Roberta Alberti, poetessa di Calvello, ha pubblicato il suo primo libro “Versi in itinere”. Di seguito la recensione di Federica Corbisiero.
La poetessa Roberta Alberti di Calvello ci delizia dei suoi pensieri, attraverso i versi poetici. Dopo due anni e mezzo dalla morte dell’amato fratello-Rocco Donato debutta con la sua prima poesia, in onore dell’onomastico del fratello.
La lirica dal titolo “Onomastico” del sedici agosto recita così: “Ricorre la festa, rispolverando i ricordi. Timidi baci, mille messaggi, strette di mano, torte gelato. Cos’è un nome se non l’essenza, se non un volto, se non un sorriso, se non uno sguardo, se non il suono vibrante di una voce che oggi rivedo e che risuona intorno a me? Ti giunga dalla terra, dal mondo dei vivi, dai legami di sangue, tra battiti d’ali e folate di vento, l’augurio più grande”.
L’Alberti ultima di sette figli, diplomata con il massimo dei voti presso l’Accademia delle Belle Arti, a Foggia.
Il lettore entrando nel vivo dei suoi versi prova fascino e gusto per i scritti di amore atteso dall’autrice e perso. La poesia ormai nel ventiduesimo secolo è stata sostituita dalla tecnologia, che per la maggior parte dei giovani provoca abuso, e, distrae dalla essenzialità della parola, nello scegliere quelle giuste nel dirle. Allora grazie all’autrice R. Alberti la quale incorpa i suoi versi in un libro dal titolo: “Versi in itinere” di Brigante Editore (sito in Lagonegro), costituito da ventisette poesie in due gruppi, per un totale di cinquanta quattro poesie, vogliamo celebrare l’amore anche quello malato e possessivo, il 25 novembre. Il primo gruppo dei versi viene intitolato: “Intralci, inciampi e inquietudini” ed il secondo gruppo: “Svolta di vita: lacrime, amore”.
La poesia è capace di esprimere con il linguaggio un’emozione; per la poetessa lucana la tematica affrontata è l’amore in tutte le sue forme, in modo particolare l’amore per il caro fratello defunto Rocco e l’amore non accettato dai vincoli sociali, provato sulla pelle della poetessa per una sua disabilità che afferma lei-di non aver prevalso sulla vita lavorativa, ma affettiva sì. Si ricorda che etimologicamente il termine poesia deriva dal greco poièo che significa “produrre”, e, cioè l’arte di produrre il suono.
L’autrice inoltre, attraverso una sorta di autoanalisi si dedica alla poesia per sconfiggere il periodo di lutto per la perdita del fratello (nella prima parte), dunque, come per molti poeti la poesia risulta un’ancora di salvezza. Dunque per l’Alberti lo scrivere è un vero e proprio aiuto terapeutico-afferma l’autrice “nel processo di lavorazione del lutto mi sono trovata sola e non capita”.
La poetessa dei “Versi in itinere” sceglie un linguaggio semplice con lo scopo di far arrivare le sue poesie a tutti, indistintamente dal livello culturale. L’Alberti è solita affermare:” l’opera non è di chi l’ha fa, ma da come e da chi la interpreta”. Con l’augurio che ogni lettore possa interpretare a modo suo i versi, possa essere di aiuto nel vivere attraverso queste parole, e, di sostegno per coloro che vivono un momento delicato e di lutto della propria esistenza. Si desume come questo sia un lavoro che raccoglie il passato (anche una poesia sull’infanzia) e si proietta nel verde, cioè nel colore della speranza per il futuro affettivo. Si vede la copertina del libro dove i due fiori sono la vita, la speranza per l’amore da donare e avere e il muro che è il mondo.
Con l’auspicio di trarre un insegnamento nel processo di vita, alternato da momenti tristi e felici, si citano i versi del componimento “Speranza”: “Finirà questo tempo con tutte le sue avversità. Raccoglieremo i cocci per trasformarli in nuove realtà! Resteremo stupiti per le grandi novità. Si aprirà un nuovo sipario alla vita che verrà!”