Il materano Nunzio Lionetti, esperto di scienze e tecnologie applicate, in una nota lancia l’allarme per il Terzo Settore tenuto conto che rischia di saltare la riforma dell’Iva. Di seguito la nota integrale.
Rischia di saltare la riforma dell’Iva per il Terzo settore. Apprendiamo con molta preoccupazione che la norma che avrebbe previsto lo slittamento dell’entrata in vigore del regime Iva per il Terzo settore al 1° gennaio 2025 rischia di non essere approvata all’interno del decreto Milleproroghe. Sarebbe davvero grave l’applicazione dell’IVA su migliaia di piccole associazioni nel nostro Paese. Gli oneri burocratici e amministrativi per il Terzo settore sarebbero davvero pesanti. Oggi il rischio è di penalizzare, senza alcuna motivazione adeguata, proprio le migliori realtà del nostro Paese.
Il che vuol dire che anche gli enti più piccoli dovranno dotarsi di contabilità per la partita Iva con un aggravio burocratico e amministrativo.
Le associazioni di volontariato non possono essere trattate fiscalmente come le società a scopo di lucro, non possono né devono essere penalizzate con adempimenti burocratici gravosi.
Il Terzo settore è rappresentato da una miriade di realtà associative. Tanto che lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella, all’inaugurazione di Trento capitale del volontariato, ha ricordato quanto fosse «preziosa» questa risorsa per l’Italia e per l’Europa, riconosciuta anche dalla Costituzione.
In base all’ultimo aggiornamento Istat del Censimento permanente delle istituzioni non profit (31 dicembre 2020) in Italia le organizzazioni sono più di 360mila. Anche dal punto di vista economico, il Terzo settore è tutt’altro che marginale. Infatti, rappresenta la quarta economia nel sistema italiano, ha un valore economico pari a 80 miliardi di euro e contribuisce al 5% del Pil nazionale. A livello di risorse umane e di occupazione, sono sette milioni i volontari coinvolti (di cui 4,5 milioni assidui) e 14 milioni i lavoratori retribuiti. Inoltre, gli Ets lavorano per soddisfare le necessità di più di 1/3 della popolazione italiana (ricerca realizzata da Srm di Intesa San Paolo). Infatti, il Terzo settore produce e fornisce beni e servizi per la collettività che spesso non sarebbero disponibili per tutti, agendo su molteplici dimensioni della vita sociale.
Come detto, a dominare sono le realtà piccole, che sarebbero danneggiate da nuovi aggravi per l’Iva. In Basilicata, poi, con lo spopolamento generale, tutto è destinato a chiudere, se ci sono situazioni di difficoltà. Dal punto di vista economico, il Terzo settore è l’ultima possibilità di partecipazione e solidarietà sociale contro brutti interessi verticistici. Ormai siamo abituati ad una politica a “gambero”, un passo avanti e due indietro. Ma questa politica deve finire. Lo stesso accade per le scorie in Basilicata, dopo tante lotte il centro destra ha riportato il progetto di destinazione in Basilicata, dicono come ipotesi. Senza porsi il problema che tutto il turismo nato da Matera 2019 potrebbe andare in frantumi. Stesso discorso per l’agricoltura: i nostri agricoltori stritolati dagli interessi delle multinazionali non riescono a stare dietro i costi di gestione e a difendere il Made in Italy, fatto di qualità, competenze e tradizione. Si sono spesi soldi inutilmente (che paghiamo tutti) per investimenti per poi perderli con danni all’immagine, al turismo e alla vita stessa delle imprese. Ovvio che ciò accada se le decisioni non sono partecipate e spunta all’orizzonte l’interesse di chi a Roma ha già decretato la fine della Basilicata. Il centro destra è l’artefice, il centro sinistra è complice per una forma di ripiegamento e implosione di poteri personali frammentati e indifferenti alla realtà. Invece occorre voler bene alla realtà, allontanare conflitti di interesse, per ribadire la necessità di un “passo” diverso da dare al governo regionale.