La scrivente O.S. denuncia un altro caso di disfunzione organizzativa che riguarda l’A.O.R. “San Carlo” di Potenza.
Parliamo del Dipartimento Cardiologico, più precisamente nell’ U.O. Cardiologia e emodinamica Interventistica, diretta dal Dott. Stabile
Qui gli infermieri vengono trattati come oggetti, minando il fondamentale rapporto di fiducia tra azienda e lavoratore che dovrebbe essere la base per ogni azienda di successo e con finalità estranee al buon andamento della medesima, con l’ovvia conseguenza della scarsa qualità e assistenza.
Allo stato di confusione e di una cattiva pianificazione e gestione organizzativa delle risorse umane – che continua ormai da tempo con ricadute importanti sugli utenti – si aggiunge la mancata applicazione delle norme contrattuali vigenti.
Il personale infermieristico posto in rischio biologico (art 110 del CCNL sanità, che disciplina il “Riposo Biologico”), infatti, viene richiamato a rientrare a lavoro in contrasto con la citata norma contrattuale che chiarisce che al personale esposto a rischio radiologico (come il personale dell’Emodinamica) competono 15 giorni consecutivi di riposo biologico da fruirsi in un’unica soluzione, senza la possibilità di interrompere. Il che aggira la norma e la sua ratio, con rischi gravi anche per la salute dei dipendenti.
Ancora: il personale infermieristico viene sottratto dal proprio turno di lavoro istituzionale presso altre articolazioni Operative e viene mandato, senza nessuna preparazione o formazione, a gestire l’urgenza in emodinamica: tale modalità di utilizzo del personale è assai rischioso per i pazienti e, anzi, fa accapponare la pelle.
Il personale allontanato dalla propria U.O. – e, quindi, dall’assistenza diretta al malato cardiopatico che, come tutti, ha il diritto di cure e assistenza, e non di essere trattato come un numero (in azienda ormai si parla solo di questo! Di numeri!) – viene, insomma, mandato a gestire senza nessuna formazione un’urgenza rischiando di commettere errori irreparabili che si ripercuotono sul professionista ma, soprattutto, sul paziente.
Inoltre i pazienti sono abbandonati a loro stessi atteso che infermieri sono insufficienti per garantire il diritto alle cure.
Si aggiunga che la professione infermieristica in cardiologia emodinamica richiede un’ampia gamma di competenze, indispensabili per poterci lavorare.
La cardiologia emodinamica può presentare diverse sfide e difficoltà. La complessità delle procedure e l’utilizzo di dispositivi medici avanzati richiedono un elevato livello di competenza e conoscenza da parte degli infermieri.
Quindi non si può improvvisare nulla e non si può certamente assegnare personale a casaccio e per tappare i buchi.
Il lavoro in un ambiente ad alta pressione come quello dell’emodinamica e il coinvolgimento diretto nelle procedure invasive sono, inoltre, assai stressanti per gli infermieri.
Tuttavia, con una formazione adeguata, un supporto efficace e una buona gestione del team, queste sfide possono essere superate, consentendo agli infermieri di offrire un’assistenza di alta qualità ai pazienti cardiologici.
Gli infermieri specializzati in cardiologia emodinamica svolgono una serie di compiti e responsabilità nel contesto delle procedure diagnostiche e interventistiche.
Essere al passo coi tempi è un aspetto cruciale per gli infermieri e i tecnici che lavorano in un reparto o servizio emodinamico avanzato. È richiesta loro la capacità di aggiornarsi costantemente, lavorare secondo evidenze scientifiche e avere una buona preparazione su tutti i dispositivi che vengono immessi sul mercato.
Ciò che può essere considerato adeguato oggi potrebbe essere obsoleto tra tre anni, quindi la conoscenza e la competenza devono essere costantemente aggiornate quindi la formazione è un elemento cruciale per garantire l’elevato standard di assistenza.
Da vari anni si afferma che nel nostro sistema e per i nostri servizi “il paziente è al centro”.
Osservando come funzionano le cose in questa A.O.R. non sempre, però, tale affermazione trova la necessaria evidenza.
Il paziente sarà anche “al centro” ma rischia di restarci da solo perché questa idea di centralità rischia di distrarci da quello che è il vero punto chiave: la relazione di cura.
Appare sempre più chiaro che ciò che regola la sanità in questa Regione è un codice numerico l’azienda misura le cure in numeri.
La soluzione non può quindi essere una semplice somma o sottrazione: aumentare le procedure sanitarie non garantirà la sopravvivenza della nostra sanità, occorre valorizzare e motivare le persone che già ci lavorano affinché si possa difendere e migliorare ciò che già esiste. Solo questo renderà nuovamente attrattivo il lavoro di medici, infermieri, tecnici sanitari ed operatori socio sanitari, garantendo un ricambio non solo quantitativo ma anche qualitativo e motivazionale.