Legambiente: “Immaginare la Basilicata come un hub delle rinnovabili e non un hub delle fossili è una prospettiva concreta e conveniente, in grado di creare lavoro e benefici, anche a breve termine, per i territori”. Di seguito la nota integrale.
In Italia strada tutta in salita per i grandi impianti a fonti rinnovabili “schiacciati” da ritardi, lungaggini autorizzative, contenziosi e da una normativa troppo vecchia e inadeguata ferma al 2010. Non se la passano bene neanche le comunità energetiche, nonostante i primi segnali positivi arrivati con il Decreto CER a cui si è aggiunto proprio in questi giorni il Decreto sulle regole attuative, chiudendo finalmente il cerchio. A fare il punto è Legambiente con due nuovi report presentati a Rimini alla fiera K.EY 2024: “Scacco Matto alle rinnovabili 2024” – con dati al 2023 e l’aggiornamento della mappa dei casi simbolo dei blocchi agli impianti – e “Le Comunità energetiche rinnovabili in Italia”, quest’ultimo realizzato in collaborazione con il GSE e presentato nell’ambito della campagna “BeCome – Dai borghi alle comunità energetiche”, creata da Legambiente in collaborazione con Kyoto Club e AzzeroCO2. Comune denominatore dei due report: una crescita troppo lenta delle fonti pulite, delle CER e troppi progetti in lista d’attesa.
I dati parlano da soli: nel 2023 nella Penisola sono stati registrati appena 5.677 MW totali di nuove installazioni (stando agli ultimi dati di Terna). Parliamo di una crescita lenta rispetto a quelli che dovrebbero essere i numeri di installazione annuale per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030, ossia 90 GW di nuove installazioni, pari quasi 13 GW di nuova potenza annuale dal 2024 al 2030. Preoccupa anche la scarsità dei grandi impianti realizzati nel 2023: infatti, secondo i dati di Elettricità Futura, dei 487 MW di eolico, l’85% degli impianti ha una taglia superiore ai 10 MW, ma dei 5.234 MW di fotovoltaico, il 38% degli impianti ha una potenza inferiore ai 12 kW, e il 78% è sotto 1 MW. Numeri troppo bassi, denuncia Legambiente, per affrontare la decarbonizzazione del sistema elettrico e dei sistemi produttivi del Paese.
Per quanto riguarda i progetti a fonti rinnovabili in lista d’attesa, al 17 gennaio 2024 sono 1.376 quelli ancora in fase di valutazione, un dato che dà l’idea di un grande fermento da parte delle imprese, ma che non trova ad oggi riscontro nelle autorizzazioni rilasciate, vista la lentezza legata alle procedure.
Salgano a 63 i casi simbolo di blocchi alle rinnovabili mappati da Legambiente, di questi 20 sono le nuove storie riportate nel report 2024. Due i nuovi casi simbolo descritti per la Basilicata. Il primo riguarda i limiti alle rinnovabili che la Regione Basilicata vuole imporre anche nelle aree industriali. Infatti, la giunta regionale ha approvato recentemente un nuovo disciplinare finalizzato ad impedire che gli impianti a fonti rinnovabili sottraggano spazio a nuove industrie con la motivazione che nelle aree industriali in crisi la realizzazione degli impianti per la produzione di energia pulita sottrarrebbe spazi utili a investimenti che creano lavoro. Questa, in sintesi, la motivazione che ha portato la Basilicata ad adottare nuove regole sui progetti a fonti rinnovabili nelle zone industriali, con particolare riferimento alle aree in crisi. Dimenticando non solo che una politica energetica a fonti pulite genererebbe posti di lavoro, ma anche che l’energia prodotta sarebbe utile a queste imprese per ridurre i costi in bolletta.
Una posizione, quella della Regione, che richiama alla memoria quella assunta nel 2021 attraverso la Legge Regionale n. 30 che modificava in senso restrittivo alcune prescrizioni tecniche contenute nel Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale (PIEAR) del 2010 e che fu ritenuta inidonea dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza del maggio 202, giudicò i requisiti individuati dalla Regione vincolanti in astratto. O ricorda, ancora, la simil moratoria del 2021 della Sovrintendenza della Basilicata attuata tramite un vincolo paesaggistico di 10 km intorno al sito del Castello di Monteserico a Genzano di Lucania, con esplicita preclusione alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, bloccando così l’iter autorizzativo di decine dei progetti nel comune di Genzano, alcuni dei quali avviati addirittura precedentemente all’istituzione del vincolo. Vincolo che è stato oggetto di importanti studi anche da parte di noti esperti paesaggisti italiani, i quali hanno più volte sottolineato la sproporzione dell’areale interessato dal vincolo. Con diverse sentenze, il TAR della Basilicata ha dichiarato illegittima la preclusione alla realizzazione degli impianti da fonti rinnovabili prevista dal provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico. Nonostante ciò, il Comune di Genzano continua a esprimere parere negativo per ogni iniziativa che viene presentata sul proprio territorio. La Regione, dal canto suo, non chiude gli iter autorizzativi e non dichiara la pubblica utilità, l’indifferibilità e l’urgenza dei progetti per fonti rinnovabili. Questa situazione ha avuto un contrappasso. Nel dicembre 2023, il MASE ha pubblicato, sul proprio sito istituzionale, l’elenco delle Aree Idonee dove realizzare il Deposito Nazionale di Superficie dei rifiuti radioattivi. Dei 51 siti idonei sull’intero territorio nazionale, ben 5 ricadono nel comune di Genzano di Lucania. Uno di questi (denominato “PZ-9”) si sovrappone proprio all’area del progetto agrivoltaico proposto dalla società Renantis. Se oggi questo progetto – e altri insistenti sul medesimo Comune – fosse già autorizzato, su quell’area sarebbe apposto un vincolo di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza per la realizzazione di impianti di rinnovabili e nessun Deposito Nazionale di rifiuti radioattivi, pur costituendo opera di pubblica utilità, potrebbe essere autorizzato in quanto il progetto agrivoltaico avrebbe la precedenza.
Il secondo caso descritto nel report riguarda il progetto Parco Eolico Off-Shore Ionio, composto da 28 aerogeneratori di potenza unitaria pari a 15 MW, per una potenza complessiva di 420 MW, proposto nelle acque del Mar Ionio, tra la Regione Basilicata e la Regione Puglia, che ha cominciato a scatenare disappunti e proteste l’estate scorsa, anche se si trova solo nella fase di studio preliminare di impatto ambientale. Una posizione ideologica che rischia non solo di condizionare una valutazione di merito del progetto, ma anche di trascinarlo in inutili opposizioni locali che impedirebbero ragionamenti anche ed eventualmente migliorativi del progetto stesso. Un progetto che di fatto si trova ancora in una fase preliminare dovrebbe essere prima studiato, magari anche bocciato se del tutto sbagliato, ma merita un iter di valutazione serena e un’ampia discussione pubblica.
Sul fronte Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), ad oggi sono solo 154 le forme di energia condivisa realizzate in Italia, tra comunità energetiche rinnovabili e configurazioni di autoconsumo collettivo. Numeri importanti, considerando i ritardi burocratici e normativi, ma che avrebbero potuto essere molto più alti, ossia almeno 400.
La Basilicata segna un “non pervenuta”nella mappatura nazionale delle CER. E la situazione di certo non cambierà nemmeno con il bando emanato dalla Regione Basilicata nel novembre 2023 a favore dei comuni lucani per la promozione della costituzione di CER. Al massimo il bando servirà a finanziare progetti di fattibilità ma non farà nascere nessuna CER. Legambiente Basilicata invece nei prossimi mesi avvierà concretamente due Comunità Energetiche Rinnovabili Sociali e Solidali ad Anzi e a Potenza.
“Puntare sui piccoli impianti e le Comunità Energetiche Rinnovabili è fondamentale – sostiene Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – ma anche i grandi impianti di rinnovabili vanno fatti subito e bene. Serve con urgenza potenziare il personale degli uffici regionali che rilasciano le autorizzazioni, un riordino delle normative, un aggiornamento e un adeguamento rispetto alla sfida energetica, climatica e sociale e uno snellimento delle autorizzazioni. E’ fondamentale la partecipazione e il confronto con i territori che sono i veri protagonisti di un sistema distribuito e diffuso e per questo non possono essere lasciati fuori”.