“La performance dal carcere di Terni dei tre detenuti campani appartenenti ad un clan camorristico che, da cantanti neomelodici, hanno trasmesso sulla piattaforma TikTok riprova che la cella del carcere è sempre più la location preferita per fare “spettacolo”. Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.P.P. ricordando i numerosi casi scoperti solo quest’anno, tra i quali nel mese di luglio scorso il video sempre su TikTok girato a Poggioreale-Napoli con detenuti che mangiano un gelato e mostrano uno spinello. Sui social c’è un’ampia possibilità di scegliere cosa vedere, secondo vere e proprie sezioni di scelta, tra “carcerati che fanno i TikTok”, “video dei carcerati”, “detenuti in carcere fanno video” e persino “diretta dal carcere”. Qualcuno che manifesta sorpresa – aggiunge – ha già dimenticato i filmati di detenuti- neomelodici da Poggioreale; i video realizzati dal capo clan pugliese agli arresti domiciliari che con musica neomelodica di sottofondo, in compagnia di altre persone, ha ostentato ingenti quantitativi di denaro in contanti; il “noto” videoclip del rap “Baby Gang” girato a San Vittore, per fermarci ai casi più conosciuti di spettacoli offerti al pubblico. La detenzione in cella è dunque diventata soggetto preferito per usare i social, e per girare persino video-musicali. Un fenomeno che ha assunto da qualche tempo l’effetto emulazione specie tra i giovani detenuti, secondo una convinzione molto diffusa di restare impuniti. Finalmente però lo spettacolo dal carcere può essere interrotto con una condanna esemplare come è accaduto ad ottobre scorso nei confronti del detenuto di Secondigliano-Napoli sorpreso con il telefonino e condannato a 13 mesi di reclusione con rito abbreviato”. “Ma ciò che più ci sconcerta – continua Di Giacomo – è che solo in queste occasioni i media scoprono l’acqua calda e cioè che nelle carceri sono diffusi i telefonini anche quelli più tecnologici finiti persino nelle mani dei giovanissimi oltre che di boss, capo clan ed affiliati che hanno facile accesso ai social. Mettiamoci semplicemente nei panni di chi ha subito l’uccisione di una figlia, una violenza, una rapina che assiste allo spettacolo per rendersi conto del sentimento di forte indignazione e più che legittima rabbia che serpeggia. Ma attenzione: se per i giovanissimi è “tendenza”, come sostengono magistrati anti mafia in trincea nella lotta alle mafie, l’uso dei social è invece dimostrazione di potere e contiene persino messaggi di comando inviati all’esterno. Noi lo stiamo denunciando da tempo: dalle carceri l’uso disinvolto del telefonino non deve essere consentito per sbeffeggiare le famiglie delle vittime e, contemporaneamente, lo Stato”. E’ il segno più degradante del “buonismo” diffuso nei confronti dei detenuti ai quali è concesso persino di divertirsi con video-sceneggiate, video di musica rap e filmati sui social. Nelle carceri l’uso disinvolto del telefonino non deve essere consentito per sbeffeggiare le famiglie delle vittime e, contemporaneamente, lo Stato”.