Domenica 5 maggio è stata celebrata la giornata internazionale dell’Ostetrica, un occasione per riflettere sui problemi che interessano la categoria e lo stesso nostro Paese alle prese con una denatalità preoccupante. Una vera emergenza. Malgrado ciò non si fa nulla per invertire il trend della chiusura di punti nascita, calati tra il 2019 e il 2022 da 475 a 434 (dati Agenas), mentre, secondo l’ultimo annuario statistico del Ssn, negli ultimi dieci anni è stato chiuso un consultorio su dieci. Così come non si interviene per contrastare la carenza di oltre 8 mila ostetriche.
Dispiace ci sia una sottovalutazione di fondo da parte delle istituzioni di questa figura professionale, centrale per la donna non solo durante la gravidanza, ma dall’età dello sviluppo alla menopausa. Non solo, ma anche l’unica professionista che durante il parto prende in carico ben tre pazienti insieme: la mamma, il papà e il neonato.
E qui in Basilicata, tra l’altro, come UIL FPL tramite il proprio ufficio legale vi è in corso un contenzioso in Tribunale per far riconoscere il ruolo di Coordinatrice alla figura Ostetrica che invece era stato affidato alla figura infermieristica.
Una valorizzazione del suo ruolo: “Se non vogliamo allontanare sempre più i giovani da una delle più antiche professioni sanitarie, è necessario investire per garantire una crescita professionale e salariale all’ostetrica, oltre che riconoscerle una maggiore autonomia. L’ostetrica è l’unica figura non medica cui è consentita, in base alla direttiva europea 36 del 2005. ratificata nel 2007 dal nostro governo, la prescrizione di esami legati alla gravidanza. Peccato che ancora non tutte le Regioni, compreso la nostra Basilicata, siano provviste di un nomenclatore tariffario e, quindi, che tali prestazioni non siano considerate dal punto di vista economico in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. Un’occasione mancata anche per incidere sulle liste d’attesa, oltre che sui costi del Ssn, che sarebbero minori potenziando appunto l’autonomia in capo alle Ostetriche. Il Pnrr è un treno da non perdere. Per potenziare la medicina territoriale, infatti, non si può prescindere dall’ostetrica di famiglia. Che sarebbe un po’ un ritorno al passato. Un punto di riferimento sul territorio che, possa anche incidere positivamente sui parti non medicalizzati, avvicinando la soglia ancora alta dei cesarei a quel 10-15% fissato dall’OMS.