La cooperazione Italia-Africa – che vede proprio quest’anno la Camera ItalAfrica Centrale, presieduta dall’ing. Alfredo Carmine Cestari compiere vent’anni di vita – è ad una svolta storica. La nuova settimana ha un appuntamento importante: la Conferenza Italia-Africa che si terrà i prossimi 28 e 29 gennaio a Palazzo Madama. Al vertice parteciperanno una ventina di capi di stato africani e decine di ministri degli esteri oltre ai ministri del governo italiano interessati al Piano Mattei. In continuità, la Camera ItalAfrica Centrale con l’Associazione I Sud del Mondo ETS ha promosso, sempre a Roma, per il 30 gennaio il convegno dal tema “Il Piano Mattei – Sud polo magnetico Occasioni di resilienza e investimenti Italiani in Africa nel settore Pubblico e Privato”. Un confronto aperto e costruttivo attraverso un panel selezionato di relatori, altamente qualificati, identificati tra rappresentanti istituzionali di livello nazionale competenti in materia politica, economica e sociale, oltre che operatori di settore ed esponenti di società, aziende, gruppi industriali leader e Rappresentanti dei Paesi africani per una riflessione su una collaborazione internazionale che si inserisce nel più ampio ambito della strategia italiana. Tre le sessioni previste: Sessione I – L’impegno delle istituzioni sul piano Mattei. Cooperazione Italia-Africa; Sessione II – Impresa- Associazioni – Università; Sessione III – Gli Enti e l’Internazionalizzazione. Annunciate la presenza di ambasciatori di Angola, Repubblica Democratica del Congo, Zambia e rappresentanti diplomatici di altri Paesi Africani e tra i rappresentanti di Governo Edmondo Cirielli Viceministro Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale con delega per l’Africa. Conclusioni affidate a Gilberto Pichetto Fratin Ministro dell’Ambiente e delle Sicurezza Energetica.
Alfredo Carmine Cestari, presidente Camera ItalAfrica Centrale, spiega gli obiettivi con al centro i temi: l’internazionalizzazione delle imprese italiane e lo scambio con il continente africano; il ruolo del Mezzogiorno visto come polo attrattivo; le ZES da valorizzare come distretti economici. Una strategia di sostegno del Piano Mattei.
“Il Piano Mattei, con la cabina di regia e la governance decisa dal Governo e dopo la Conferenza Italia-Africa – dice Cestari – ci vede protagonisti in continuità con la storia di attività della Camera ItalAfrica Centrale che proprio quest’anno celebra il suo ventennale. L’Africa non ha bisogno di elemosina, ma di qualcosa di diverso: la possibilità di competere su un campo da gioco che sia equo. Dobbiamo aiutare questo continente a prosperare basandosi sulle sue risorse per l’avvio di una svolta storica nella cooperazione Italia-Africa. A prevalere è quanto auspichiamo da tempo con il nostro impegno diretto nei Paesi Africani: un aiuto reciproco, da pari a pari. Si tratta di perseguire l’obiettivo di Enrico Mattei oltre la semplice pianificazione di interventi. Ragionare sull’Africa come partner, piuttosto che come continente verso il quale destinare un aiuto che rischierebbe di essere effimero, significa scorgere un futuro decisamente più concreto. Perché se è vero che l’instabilità socio-politica prosegue in numerosi Stati, un programma chiaro di investimento e conseguente sviluppo potrebbe contribuire a smorzare persino le criticità interne. Specie se questo fosse basato sul concetto base dell’economia: disporre risorse per generare crescita. E soprattutto un interscambio. Se l’era proposto il progetto Sud Polo Magnetico, della Camera di Commercio ItalAfrica Centrale, e – aggiunge Cestari – continua a proporlo attraverso una strategia di sviluppo che ben si attaglia alle aspirazione del Piano Mattei. Chiaramente non si può intervenire su tutti e cinquantaquattro gli Stati. Noi proponiamo che si scelgano alcuni Paesi-target e di intervenire dove le imprese italiane stanno già investendo, ossia soprattutto nell’Africa sub-sahariana, da dove peraltro provengono i flussi migratori. Questo piano deve integrare due possibili soluzioni, mirate in primis all’intervento nei Paesi di origine delle migrazioni. Intervenendo su numero limitato di territori, i risultati sarebbero più visibili e concreti, evitando così piccoli interventi a pioggia. Mozambico, Burundi, Ruanda, Uganda, Gabon, i due Congo, Camerun e Angola dovranno essere presi come primo riferimento per avviare la cooperazione. Andare nei luoghi da dove partono i flussi per arginare l’emergenza immigrazione. E’ la nostra proposta. Guinea, Costa d’Avorio, Sudan, Kenya, Etiopia, Repubblica democratica del Congo sono i principali Paesi di provenienza di chi cerca fortuna in Europa. Quasi 114mila sbarchi nel 2023 (fino a fine agosto). Gli arrivi più numerosi da giorni sono da Guinea (15.138 sbarcati nel 2023), seguita da Costa d’Avorio (14.282), Tunisia (11.694) ed Egitto (8.422). Il nostro compito è dunque quello di avviare una vera e propria rivoluzione culturale, di far capire alle popolazioni di quei territori che esiste un’alternativa possibile. Che si possono avviare, nei loro Paesi, progetti volti a migliorare la qualità di vita e, perché no, di creare lavoro. Penso che questa sia in generale la strada maestra per arrestare i flussi migratori, per dare alle persone una speranza vera. L’Europa è su questo che deve impegnarsi. Ora. L’Unione europea, nel quinquennio che va dal 2021 al 2026, ha stanziato centinaia di milioni di euro per i Paesi più a rischio con programmi bilaterali. Si tratta di fondi che – afferma il Presidente ItalAfrica – vanno dal mezzo miliardo di euro in su. Con una buona ed efficiente programmazione, anno dopo anno, basterebbe intervenire sulle opere primarie per dare dignità alle popolazioni che vivono in particolare nell’entroterra. Costruire infrastrutture, ospedali e scuole, dare energia e acqua potabile sarebbe un deterrente importante. Certo, i flussi non si fermerebbero subito, ma, con azioni mirate, una diminuzione graduale sarebbe possibile. Anzi, direi, sicura. L’Europa deve creare insomma un meccanismo che possa anche controllare e magari sovrintendere ai lavori che si decide di effettuare. Poi, gli aiuti possono anche essere aumentati in base all’aumento o meno dei flussi migratori provenienti da un determinato territorio. Il problema non è questo, il problema è che quei fondi non vengano gettati al vento”.