L’Antitrust avrebbe dovuto acquisire il parere della Consob prima di decidere a fine 2015 se sanzionare con oltre 500mila euro Poste Italiane, accusata di una pratica commerciale scorretta con riferimento al prodotto di risparmio postale denominato Libretto Smart. L’ha deciso il Consiglio Stato con una sentenza con la quale ha accolto un appello proposto dalla stessa Poste Italiane contro la sentenza del Tar del Lazio dell’agosto 2022 che aveva confermato il provvedimento sanzionatorio. Il prodotto su cui si era incentrata l’attività valutativa dei giudici era una tipologia di libretto postale, emesso da Cassa Depositi e Prestiti, che prevedeva tassi premiali per un certo lasso temporale, riconosciuti in presenza di diverse condizioni, e un tasso base in caso contrario. Oggetto del procedimento istruttorio erano stati numerosi messaggi pubblicitari diffusi da Poste Italiane nel periodo gennaio-marzo 2015.
Il Consiglio di Stato, premettendo che “la condotta oggetto dell’accertamento è in teoria una tipica fattispecie di pratica commerciale scorretta (in cui rientrano le omissioni ingannevoli) su cui sussiste la generale competenza dell’Antitrust”, ha ritenuto che la normativa di riferimento “indica che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato debba acquisire il parere dell’Autorità di settore, nel caso di specie la Consob, il che nella fattispecie non è avvenuto e ciò rende fondato il secondo motivo di appello, con cui la parte ha dedotto l’error in iudicando in relazione alla mancata acquisizione del parere della Consob quale Autorità di settore competente”.
In sostanza, quindi, “il mancato coinvolgimento, nel corso dell’istruttoria svolta dall’Agcm, dell’Autorità di settore competente costituisce un deficit procedimentale che si traduce in un vizio di legittimità dell’azione amministrativa tale da infliggere al provvedimento finale una connotazione patologica rilevante”.