In occasione della giornata contro la violenza sulle donne riportiamo l’intervento di Maria Dora Ferretti sul tema del patriarcato.
Di seguito la nota integrale.
Il padre, il maschio, l’uomo
Il patriarcato, come orizzonte di senso della comunità, offre una sponda giustificativa a comportamenti dominativi improntati alla sopraffazione, ma non è sufficiente. La cultura patriarcale è l’espressione di qualcosa di più profondo e radicale su cui si edifica la maschilità; occorre un nuovo paradigma ermeneutico che consenta di leggere le attuali forme di relazione.
Il significante non è più il padre, ma il maschio.
Dalla società patricentrica alla società maschiocentrica.
Se il padre mira ad assicurarsi l’eternità per mezzo di una discendenza esclusiva legata al nome, al patrimonio, al prestigio, il maschio mira al piacere effimero dell’istante che scompare nella fugacità della consumazione. Dallo stupro individuale/esclusivo del coniuge allo stupro collettivo/condiviso del gruppo.
Mancano i codici interpretativi condivisi che consentano di cogliere, vedere, leggere e riconoscere l’ombra oscura che si sta allungando sulle nostre esistenze.
Questa mancanza travolge chi patisce e chi agisce, la vittima e il carnefice, la cultura tradizionale e la comunità che di quella cultura è depositaria e portatrice.
Dov’è il discrimine tra un atto di premura e un atto dominativo mirante al controllo sempre più stringente fino all’occupazione dello spazio vitale del destinatario, con annesso furto e distruzione della sua identità?
Anch’io devo uscire;
facciamo la stessa strada;
passo proprio davanti alla tua destinazione;
non mi costa niente.
La differenza sta nella gioia:
tra ricchezza del gioco erotico nel corteggiamento e nella seduzione e miseria dello sfregamento meccanico in una fessura inerme; tra reciprocità del dono e del godimento e solidarietà tra maschi; tra segreta complicità della coppia e lealtà verso il gruppo di appartenenza;tra relazione proiettata nel futuro e lotta tra bande per assicurare al proprio gruppo il primato dello stupro; pratica che tesse legami solidissimi all’interno della banda, ma scava un abisso incolmabile con l’alterità (etnica, religiosa, di genere, di specie, di pensiero), crea il vuoto assoluto intorno ad una formazione monolitica, granitica, blindata e refrattaria a qualunque sollecitazione esterna.
La differenza sta nella gioia di lasciar vivere, lasciar essere,lasciar andare, lasciar caderedalle sue gambe, lasciar pensare con la sua testa, lasciar decidere con la sua volontà; la differenza sta nella gioia di chi vive l’autorealizzazione come espansione di sé nella comunità e non come autoaffermazione sull’altro. Gioire della gioia dell’altro; partecipare ai suoi successi/fallimenti con discrezione e interventi mirati, minimali, sempre a domanda. L’incoraggiamento in un gesto; l’assenso in uno sguardo; l’intesa silente nel non detto. Riserbo nel seguire il suo modo di stare nel mondo e di andare per il mondo; resistenza alla tentazione di fornire aiuti preventivi non richiesti; astensione da interventi incauti; gioire insieme anche da lontano; vivere la felicità dell’altro e riconoscere il momento opportuno per fare un passo indietro.
Stiamo aspettando l’avvento dell’uomo nuovo.
Maria Dora Ferretti