E’ disponibile in tutte le librerie di Matera e Potenza il libro “Il grillo e la cometa” di Nino Giordano, Villani editore. Di seguito il prologo di Giovanni Caserta.
“Era un grillo stanco, malato e depresso”. Comincia così il lungo racconto o romanzo breve di Nino, alla anagrafe Eustachio Giordano. Era un grillo destinato ad una meschina e triste fine, se una provvidenziale cometa non l’avesse invitato a salire sulla sua coda, intraprendendo con lui una straordinaria avventura. È come una fiaba, che, tuttavia, attraverso gli occhi di rugby del grillo, non perde mai i contatti con la realtà, come i cavalieri ariosteschi sulle spalle dell’ippogrifo, o come l’aquilone con lungo filo al polso del bambino. Anzi, dalla realtà prende il via, per darsi a complesse riflessioni sugli uomini e la loro condizione.
È sempre facile trovare un grillo, pur saggio, ma stanco e pensoso delle sorti sue e dell’uomo, che, stretto tra le maglie delle leggi fisiche e materiali della vita, ne avverte la forza soffocante. Il grillo sa, però, che l’uomo mai avrebbe progredito, mai si sarebbe sciolto dalle catene dell’esistenza, e mai avrebbe affrontato il volo verso la libertà, se non avesse avuto in sé una energia negata agli altri esseri. Quella energia è il pensiero, capace di sciogliere le leggi darwiniane della vita, sì da andare al di là di esse, verso la metafisica. È la cometa, intesa come pensiero, a ridare fede e amore al grillo, immergendolo nella immensità dello spazio e nella straordinaria vita dell’universo, di cui, “piccolissimo insetto”, pur piccolissimo, è parte importante, tanto quanto la stella più grande.
Ci fu chi disse che la fiaba è tutto e tutto è fiaba. Non si dice nulla di diverso quando si dice che il pensiero è tutto e tutto è pensiero. Per gli stoici il Logos, il pensiero, appunto, è la mente che ordina e permea l’Universo; il Logos, per i cristiani, è il Verbum. “Ah!, il pensiero – scrive Nino Eustachio Giordano – Ah, quell’ineffabile distillato della mente che crea, che chiarifica, distrugge, annienta o riabilita, compone o si scompone, ama, odia, s’intenerisce, riflesso e specchio dell’anima con la quale si confonde. Che si avvicina e si allontana istantaneamente, o si espande su bande equatoriali come grandangolo… Non v’è attitudine più nobile e più sconvolgente del pensiero”. E gli piace citare, dalla Marcia di Radetzky, Joseph Roth: “I pensieri svolazzano come uccelli solitari attraverso nuvole vuote, senza stormo e senza traccia”.
Vola dunque la cometa, trascinandosi il grillo per mirabolanti avventure, splendidi paesaggi celesti, ma anche improvvise tormente, scoppi rapidi e assordanti di fuochi, tuoni, lampi o pioggia di meteoriti, che arrivano violenti, costringendo il grillo a riparare in una nicchia formatasi nel ghiaccio, sulla coda della cometa. Ardita è la cometa, come ardito è il pensiero, nel suo viaggio istintivo verso la fonte della vita, che è nel sole. Ma anche il sole può nuocere; la cometa declina per evitare che il suo corpo di ghiaccio si dissolva. E corre oltre il sole, con pericoloso azzardo. Ma è la sua crisi; abbandonarsi e perdersi dopo aver tanto sognato di congiungersi al sole, e tornare a vagare nell’infinito senza meta, senza certezze, non è tollerabile. Vuol forse significare che, se è vero che non si vive senza il pensiero, non ci si può, tuttavia, abbandonare all’impossibile.
Non si può volare nel vuoto, quando non ci sia l’aria, diceva Kant. Il cervello di Orlando, nell’Orlando Furioso, finì sulla luna, là dove finiscono tutte le insane illusioni del genere umano. Ci volle che Astolfo salisse sulla luna e raccogliesse il cervello di Orlando in una’mpolla, e glielo facesse aspirare. Se non si può vivere tra le catene, nemmeno si può vivere fuori del limite. Dopo avere provato l’ebbrezza del volo e l’inanità dell’inane, e il pericolo della eternità, noiosa e monotona, il grillo, che rappresenta pur sempre la saggezza tra gli uomini, delibera di fare il salto nella normalità della tranquilla accettazione del presente.
Vola la cometa, scivolando col suo corpo di ghiaccio. Scivola anche il racconto di Nino Eustachio Giordano, ignorando la distinzione in paragrafi e capitoli, spesso slittando sulla punteggiatura, con grande uso della coordinativa “e”, che è come pedana per il salto successivo. Il lettore non si accorge di essere giunto alla fine se non quando il grillo, come Pinocchio rivolgendosi al tonno che l’ha salvato, ringrazia la cometa, avendo, nell’occhio a palla di rugby, una lacrima di gratitudine per un viaggio nell’infinito, da cui ha imparato la serena accettazione del limite.