Francesco Paolo Francione, uno dei docenti dell’Unitep (Università della terza età e dell’educazione permanente) di Matera, in una nota esprime alcune riflessioni al termine dell’anno accademico appena concluso. Di seguito il testo integrale.
Capita, talvolta, che, al termine degli studi, molti giovani non vogliano distaccarsi dall’Università e, pur svolgendo un lavoro, si iscrivono ad altri corsi: è come se avvertissero nel profondo del loro animo che bisogna imparare e studiare per tutta la vita perché questo significa essere umani. E’ il long life learning auspicato dall’Unione Europea già molti anni fa.
L’Unitep, Università dell’educazione permanente, risponde a questa esigenza che ognuno sente prorompente nel suo cuore: una donna o un uomo, qualunque sia la sua età, realizza la sua personalità se continua ad esercitarsi nella lettura e nella scrittura, nella dialettica e nell’approfondimento delle questioni che la vita pone con i suoi rapidi cambiamenti.
Nei vari corsi organizzati da una dirigenza attenta e da una segreteria efficiente, si cerca di imparare a riconoscere la complessità dei propri sentimenti, a controllare la gelosia e il rancore, la paura e l’euforia, a gestire crucci ed emozioni, dolorose o gioiose che siano. S’impara a chiedere al proprio corpo di non fare scherzi e di continuare a rispondere bene ai nostri comandi; a migliorare la relazione con gli altri, prossimi o lontani, amici e conoscenti, ma anche a vivere sereni i momenti di solitudine. Può capitare di entrare in contatto con Nietzsche e con Montale, oltre che con Isabella Morra e Tommaso Stigliani; s’impara a salutare il genero o la nuora in inglese o in francese o in spagnolo; s’incontrano Plauto e Sofocle, ma anche Matteo Cristiano e la rivoluzione del ‘600 a Matera; si scopre l’ onestà intellettuale del giornalista, si apprendono o si perfezionano le competenze in informatica, a fare videochiamate ai nipoti o a scrivere amail ai figli, noi che abbiamo nostalgia della voce del postino e del < Cari Genitori> cui scrivevamo ogni settimana; si recita Pirandello, ma anche una serie di sketc scherzosi per esorcizzare la decadenza in una casa di riposo, coccolati dalla dottoressa ma infastiditi dagli interminabili esami clinici.
Una Università, l’Unitep, aperta alla cittadinanza con il puntuale mercoledì letterario e storico, una serie di conferenze svoltesi nel salone del palazzo della Provincia o nell’aula magna dell’Istituto Turi : un’ occasione per crescere culturalmente nella città capitale europea della cultura, un appuntamento che ha permesso, oltretutto, di conoscere giovani talenti che operano nelle metropoli in cui hanno studiato e che si spera tornino ad arricchire la loro città.
Si cerca di salvare qualcosa del dialetto materano anche cantando l’avventura del povero Carl Antenie e ci te l’ho fott fe ( Carlo Antonio e chi te l’ha fatto fare) o inneggiando appassionatamente alla mamma, Ce bella momm ca tegn ii, come la canasc la malatie, (Che bella mamma che ho io, come la conosce la malattia): e questo perché si ama la propria città, bella e antica, ma non la più antica del mondo, come potrebbero ripetere quelli che non si aggiornano.
S’impara giocando, come raccomanda la più moderna pedagogia, senza l’ansia giovanile degli esami e del voto, ma con l’impegno di offrire il contributo della propria esperienza e del proprio studio.
L’anno accademico è terminato con il pranzo allestito dai docenti e dagli allievi dell’Istituto “TURI”, da tutti apprezzato per la scelta di un menù realizzato con ingredienti raffinati di ottima qualità, con sapori genuini ed equilibrati. Il tutto innaffiato da un eccellente vino rosso delle nostre terre e dall’immancabile prosecco che ha facilitato anche una ricca galleria di foto dinanzi ad una gustosissima e scenografica torta che portava scolpita la conclusione dell’anno accademico facendone pregustare l’inaugurazione del prossimo.
Nei saggi finali di canto corale si è rivissuta la giovinezza rievocando romanticamente I giardini di marzo di Lucio Battisti, ma anche il famoso Stand by me di Ben E. King e la diffusa interpretazione di Pregherò di Adriano Celentano.
Ma, come per moltissimi giovani, americani, italiani ed europei, anche per gli studenti e docenti dell’Unitep, il momento culminante del loro percorso formativo non poteva che essere un forte appello alla pace dinanzi allo sterminio del popolo palestinese dopo il brutale attacco di Hamas ad Israele. Una carneficina che testimonia l’impotenza delle istituzioni internazionali che non riescono a bloccare una folle incultura bellicistica che sta provocando angoscia tra la popolazione e soddisfazione tra i capitani dell’ industria bellica che fa profitti senza limiti.
Il frutto, il più semplice e il più vero, di una buona educazione permanente, non può che essere un inno alla vita contro la bestialità della guerra!