In risposta alla comunicazione della Uil Fpl sul Centro di Diabetologia riportiamo la posizione del personale dirigenziale medico ed infermieristico della unità operativa di Malattie endocrine e del metabolismo dell’Aor San Carlo di Potenza, e che l’Azienda condivide.
Il dibattito sul Centro di Diabetologia del nostro ospedale ha visto in maniera impropria investire anche il nostro reparto di Malattie endocrine e del metabolismo da parte di organismi sindacali che nei loro rappresentanti hanno oltrepassato i limiti di una corretta informazione, fatta ovviamente salva la buona fede di chi, si presume, voglia esporre un problema e contribuire alla sua soluzione. In una prima nota del 1 settembre scorso, protocollata il 3 settembre, l’organismo sindacale Uil Fpl, evidentemente su fornita errata informazione, ha scritto che nessun medico dell’unità operativa di Malattie endocrine e del metabolismo si è voluto spostare nell’ambulatorio della struttura di Diabetologia per dare risposte concrete ai pazienti diabetici. Prima di dare notizia ai mass media, correttezza avrebbe voluto che si verificasse la fondatezza della notizia e anche nel caso fosse stata vera (e non era così), bisognava interloquire con la Direzione strategica e con il reparto di Endocrinologia per recepirne le motivazioni. L’organismo sindacale ha prodotto a mezzo stampa una precisazione che ha aggiunto alla non corretta informazione una vera e propria offesa nei confronti del nostro reparto. Facendo riferimento a dei numeri prestazionali, non presentati in maniera analitica, si sottintende che un solo medico in dotazione al Centro di Diabetologia faccia in proporzione più prestazioni dell’Endocrinologia e si asserisce che l’unità operativa di Malattie endocrine fa registrare poche visite in rapporto al numero del personale medico presente, incidendo, testuali parole, “sul bilancio aziendale annuale con un passivo preoccupante”. Queste affermazioni del tutto gratuite ed offensive e che denotano una mancanza di conoscenza della materia che non dovrebbe sconfinare in una pretesa apoditticità, non tengono conto del precipuo peso specifico e temporale delle singole prestazioni (si può fare una sola prestazione che può durare anche 20 – 30 minuti in relazione alla complessità e all’unicità del paziente ed esiste comunque uno standard minimo di durata che non si può annullare, pena il rischio di superficialità e di disumanizzazione del rapporto medico-paziente).