Vincenzo Maida (Centro studi Jonico Drus): “I borghi lucani abbandonati e gli ecomusei”. Di seguito la nota integrale.
Come trasformare tutti i dati negativi sull’abbandono della “provincia italiana” in una incredibile risorsa.
Non passa giorno senza che qualcuno sciorini tutti i dati negativi relativi all’abbandono dei piccoli borghi della provincia italiana, alla scomparsa delle piccole attività artigianali, alla fine del commercio ai limiti del baratto su cui una volta si fondava lo scambio e la vita delle comunità.
A tutto questo si aggiungono i provvedimenti europei con gli incentivi a non coltivare più i terreni e che sono, tra l’altro, oggetto delle contestazioni di questi giorni da parte degli agricoltori.
Eppure molto si potrebbe fare a costi davvero contenuti, ma che avrebbe un forte impatto sia dal punto di vista culturale che economico, turistico e di sviluppo.
Anziché crogiolarsi con il fanatismo del cambiamento climatico e della sostenibilità ambientale, la tutela del territorio da parte delle singole comunità, insieme alla valorizzazione delle specificità locali, potrebbero costituire i tratti fondativi per un progetto normativo teso a creare le condizioni per un patto con il quale le comunità locali si prendono cura di un territorio.
Il modello Ecomuseale andrebbe a connotarsi come una realtà orientata a favorire: a) il recupero edilizio di borghi abbandonati o in via di spopolamento; b) lo sviluppo sostenibile del territorio, attraverso la valorizzazione e la messa in rete delle dinamiche culturali locali; c) la creazione di sinergie con il settore turistico; d) l’attenzione all’ambiente e la promozione delle logiche della sostenibilità.
L’Ecomuseo potrebbe essere un luogo di comunità avente la forma dei musei permanenti, mirante a studiare, conservare e promuovere l’identità collettiva e il patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico locale.
L’intera azione dovrebbe ruotare intorno a tali idee, arricchendole con stimoli ulteriori per ripristinare l’artigianato locale, le tradizioni, le ristrutturazioni dei centri storici.
Storia, tradizioni, cultura, agricoltura, turismo, spettacolo dovrebbero rappresentare il volano per rivitalizzare la provincia italiana.
Tale idea potrebbero essere implementata con altre iniziative di alto spessore culturale come quella dell’Agro-Archeologia di cui è stato, “paradossalmente”, pioniere in Italia, a Metaponto, l’ultima dimora di Pitagora, lo studioso americano Joseph Coleman Carter, cugino dell’ex-presidente degli Stati Uniti d’America, che ha sperimentato, tra l’altro, la riproposizione dei vitigni del VI, VII secolo a.C. dopo il ritrovamento dei chicchi di uva di quell’epoca.
Ogni paese d’Italia ha un centro storico con storie, personaggi più o meno noti, vicende da raccontare, possiede bellezze naturalistiche da mettere in rete, una tradizione culinaria da riproporre, anche per i dialetti che sono una risorsa unica.
I fondi del PNRR, oggi diluiti in migliaia di progetti senza una logica, potrebbero essere una risorsa, ci auguriamo di non dire un giorno che “potevano”.