Ricostruire una storia come quella della “Casa Cava” è difficilissimo perchè questo luogo curato negli anni, grazie all’impegno di tanti uomini, alcuni dei quali non ci sono più, dell’associazione Onyx, significa compiere un salto temporale di almeno quindici anni. Più recente è invece la storia per certi versi nebulosa, degli ultimi tre. Per quanto mi riguarda, abbiamo commesso un errore quando nell’ambito di Visioni Urbane Basilicata, come associazione musicale (BluesOn) abbiamo condiviso, e quindi indicato e sostenuto il dettagliato progetto di gestione di un luogo di produzione culturale come la Casa Cava.
Casa CavaSì, un grosso errore. Perchè lungo il percorso che ci ha visti impegnati negli incontri, laboratori e seminari, durato quasi tre anni, tra Matera e Potenza, abbiamo avuto modo di condividere e conoscere diverse realtà e persone.
Un grosso errore perchè a Matera, in Basilicata, per la prima volta avevamo un progetto pronto, ambizioso e sostenibile. Un progetto che chi sa quanto è difficile “fare musica” in questa città dormigliona, prevedeva un auditorium, sale prove, una regia multimediale, mediateca, con tanto di camerini, bar-ristorante annessi e connessi per l’accoglienza dei turisti, dei musicisti, degli “allievi”… insomma un luogo che tra concerti, scuole di musica, laboratori ed attività varie, funzionasse 24 ore su 24 e diventasse il primo esempio di impresa culturale nella nostra realtà.
Utopia? No. Il progetto c’era. Il progetto c’è. Lo abbiamo condiviso, lo abbiamo sottoscritto, abbiamo detto alla Regione Basilicata: lo condividiamo in ogni sua parte. A patto che non sia solo “la casa del jazz” ma si apra alla musica, tutta. Ed i ragazzi dell’Onyx hanno detto che sì, occorreva aprirsi a quanti avessero bene in mente che i territori della produzione musicale in città dovevano contaminarsi ed aggregare quanti avessero la stessa visione e voglia di fare.
Il progetto visioni urbane fu dichiarato concluso nel maggio 2008. Venne a suggellare il patto De Filippo in persona. Ma da allora chissà perchè, abbiamo iniziato a tornare indietro:
Indietro, dopo i tanti passi avanti: la Casa Cava che diventava, la Casa del Jazz e poi finalmente la Casa della Musica. Ingenui che siamo stati a crederlo. A credere ad alcuni di VU, o a VU stessa. E’ stato un grosso errore. Sostenere un progetto di qualcuno, senza fare i conti con i Cannibali. Quelli che in questa, come in altre città, ti dicono di sì, sono pronti a condividere, ad apprezzare e far propri i tuoi progetti. Quelli che dormienti sino all’estate del 2009, con noi, non hanno percorso le strade di Visioni Urbane e che si sono svegliati solo alle parole del nostro presidente De Filippo (“ci sono i soldi, li diamo ai comuni così possono cantierizzare i progetti”).
Si sono svegliati i cannibali, ed hanno iniziato ad erudirci con le loro illuminazioni, a spostare le poltrone, a dire che no, non è solo un luogo per la musica, quei faretti devono illuminare altro genere di cose, dobbiamo “collaborare” e chi non è d’accordo con noi, allora è un “conservatore”, un retrogrado chiuso e malmostoso.
E noi siamo quelli che, in minoranza, non vogliono accettare nel gruppo quelli che hanno le idee migliori, gli artisti, che all’insegna dell’integrazione e della eterogeneità, vogliono buttare alle ortiche, un progetto lungo quindici anni, che riguarda un auditorium musicale, per farne un luogo, con la complicità di alcuni in Regione, un centro polifunzionale (che ai miei orecchi suona tanto da centro-sociale-dove-si-fa-un-po-quel-cavolo-che-ci-viene-in-testa). All’insegna del politicamente corretto, che alle soglie di una ri-candidatura, occorre metterci dentro quante-più-teste-possibili, che non si sà mai. Con buona pace del fatto che, metterci dentro di tutto e di più a progetto ormai concluso, e rifare laboratori di progettazione, ritornare indietro a ripensare spazi e gestione, si perde tempo, altro denaro… ed entusiasmo.
Quante belle speranze agli inizi. Deluse e temo, tradite.
E a me l’entusiasmo è passato da tempo. Agli incontri non ci sono più andato. Che dovevo ascoltare le farneticazioni artistico-archeologiche di chi non sai che fa, che vuole, chi è, dove vuole andare? L’identità di luogo che suona che la casa della musica andava assumendo, è già persa. Questo è quanto, alla fine di novembre, scriveva Michele Morelli, ma al solito tutto è passato sotto silenzio. E i cannibali per una volta, non sono i nostri politici. Mi chiedo, quando cambieremo? Quando impareremo che aprire a tutto e a tutti indiscriminatamente solo per essere politicamente corretti (a meno che non ci siano altre ragioni a me ignote) è la morte dei progetti sani, sostenibili, ambiziosi e realizzabili?
Parteciperò al bando che dovrà pur essere pubblico. E parteciperò con l’Onyx. E, i compagni di viaggio, li scegliamo noi.