Riportiamo di seguito l’intervento del Prefetto di Potenza, Michele Campanaro in occasione del 78° Anniversario
della Fondazione della Repubblica Italiana. Di seguito la nota integrale.
Saluto le autorità civili, religiose e militari, i rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, le cittadine e i cittadini presenti.
Un saluto particolare rivolgo ai giovani della Consulta provinciale degli Studenti e del Forum dei Giovani della Città di Potenza, ai bravissimi allievi e docenti ed al dirigente scolastico del Liceo Musicale e Coreutico “Walter Gropius” di Potenza, che ringrazio per la costante vicinanza all’istituzione prefettizia. Saluto anche le ragazze ed i ragazzi dell’Istituto Comprensivo “Don Milani” e del Liceo Classico “Orazio Flacco” di Potenza, simbolica rappresentanza qui in Piazza delle giovani generazioni di questa provincia.
Proprio ai giovani, agli adolescenti, ai più piccoli vorrei dedicare questa importante Giornata, in cui celebriamo – qui a Potenza, Città italiana dei Giovani per il 2024 – il 78° anniversario della Fondazione della Repubblica Italiana.
La dedichiamo a loro perché, nel vissuto attuale, si percepisce spesso l’impressione che i giovani si sentano fuori posto, disorientati se non addirittura estranei ad un mondo che a loro appare incomprensibile. Ed invece, in una società così dinamica come quella di oggi, vi dico che c’è ancor di più bisogno di voi, cari giovani, delle vostre speranze, della vostra capacità di saper cogliere il nuovo e di farlo con uno sguardo rivolto alla nostra Storia.
Grazie, quindi, per il vostro impegno civico costante ed appassionato, cari giovani, e per averci voluto ricordare il valore inestimabile della democrazia, riprendendo una parte del famoso discorso, assolutamente attuale, di Pericle agli Ateniesi.
Dicevo dell’importanza di guardare al futuro senza distogliere lo sguardo dal passato.
Sono passati settantotto anni dal voto nel referendum del 2 giugno 1946, quando donne e uomini, scegliendo la Repubblica, cominciarono a costruire la nuova storia del nostro Paese.
Una storia di democrazia e di pace, dopo il ventennio di dittatura fascista, la tragedia, i lutti e le macerie materiali e morali della guerra e dell’occupazione nazista.
Certamente non fu un inizio facile, l’Italia era divisa e dilaniata. La Repubblica aveva prevalso per due milioni di voti: il risultato non era stato né scontato, né omogeneo e, in un Paese in ginocchio, c’era il rischio di una spaccatura tra Sud e Nord.
Le donne, al voto per la prima volta, e gli uomini ebbero, però, una chiara consapevolezza: la crisi in cui versava il Paese esigeva una nuova idea di comunità, una unità ed una coesione più forti, attraverso il dispiegarsi di nuove energie e di nuovi protagonisti nella vita pubblica. Questa vitalità confluì nella straordinaria stagione costituente, che con lungimiranza e coraggio ha saputo cercare e trovare i punti di sintesi nella Carta Costituzionale.
Si trattava di trasfondere nello Stato l’anima autentica della Nazione e di dar vita a una nuova Italia, affermando, con una netta scelta di campo, il principio della sovranità e della dignità di ogni essere umano.
E la risposta alla crisi di civiltà prodotta dal nazifascismo è stata la Costituzione: la persona e le comunità, con il loro carico di umanità, di diritti e di doveri, diventarono il baricentro attorno al quale sviluppare i principi fondamentali di libertà e di democrazia.
La Costituzione, promulgata il 27 dicembre 1947, è stata il frutto della più felice unione d’intenti delle madri e dei padri costituenti, probabilmente mai più espressa dalla nostra Repubblica. Pensiamoci: pur venendo da tradizioni culturali e religiose profondamente diverse, pur sostenendo idee politiche antitetiche, quelle donne e quegli uomini riuscirono nel difficilissimo compito di scrivere le regole fondamentali della Repubblica appena nata.
I costituenti, partendo dallo scatto di orgoglio che aveva accomunato le varie anime della Resistenza, seppero dar vita ad un sistema di principi, di idee e di comportamenti in grado di tendere alla realizzazione della persona, della dignità dell’uomo e dei diritti umani. Grazie a loro è iniziato un percorso nuovo, del quale dobbiamo andare sempre orgogliosi!
Nella Carta Costituzionale, sono state trasfuse le grandi tradizioni ideologiche del novecento, la cattolica, la socialista e la liberale, collegate tra loro attraverso ponti tesi tra principi umanitari ineludibili: la dignità della persona umana, la centralità del lavoro, la sovranità popolare, l’eguaglianza, il pluralismo religioso.
Venivano finalmente integrati, nella comune casa democratica, donne e uomini che partivano da premesse culturali, da ideologie, da interessi diversi, talvolta anche conflittuali. In questo modo, il “principio di tolleranza” diventava “cultura del rispetto”.
La grande forza e la lungimiranza della nostra Costituzione è stata di aver creato un patto tra le generazioni: un progetto che ancora oggi guarda al futuro, instaurando un equilibrio tra la stabilità di valori e principi costituzionali e l’innovazione sociale, culturale e politica.
La Repubblica nasce, cioè, come parte della vita delle donne e degli uomini di questo nostro Paese, dei loro valori e dei loro sentimenti. Diventa espressione della storia del lavoro, della ricostruzione, delle fatiche, dei sacrifici e delle sofferenze dei tanti che si trasferirono dal Sud al Nord, dalle campagne alle città, animando uno straordinario periodo di sviluppo.
Cari giovani, la storia della Repubblica è stata costruita da italiani giovani come voi, che hanno avuto la volontà e la pretesa di cambiare il mondo da cui provenivano, quel mondo che aveva prodotto guerra, ingiustizia, fame e distruzioni.
In quel passaggio epocale, donne e uomini hanno dato tutti qualcosa per la nuova Italia che rinasceva, con i loro valori, con la solidarietà, con la partecipazione attiva alla vita civile: a partire dall’esercizio del diritto di voto, nella consapevolezza che per definire la strada da percorrere è il voto libero che decide. E la democrazia è fatta di esercizio di libertà.
Ecco, anche nei tempi complessi che viviamo, partecipare alla vita attiva ed alle scelte della comunità significa non farsi vincere dalla rassegnazione e dall’indifferenza, pericolosi nemici della democrazia. Significa esercitare un diritto di libertà, un diritto al futuro.
Non ha visto nascere la Repubblica, ma vi ha sicuramente contribuito con le sue idee, l’intellettuale lucano Giustino Fortunato, originario di Rionero in Vulture, tra i primi a comprendere la minaccia del fascismo. Grande filosofo e politico, tra i più importanti rappresentanti del meridionalismo, trascorse l’ultima parte della sua vita coltivando rapporti con nuove generazioni di politici e di antifascisti del calibro di Piero Gobetti, Guido Dorso, Umberto Zanotti Bianco, Nello Rosselli, Manlio Rossi Doria, Giovanni Amendola e il giovane figlio Giorgio.
E’ doveroso ricordare a tutti, ma in particolare ai più giovani, il suo lungimirante pensiero, che esercitò una grande influenza sul panorama politico-culturale del tempo e nel cui solco si è poi cercata la via per affrontare, nel secondo dopoguerra, la questione meridionale.
Giustino Fortunato è stato tra i primi convinti firmatari del “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, pubblicato il 1° maggio 1925 sul quotidiano “Il Popolo”, organo del Partito popolare di don Luigi Sturzo. Così racconta Giovanni Amendola l’incontro con l’intellettuale lucano: “[…]«Ecco, don Giustino, il manifesto degli intellettuali antifascisti scritto da Croce. Ora vi lascio le cartelle. Leggetele. Tornerò stasera a riprenderle. Intanto avrete deciso se firmare o no». La risposta fu fulminante: «Prontissimo. Ma non è necessario che torniate stasera. Date qua la penna. Firmo subito»[…]”.
Penso, alla fine, che l’idea fondante della Repubblica e della nostra Costituzione sia quella di essere ciascuno di noi parte di un progetto che si realizza ogni giorno nei comportamenti, nelle scelte, nell’assunzione di responsabilità, a tutti i livelli e in qualunque ruolo.
La democrazia, cioè, come qualcosa di più di un insieme di regole: come un continuo processo in cui si cerca la composizione possibile delle aspirazioni e dei propositi, nella consapevolezza del ruolo centrale delle persone, sempre più importanti degli interessi. Per questo, un ruolo fondamentale devono giocarlo i partiti, le forze sociali e i soggetti della società civile!
Cari giovani, sono trascorsi settantotto anni dal voto di quel 2 giugno. Un tempo lungo che in questa regione ha scandito le lotte per la terra e contro il latifondo, la trasformazione del paesaggio agricolo e l’irrigazione, l’allargamento della base produttiva e occupazionale. Purtroppo, la ricostruzione dopo il terremoto, l’istituzione dell’Università, la realizzazione di infrastrutture, l’uso delle risorse energetiche e territoriali non hanno invertito il processo di spopolamento.
Il bilancio è chiaro, dal superamento della miseria acuta del dopoguerra alle trasformazioni degli ultimi settant’anni: oggi ci ritroviamo migliori condizioni di vita, ma anche nuove forme di povertà e di esclusione.
Dobbiamo, quindi, chiederci a che punto è il nostro cammino. L’Italia di oggi, così come la nostra amata Basilicata, sono profondamente diverse, cambiate, anche progredite. E però, tutto ciò che così faticosamente abbiamo conquistato alla fine della seconda guerra mondiale e della dittatura fascista, non è un qualcosa che, una volta raggiunto, si può considerare come definitivo.
Per questo, oggi come allora, dobbiamo continuare sulla strada illuminata dal faro della nostra Carta costituzionale. Essa è ancora un programma aperto, che indirizza le vie verso l’avvenire, che mira alla trasformazione di questa società, come ha fatto per quella del dopoguerra, in cui le libertà giuridiche e politiche possono essere indebolite dalle disuguaglianze economiche e sociali.
Tutti noi, Istituzioni, formazioni sociali e cittadini, dobbiamo impegnarci, oggi come ieri, ciascuno secondo le proprie responsabilità e competenze, per realizzarla compiutamente, per difendere la Costituzione!
Affermare i grandi principi, evocarli in formulazioni astratte non basta. Perché essi abbiano concreta applicazione, concreta incidenza sulla storia, bisogna viverli. Per farlo, dobbiamo ricordare che la Repubblica è non solo libertà, democrazia e legalità, ma è anche solidarietà.
La Repubblica è umanità, difesa della pace e della vita. Ciascuno di noi ha bisogno degli altri. Voglio dire che per vivere fino in fondo i grandi ideali, che sono dietro i principi fondamentali, è necessario che vi sia in ciascuno di noi, oltre alla consapevolezza dei propri diritti, quella delle proprie responsabilità nei confronti degli altri. D’altro canto, l’esercizio delle responsabilità fa sentire realizzati e rende sereni e felici, perché diventa solidarietà sociale che è la principale fonte di sicurezza collettiva.
In conclusione, cari giovani, prendiamoci cura di questa nostra Repubblica, ricordandoci sempre che la storia di questi settantotto anni è stata il risultato, l’insieme di tante storie piccole e grandi, di protagonisti conosciuti e di testimonianze meno note. Tocca ora a voi scrivere la storia della Repubblica. Scegliete voi gli esempi, i modelli, le tantissime cose positive da custodire di questa nostra Italia. Ma fatelo, esercitate questa opportunità di scelta, perché è l’eredità più importante che c’è stata consegnata; e così, preparatevi ad essere voi i protagonisti di domani.
Viva l’Italia, viva la Costituzione, viva la Repubblica!
Michele Campanaro