Pierluigi Diso ricorda le elezioni del 1948 e invita gli elettori lucani ad una riflessione in vista delle prossime elezioni regionali del 21 e 22 aprile 2024.
Era il 18 aprile 1948 e gli italiani furono chiamati a votare per la prima volta dopo l’entrata in vigore della Costituzione. Tutti, uomini e donne, poterono esprimere il loro voto politico: per le donne era la prima volta dopo il Referendum del 2 giugno. Ai seggi si recarono il 92% degli italiani, quasi 27 milioni di persone e il responso delle urne parlò chiaro: il 48,5% degli italiani votò per la Democrazia Cristiana.
Di seguito la nota integrale.
Gli anniversari sono determinanti per tenere vivo un ricordo che diventa strumento di conoscenza, non una stanca retorica ma un possibile spunto di riflessione. Vorrei ricordare le elezioni del 18 aprile 1948, per fornire possibili sollecitazioni, in riferimento anche e soprattutto al presente. L’anno della svolta fu definito il 1948, ma come sarà il 2024 per l’elettorato lucano? Nell’odierna società dominata dai media e con la politica che comunica attraverso Facebook, Twitter e la Rete, le prime elezioni politiche dell’Italia repubblicana possono sembrare preistoria. Un mondo lontano forse incomprensibile, eppure quella contesa elettorale ha determinato non solo il ritorno all’opzione democratica da parte dei cittadini, ma si è rivelata l’incipit di una moderna ed efficace comunicazione politica. C’erano linguaggi, codici, immagini, parole che nulla hanno da invidiare ai molto più banali stili della macchina politica ed elettorale contemporanea. Allora si votò per dimenticare il ventennio fascista che aveva impedito molte libertà, ecco che alcuni partiti provano a mettere le basi per costruire una moderna o forse solo diversa cultura politica, che diventerà poi ricerca di organizzazione e consenso. Come allora anche oggi le organizzazioni, politiche e non, si riaffacciano sulla scena pubblica sia per cercare un ruolo di governo nella nuova Basilicata, sia per concorrere a superare le fratture determinate dal tramonto di un sistema politico ormai superato, ove a causa della legge elettorale si cercano le alleanze per vincere e poi si pensa se si riuscirà a governare. Il proselitismo e la nascita di una nuova classe politica e dirigente andava fatta prima, non nei quaranta giorni antecedenti le elezioni, anche se una candidatura ormai non si nega a nessuno, specie agli uscenti. Non è certo una campagna elettorale di massa, come quella del 1948. In quella furono coinvolti Democrazia cristiana e Partito comunista (pur nell’alleanza con i socialisti), che nel dualismo politico avevano comunque nel popolo della nuova Italia. Erano due partiti contro, ma che hanno garantito un equilibrio al sistema politico, che hanno dato un nuovo volto alla democrazia. Convincere l’elettore, ora come allora, non significa solo prospettare i mali della scelta del nemico ma, contemporaneamente, affrontare temi e argomenti che non interessano squisitamente la politica, ma una gamma molto vasta e varia di questioni che finiscono per riguardare una visione del mondo che coinvolge la vita quotidiana. Il voto democristiano di allora non era solo contro il comunismo, ma anche a difesa della famiglia, della ricostruzione, della pace. Ecco che ora come allora è urgente l’esigenza di creare un apparato che dal centro si irradia alle periferie, per stabilire un rapporto diretto e immediato con gli elettori e affrontare temi politici che riguardino da vicino il vissuto, le storie individuali e collettive, formando gli elettori a partire dalle emozioni e dai sentimenti, oltre che dai programmi politici. Suscitare la paura verso l’altra coalizione non fa più presa di ogni altro convincimento fondato su più elaborate strategie politiche. La politica deve entrare nella vita degli italiani, con l’impegno a fornire le basi di un’etica in grado di incidere sulla coscienza popolare italiana. Ora come allora si fronteggiano due coalizioni in una lotta senza esclusione di colpi fatta di slogan, riti e simboli di cui le elezioni del ’48 costituiscono un laboratorio pionieristico. Orientare il voto a favore, e non contro, vuol dire costruire le basi della nuova società, al fine di consolidare l’egemonia di una nuova cultura politica e democratica, ma di ciò si dirà in un altro intervento. Adesso occorre recuperare sulla fiducia di una classe dirigente impegnata nel difficile compito di offrire un’identità democratica alla regione e capacità di governo. A rileggere ora la storia del 18 aprile 1948 scaturiscono inevitabili interrogativi su come sia cambiato il rapporto fra politica e società, fra governanti e governati, e soprattutto fra comunicazione e opinione pubblica. I partiti di massa non ci son o più, l’ideologia anche e si pensa solo a vincere coalizzando quante più persone possibile, causando la depoliticizzazione della società e la scomparsa delle culture politiche di appartenenza. A questo si aggiunge l’antipolitica, la fuga dai seggi elettorali, l’allontanamento dei giovani dalla politica ed i candidati alle elezioni che non si scelgono più per competenza e formazione, ma per cooptazione, per l’appartenenza alle grandi famiglie o a gruppi organizzati, insomma per il marketing più che per la futura squadra di governo e la campagna elettorale. Ecco che conoscere la storia e ripercorrere una tappa decisiva come quella delle elezioni del ’48, rappresenta non solo un doveroso lavoro scientifico, ma anche una forma di resistenza alla superficialità, all’approssimazione e all’antipartitismo.
Pierluigi Diso