Su proposta dell’assessore alla Salute, Attilio Martorano, la Giunta regionale ha approvato la Direttiva di indirizzo che definisce le corrette modalità di svolgimento dell’attività libero-professionale dei fisioterapisti.
Alla luce della direttiva appena approvata, che aveva già acquisito il parere favorevole della Commissione Regionale Tecnica, i fisioterapisti potranno svolgere attività libero-professionale, dietro prescrizione medica, utilizzando beni strumentali strettamente connessi alle prestazioni attinenti al loro profilo professionale, in forma individuale nei confronti del singolo paziente e senza l´ausilio di collaboratori.
Tale attività si concretizza sotto forma di attività professionale con rapporto 1:1, ovvero fisioterapista-paziente.
Con l´emanazione della direttiva, approvata dalla Giunta regionale in adempimento di un ordine del giorno del Consiglio regionale in materia di attività libero-professionale dei fisioterapisti, si mette finalmente ordine in questo delicato settore e si evitano situazioni di incertezza per pazienti e fisioterapisti.
“Con questo provvedimento – ha spiegato Martorano – abbiamo regolamentato un ambito professionale che non poteva più rimanere in una condizione di così grave incertezza, sia sul versante professionale che su quello sanitario. In questo modo si valorizza la figura del fisioterapista, tutelando la sicurezza del paziente e generando interessanti opportunità professionali che non determineranno maggiori costi per il sistema sanitario. Siamo, di fatto, in presenza di un’autentica attività professionale, che si realizza solo perché il paziente fa una scelta libera, sicura e senza oneri per il sistema sanitario regionale.”
Il documento stabilisce, tra l´altro, che l´attività libero-professionale non è soggetta ad autorizzazione, ai sensi della legge regionale n. 28 del 2000, quando vengono erogate prestazioni riconducibili al profilo professionale del fisioterapista in forma individuale nei confronti del singolo paziente. Il professionista potrà effettuare le prestazioni anche con l´ausilio, purché non prevalente, di apparecchiature elettromedicali, in quanto complementari al proprio esercizio professionale, ovvero infrarossi, ultravioletti, elettroterapia a bassa e media frequenza, ultrasuonoterapia, laser terapia di classe 1.
La direttiva di indirizzo chiarisce, infine, che il professionista deve comunicare l´avvio dell´attività in regime libero-professionale all´azienda sanitaria territorialmente competente, al fine di consentire l´espletamento delle funzioni di vigilanza sul rispetto della normativa in materia igienico sanitaria e di sicurezza, nonché sulle modalità e sul contesto di esercizio dell´attività da riferirsi all´ambito esclusivo e specifico dell´attività libero-professionale.
FISIOTERAPISTI: FENASP, ATTENTI A STRAVOLGERE REGOLE DI DELICATE ATTIVITA’ PROFESSIONALI
“Se si pensa di stravolgere le regole in nome di una pseudo liberalizzazione di attività e professioni, si deve prima di tutto riorganizzare la stratificazione della normativa che riguarda le strutture di fisioterapia e rieducazione funzionale operanti sul territorio da anni, con la semplificazione, l’interpretazione univoca e l’applicazione autentica della classificazione degli ambulatori di riabilitazione del DPR del 1997 e fino al recepimento delle nuove linee guida 2011. Ciò per evitare gravi conseguenze: prima si procede e meglio è, non solo per gli operatori della fisioterapia riabilitativa, ma per gli utenti ai quali dare certezza di qualità di prestazioni e servizi”.
E’ il commento della presidente regionale FeNASP Antonia Losacco alla direttiva regionale sull’attività dei fisioterapisti precisando di rinviare ad un’attenta valutazione della delibera di Giunta la decisione di azioni da mettere in campo, tenuto conto che “dietro ogni direttiva c’è un direttore ma purtroppo non è così per tutti e per tutte le strutture sanitarie”.
“La legge regionale 28/2000 aveva lo scopo di recepire il DPR del 97, tale scopo, purtroppo, è solo dichiarato, non è stato del tutto applicato e in molti punti stravolto.
Il Consiglio regionale al fine di assicurare coerenza e legalità, dopo anni di denunce da parte delle Associazioni di Categoria (almeno dieci), dovrebbe prioritariamente, occuparsi della revisione della L.R. 28/2000 per renderla conforme ai dettami del DPR del 97 e delle nuove linee guida sulla riabilitazione 2011.
Relativamente alla figura professionale del fisioterapista – continua la presidente FeNASP – va evidenziato che l’elenco delle professioni sanitarie è lungo e che se si pensa di liberalizzare attività e professioni, lo si deve fare per tutte le figure: infermieri, ostetriche, ortottisti, terapista occupazionale, tecnico della riabilitazione psichiatrica, tecnico di laboratorio, tecnico di radiologia, tecnico ortopedico, tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, etc.
La fisioterapia è riabilitazione, non è solo sinonimo di massaggi o terapie con agenti fisici, significa gestione delle disabilità attraverso l’esercizio terapeutico. Come si può affermare di emanare tale direttiva nell’interesse del paziente ai fini della sua tutela, quando si autorizzano professionisti appena laureati, senza un minimo di esperienza ad avere la possibilità di curare qualsiasi tipo di patologia?. Il confronto con le associazioni, che ormai nella nostra regione è diventato solo un optional, avrebbe suggerito, magari, il requisito di qualche anno di esperienza presso strutture accreditate pubbliche o private prima di poter aprire uno studio professionale.
Da operatore e da responsabile di struttura, quando assumo un fisioterapista senza esperienza – evidenzia Losacco – lo faccio affiancare dal collega più anziano per diverso tempo e non gli affido “qualsiasi caso”. Ho molte perplessità a riguardo e a supporto chiedo cosa ne pensano i fisiatri della nostra regione. Da tempo FeNASP Basilicata ha sollecitato la Regione a chiarire ruoli e funzioni delle strutture di fisioterapia, recupero e rieducazione funzionale esistenti e operanti da tempo sul territorio regionale, in quanto una serie di provvedimenti, di delibere e di leggi, ha creato un groviglio tale che sta diventando oltre che dannoso anche pericoloso. E’ lo stesso clima di confusione che si “ritrova” nel Piano Regionale Integrato della Salute.
Dunque i modelli culturali di base del sistema sanitario si stanno dimostrando inadeguati nei confronti dei cambiamenti profondi della società. Se non si vuol compromettere il diritto alla salute serve un rinnovamento riformatore. Si tratta di combinare e coordinare due ordini di cambiamenti:
quelli che riguardano alcune nevralgiche questioni sanitarie (meccanismo di finanziamento, governance del sistema sanitario, modello di azienda e di programmazione, produzione di salute come risorsa naturale, responsabilizzazione del cittadino ,ecc);
quelli che riguardano alcune nevralgiche questioni della conoscenza e della pratica sanitaria (apparati concettuali, modelli di conoscenza, contenuti professionali, prassi operative, metodiche di intervento, criteri per fare, per giudicare e per decidere ecc.)
Oggi, nonostante si parli insistentemente di “riforme strutturali”, questo “doppio cambiamento” purtroppo non è nell’agenda della politica. E’ necessario quindi dare corpo ad un lavoro di sensibilizzazione, di discussione e di elaborazione di nuove soluzioni.