Nel 2023 in Basilicata complessivamente sono state convalidate 240 dimissioni dal lavoro. Un trend in crescita costante rispetto agli anni precedenti, con l’eccezione del triennio successivo alla pandemia, nel quale, grazie a misure specifiche che hanno portato al blocco dei licenziamenti e a forme di organizzazione del lavoro che hanno permesso di lavorare da remoto, si è verificata una contrazione del numero di dimissioni.
E’ il principale dato emerso dalla presentazione alla stampa della “Relazione annuale per il 2023 delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e lavoratori padri in Basilicata”. Il rapporto è presentato annualmente dall’Ufficio della consigliera regionale di parità insieme all’Ispettorato territoriale del Lavoro di Potenza e Matera che provvede a redigerlo.
Il rapporto numerico delle convalide mostra una maggiore incidenza nella provincia di Potenza: 157 rispetto alle 83 della provincia di Matera, che segna un netto incremento rispetto agli anni precedenti (19 convalide in più rispetto al 2022). Per il 2023, come negli anni precedenti, la quasi totalità dei provvedimenti di convalida delle dimissioni rilasciate dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Potenza e Matera ha riguardato le donne lavoratrici. Dei 157 provvedimenti di convalida adottati nella sede di Potenza, 127 si riferiscono alle donne e solo 30 sono stati emessi su richiesta dei lavoratori padri. Per la sede di Matera su 83 convalide si sono registrati solo 12 provvedimenti per gli uomini e 71 per le lavoratrici. “Ancora una volta – ha dichiarato il direttore regionale dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Potenza e Matera, Michele Lorusso – emerge il dato della genitorialità quale elemento differenziale delle tutele nei rapporti di lavoro. Se il ricorso allo smart working, alle call e ai collegamenti online nel periodo Covid hanno consentito di armonizzare le esigenze lavorative con quelle familiari, l’analisi dei dati forniti dagli uffici territoriali dei due capoluoghi conferma che con il ritorno alla normalità sono riemerse le difficoltà per le donne lucane a conciliare il lavoro con la maternità. Per quanto attiene alle causali delle dimissioni – ha continuato Lorusso – si deve registrare una diversità di motivazioni che conducono alla interruzione dei rapporti di lavoro tra uomini e donne. Nella maggior parte dei casi i lavoratori, a Matera il 100 per cento, giustificano le dimissioni per il “passaggio ad altra azienda”. Diverse le motivazioni delle lavoratrici, per le quali (dato assolutamente costante negli anni) la “mancanza di parenti di supporto” per la cura della famiglia rappresenta la principale causa di dimissioni”.
I provvedimenti di convalida adottati sono rivolti prevalentemente a lavoratori e lavoratrici di nazionalità italiana. Per ciò che attiene ad età e numero di figli dei genitori dimissionari il rapporto rileva come si sia molto alzata l’età in cui si diventa genitori, anche per la prima volta. Forse anche per questa ragione già con la prima gravidanza diventa difficile conciliare vita privata e lavoro.
Relativamente ai settori lavorativi e alle qualifiche professionali dei genitori dimissionari emerge il dato relativo all’incremento dell’impiego delle lavoratrici nel settore edilizio con qualifiche impiegatizie, ugualmente ripartito tra donne e uomini.
“Il rapporto – ha dichiarato la Consigliera regionale di parità, Ivana Pipponzi – fa emergere in tutta la sua crudezza la portata del divario di genere in Basilicata anche per quanto riguarda l’occupazione. Mentre le dimissioni per i lavoratori aprono le porte a una nuova opportunità, di contro tante lavoratrici neo mamme sono costrette a dimettersi perché non riescono a conciliare i tempi di vita con i tempi del lavoro. Le soluzioni, dunque, risiedono in nuove politiche di welfare ma soprattutto in quel cambio di mentalità per il quale anche i neo papà debbano sentirsi responsabilizzati a condividere l’accudimento del bambino nei primi mesi di vita. La legislazione italiana dovrebbe allungare il congedo di paternità; nel nostro Paese i giorni di astensione obbligatoria sono pari a dieci a fronte dei 150 di altre nazioni europee. Altro nodo cruciale gli asili nido. Assenti nei piccoli paesi o troppo cari nei centri più grandi. Mi rivolgo, perciò, alle aziende pubbliche più grandi, in particolare alla Regione Basilicata e all’Azienda ospedaliera, dove è più alta la concentrazione di lavoratori e lavoratrici, perché finalmente si dotino di asili nido aziendali. Per le piccole comunità potremmo poi pensare a un modello differente di asili. Mi riferisco in particolare agli asili cosiddetti condominiali, mutuando delle esperienze molto interessanti di altri Paesi nordeuropei e della Francia, microstrutture gestite dalle mamme che già si occupano dei propri bambini. Raggiungeremmo così il duplice obiettivo di realizzare mini asili e creare occupazione e una fonte reddito per le donne che sono per lo più casalinghe”.