma sociale sul quale bisogna intervenire subito. In molti casi i giovani sono disposti a rinunciare a diritti, ambizioni pur di trovare un lavoro che gli dia un pizzico di indipendenza.
Anche il rapporto annuale dell’Istat accende i riflettori sul tasso di disoccupazione giovanile che, nel nostro paese è tra i più alti in Europa.
II 47 % dei ragazzi in età compresa tra i 18 e i 34 anni mostra segni di deprivazione .
In tutto il sud il numero di giovani tra i 15 e 24 anni che non studia e non lavora è altissimo, le percentuali sono disastrose e la Basilicata con il suo 21,4% e il Molise con il 20,6% sono le migliori. Puglia al 24,6%, la Campania al 27,7%, Calabria 27,2% e la Sicilia con un drammatico 30,2%, la media nazionale è poco sotto il 20%, quella europea poco più del 10%.
Questa precarietà stabile è dovuta a una trasformazione produttiva, il lavori stagionali hanno preso piede anche in altri comparti dando vita alla produzione just in time.
Una delle armi più efficaci per abbattere il precariato è indirizzare i percorsi di studio e la formazione in base alla richiesta.
E’ necessario far incontrare domanda e offerta, a tal proposito abbiamo proposto al governo centrale di creare un database/fabbrica delle competenze, con il compito di qualificare l’offerta occupazionale in base alle esigenze di lavoro delle aziende.
Bisogna a tutti i costi evitare che la precarietà stabile diventi precarietà sociale, culturale e morale”.