Basilio Gavazzeni: “Sul gioco d’azzardo un Decreto regressivo”. Di seguito la nota integrale.
Grande allerta fra gli uomini e le donne anti-azzardo davanti al diluviare del fenomeno e a un discutibile schema di Decreto legislativo in via di approvazione che lo favorirebbe, mentre gli italiani continuano a impoverirsi. I Monopoli, in ritardo, comunicano che nel 2022 sono state registrate giocate pari a 136 miliardi, mentre è già noto che nel 2023 sono balzate a 150 miliardi, con uno sperpero di tempo “biologico” pari a 140 milioni di ore lavorative. Dall’analisi dei dati del 2022 viene fuori che l’azzardo nelle sale che sembrava superato da quello in postazione a distanza con smartphone tablet o computer, è addirittura cresciuto del 48,5 per cento rispetto a quello del 2020. In realtà di giorno si gioca in sala, la notte si prosegue sul web, che ormai annovera più di 5 milioni di giocatori. I due azzardi si potenziano l’un l’altro, osserva Maurizio Fiasco, «grazie a una comune risorsa: la dipendenza patologica sempre più diffusa nella popolazione giocatrice». L’autorevole sociologo rileva un’analogia con il tabagismo. Il fumo che aveva perduto terreno fra il 2003 e il 2021, calando del 24 per cento, ha ripreso a correre grazie alle sigarette elettroniche. Il fumatore lascia il tabacco che brucia per quello che è “solo” portato a forti temperature, ma non brucia. Poi il fumatore, rassicurato dalle sigarette “hi-tech”, ritorna a quelle in pacchetto. Nonostante le grandinate dell’azzardo, il 19 dicembre 2023, il Consiglio dei Ministri ha divulgato lo schema del Decreto legislativo «Riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza» che, in sostanza, esautora l’Osservatorio del Ministero della Salute per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. È una svolta clamorosa. Si torna indietro, al 2012, quando la politica della salute sul gioco d’azzardo era appannaggio del MEF e dei Monopoli, assurdità cancellata nel 2016 quando, invece, giustamente subentrò il Ministero della Salute. Maurizio Fiasco denuncia la regressione . Lo schema riaffida la partita contro l’azzardo al MEF e ai Monopoli. Così apre alla rappresentanza dei concessionari e dei gestori dei giochi d’azzardo; rilancia il lemma “ludopatia” improprio e insidioso al posto della veritiera locuzione “disturbo del gioco d’azzardo”; scompone la normativa in due decreti legislativi, quello dei giochi online e quello dei giochi in sala; avanza l’impostura della “promozione del gioco responsabile”. Si dovrebbe, invece, prima di tutto, provvedere alla salvaguardia della salute in senso lato del cittadino; poi prevenire le insidie delle entità criminali; e curare l’interesse fiscale dello Stato che è irrisorio; infine concedere l’attività di impresa nel settore del gioco legale solo a chi rispetta i punti precedenti. Contro simile schema legislativo bisogna scendere in campo. Il quotidiano “Avvenire” ha iniziato le ostilità. La Consulta nazionale delle Fondazioni Antiusura e i referenti nazionali della campagna “Mettiamoci in gioco” stanno approntando un comunicato di peso. Questo schema di Decreto va rigettato.
Benedizioni da discutere?
Leggo e rileggo la Dichiarazione “Fiducia supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni che è stata pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede il 18 dicembre 2023, dopo essere stata approvata dal papa. Provo a compendiare il sugo del documento, frutto di una elaborazione rigorosissima. Affermata l’assoluta distinzione della benedizione nunziale da qualsiasi altra benedizione (I) , spiegato il senso delle altre benedizioni – che sono sacramentali, non sacramenti – sia liturgiche sia extra-liturgiche, rifacendosi con larghezza alle benedizioni delle Sacre Scritture (II), la Dichiarazione mette a tema «le benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso » (III). In questi casi, «si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio “status”, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo». Il paragrafo procede esplicitandone il significato e come la Chiesa, madre e maestra, ne riconosca la necessità. Non sono benedizioni inserite in riti liturgici, non trovano posto nel “Benedizionale”, non hanno bisogno di un rituale specifico. Informali, sono affidate al discernimento e alla prudenza dei «ministri ordinati a tal proposito». Costoro non le impartiranno «contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio». Il documento conclude sottolineando che la Chiesa è il sacramento dell’amore infinito di Dio (IV). Chi è uso a contrapporre papa Benedetto XVI a papa Francesco si imbatte davanti a una citazione proprio del primo riassuntiva del documento: «Come Maria, la Chiesa è mediatrice della benedizione di Dio per il mondo: la riceve accogliendo Gesù e la trasmette portando Gesù. È Lui la misericordia e la pace che il mondo da sé non può darsi e di cui ha bisogno sempre, come e più del pane». Chi, credente o laico, non accetta questa visione, si interroghi se non si impanchi a fariseo. Si obietta: la gente non capisce… si crea confusione… così si svuotano le chiese… Benedetto Iddio, vogliamo proibire a Dio di essere Dio, cioè Misericordia come Lui sa?
Peccati di gola
Una nutrizionista mi riferisce della catechesi svolta dal papa sul vizio della gola. Le racconto che, nell’infanzia, la mia generazione di “boomer”, alla bussola del confessionale, si accusava regolarmente di aver peccato di gola. Di quali golosità era punteggiata la vita di una famiglia media come la mia, sei figli e il solo stipendio di un operaio metallurgico? Il mattino, ai bambini mezzo cucchiaio di zucchero nella zuppetta di pane e latte. Mai una torta sulla tavola. Inesistenti il miele e la marmellata. Come frutta di tanto in tanto qualche mela condivisa. Arance e mandarini comparivano fra i doni il giorno di santa Lucia e sotto l’albero di Natale. Il pranzo natalizio non corrispondeva alla “crapula cristiana” di cui aveva favellato con disprezzo Gabriele D’Annunzio. Sconosciuti gli antipasti, tuttavia tortellini in brodo, lesso di manzo accompagnato dalla mostarda di Cremona. la pietanza preferita da mio padre, alla fine fette di panettone Motta o Alemagna e noci, mandorle e nocciole, vero banco di prova per le dentature dei piccoli. D’inverno, quando nevicava, una invocata ghiottoneria era la minestra di castagne secche. La domenica pomeriggio, con la mancia di 30 lire – sono gli anni ’52, ’53, ’54 – io potevo assicurarmi un bel bastoncino di liquirizia e poche caramelle Mou. La domenica sera, spartivamo equamente noccioline americane e biscotti venduti sfusi sottobanco da un privato, che avevano la forma di cagnolini, coniglietti, gallinelle, cavallucci, orsetti, etc. Suprema delizia la rosetta che talora, a merenda, di nascosto. mia madre osava farcirmi di zucchero e burro. Oh i peccati di gola anni Cinquanta! La catechesi del papa non è contro il cibo e la gioia della tavola. È per l’instaurazione del giusto rapporto col cibo. Denuncia gli squilibri e le patologie fisiche e psichiche ingenerate dall’alimentazione smodata. “Gastrimargia”, cioè follia del ventre, era definito dai Padri della Chiesa il vizio della gola. Oggi, divenuti “consumatori”, straripando con la voracità sui beni del pianeta lo stiamo uccidendo. Il papa ricorda che siamo fatti per essere uomini e donne eucaristici, «capaci di ringraziamento, discreti nell’uso della terra», non per essere predatori.
Basilio Gavazzeni