Basilio Gavazzeni: “Fenerator esto (Sii usuraio). Sant’ Agostino sull’usura”. Di seguito la nota integrale.
Qualche anno fa, in un Convegno dedicato alla poesia di Cristina di Lagopesole chiesi all’agostiniano mons. Giuseppe Greco, lucano, che cosa pensasse sant’Agostino dell’usura e dei suoi manutengoli. Poco tempo dopo lo studioso mi inviò uno studio sul “Tractatus adversus Iudaeos” che fa parte di alcuni trattati sulle eresie cui in appendice allegò il Discorso 230 sulla Risurrezione del Signore secondo Marco e Luca. Il Discorso fu tenuto a Ippona fra il 400 e il 417. Ne propongo il paragrafo 4.5, alternando il testo originale e la mia traduzione. Il paragrafo attacca provocatoriamente, appunto: Fenerator esto, eroga quod recipias. Sii usuraio, eroga ciò che riprenderai. Noli timere, ne te feneratorem iudicet Deus. Non aver paura che Dio ti reputi un usuraio. Prorsus, prorsus esto fenerator. Davvero, assolutamente sii usuraio. Sed Deus tibi dicit: Quid vis? Fenerare vis? Ma Dio ti dice: Cosa vuoi? Vuoi prestare a usura? Quid est fenerare? Minus dare, et plus accipere. Che cos’è prestare a usura? Dare poco, e riscuotere di più. Ecce mihi da, dicit tibi Deus: ego accipio minus, et do plus. Ecco dà a me ti dice Dio: io prendo poco, e restituisco di più. Quid? Centuplicia, et vitam aeternam. Che cosa? Il centuplo, ma anche la vita eterna. Quem quaeris cui des, unde crescat pecunia tua, homo quem quaeris, quando accipit, gaudet; quando reddit, plorat: ut accipiat, precatur; ne reddatur, calumniatur. Quello che cerchi a cui prestare, da cui si accresca il tuo denaro, l’uomo che cerchi, quando riceve, si rallegra; quando restituisce, piange: per ricevere, supplica; per non restituire, accusa. Da quidem et homini, et noli te avertere ab eo qui mutuum petit. E certamente presta all’uomo, e non respingere chi ti chiede un prestito. Sed tantum accipe, quantum dedisti. Ma riscuoti solo quanto hai prestato. Non ploret cui dedisti; nam beneficium perdidisti. Non si trovi a piangere colui al quale hai prestato: avresti perduto il guadagno. Et si hoc ipsum quod datum est, vel quod accepit exigitur forte ad manum nondum habet: pertulisti petentem, expecta nan habentem: cum habuerit reddet tibi. E forse lui non ha a disposizione quando si richiede ciò stesso che è stato prestato, o ciò che ricevette: hai sopportato il richiedente, pazienta con chi non ha: quando avrà, restituirà. Noli facere angustias ei, cuius angustias relaxasti. Non mettere in difficoltà chi dalle difficoltà hai liberato. Ecce tu dedisti, et exigis: sed non habet unde reddat; cum habuerit reddet tibi. Ecco tu hai prestato, e pretendi: ma lui non ha come restituire; quando avrà ti restituirà. Noli clamare et dicere: numquid fenus quaero? Tantum peto, quantum dedi; quod dedi, hoc accipiam. Non alzare la voce e dire: Forse che pretendo un interesse usurario? Chiedo solo quanto ho prestato; quel che ho dato riscuoterò. Bene facis, sed nondum habet. Non es fenerator, et vis cui praestitisti, ut quaerat feneratorem, ut tibi reddat. Fai bene, ma lui non ha ancora. Non sei usuraio, e pretendi che colui al quale hai prestato si rivolga all’usuraio per restituire a te. Si propterea fenus non exigis, ne te feneratorem patiatur; quare vis ut propter te alium feneratorem patiatur? Se perciò non pretendi un interesse usurario perché lui non ti subisca come usuraio; perché pretendi che a causa tua lui subisca un altro usuraio? Premis, suffocas: etsi tantum exigis, quantum dedisti: suffocando tamen et angustias faciendo, non beneficum dedisti, sed potius maiores angustias intulisti. Incalzi, prendi per il collo: anche se pretendi solo quanto hai dato: prendendolo per il collo e mettendolo in difficoltà, non gli hai fatto un favore ma piuttosto l’hai gettato in maggiori difficoltà. Sed forte dicis: Habet unde reddat: habet domun, vendat, habet possessionem, vendat. Ma forse dici: Ha di che restituire: ha casa, venda; ha proprietà venda. Quando a te petivit, ideo petivit ne venderet: propter te non faciat, quid subvenisti ne fieret. Quando si rivolse a te, ti si rivolse allo scopo di non vendere; non lo faccia per causa tua che lo soccorresti perché ciò non avvenisse. Hoc fiat ita circa homines, hoc iubet Deus, hoc vult Deus. Così questo si verifichi verso gli uomini, Dio lo comanda, Dio lo vuole. Chiedo scusa al lettore di averlo sottoposto alle forche caudine di questo articolo, testo latino e traduzione all’impronta, ma conviene una volta tanto addentare almeno la buccia dello stile di Agostino. Che, secondo Enzio Cetrangolo «resta il più grande e prodigioso pensatore e scrittore che il cristianesimo abbia prodotto», da sempre forse più amato dai lontani tormentati dal dubbio che dai fedeli avvezzi ai misteri della fede. E poi la sostanza del suo discorso sull’usura è valida per ogni stagione. Fenerator esto, sii usuraio, lettore paziente.