I vini Terre dell’Alta Val d’Agri – una doc giovane in una terra antica – sono stati protagonisti di una serata enogastronomica a Viggiano. A celebrare i nuovi successi di questi vini che si producono a Viggiano, Grumento Nova e Moliterno, in una cena-degustazione nel ristorante panoramico dell’Hotel dell’Arpa di Viggiano, il “miglior critico enologico al mondo sul vino italiano” (titolo 2022) Luca Gardini. Assaggi e storia delle migliori produzioni dell’Azienda Agricola Di Fuccio, oggi alla quarta generazione. Oltre al vino icona La Preta 2019, il Bianco Basilicata Igp “Eremo 2022”, il Rosato Terre Alta Val d’Agri Doc “Antifonario 2022” e un altro rosso doc “Bangor 2021”. Sono vini che hanno una storia secolare. Fonti testuali e riscontri materiali collegano l’Alta Val d’Agri al Terzo Centro di Domesticazione della Vite e alle varietà prodotte in ciascuna delle numerose realtà geografiche e storiche che lo costituiscono. La loro riscoperta rinnova sia la considerazione sconcertata degli studiosi sulla difficoltà di identificarli e descriverli tutti sia la fama raggiunta ben presto, accomunati entro l’etichetta romana di Lucanum. Il Consorzio di Tutela della DOC dal 2008 promuove la ricerca sul cammino intrapreso dai più ardimentosi coloni siriti e poi sibariti che risalirono l’Agri a ritroso dalla foce alla sorgente, raggiungendo le terre vitate della parte più alta (da cui il nome della doc). Per Bangor 2020, incontro di Merlot, Cabernet Sauvignon e Aglianico, un antico manoscritto dell’abbazia di Bangor, unisce idealmente Viggiano e la sua Santa Maria della Preta all’Irlanda del Nord. La tradizione dell’arpa e questo vino, di uve Merlot, Cabernet Sauvignon e Aglianico, sottolineano il legame fra l’Alta Val d’Agri e le coste atlantiche. Come Bangor, nome derivato da St. Comgall, importante e influente abate irlandese. Fu il fondatore dell’abbazia di Bangor (attualmente nella contea di Down) nel golfo di Belfast, donde partì nel 590 per la Gallia il suo discepolo San Colombano. Per l’Eremo 2022, bianco biologico della Basilicata igp, Fiano e Jusana abbinate in una coppia dai profumi versatili di fiori fieno e frutta, invece,l’uva presenta doppia denominazione particolare Guisana/Jusana, la prima formalmente e semanticamente assunta intorno ai secoli X-XI come vocabolo greco adottato per descrivere l’aspetto dei grappoli. La seconda compare poco dopo e come corrispettivo in territorio longobardo. Potremmo definirlo un ricordo ritornato attuale grazie alla ricerca degli antichi uvaggi.
Per Giuseppe Di Fuccio che nel 2002 ha indirizzato la produzione sulla viticultura con il nascere del Consorzio Terre dell’Alta Val d’Agri, integrando i vitigni di famiglia con i nuovi impianti rispondenti al disciplinare del Terre dell’Alta Val d’Agri DOP, un nuovo riconoscimento prestigioso, con le quattro bottiglie-chicche tra futuro e tradizione. Gli antichi vitigni dell’azienda bene si integrano con la produzione dei vini dop, fornendo il 20% previsto dal disciplinare, e contribuendo a conservare quella identità propria del terroir che da sempre contraddistinguono i vini dell’azienda, con i loro profumi e note aromatiche, che ritroviamo intatti nelle caratteristiche organolettiche del vino icona La Preta 2019
Luca Gardini, di recente al primo posto della classifica – seppur provvisoria – del concorso per il titolo di “The Best Wine Critic of the World”, evidenzia che sono ottimi vini, frutto di un areale che, nonostante sia collocato ai margini della viti-enologia lucana rispetto al comprensorio del Vulture (aglianico), sta cercando di emergere nel panorama regionale e nazionale con buoni risultati attraverso un potenziale di grande crescita grazie soprattutto alla professionalità di viticoltori che sanno coniugare tradizione e modernità. Per i vini Terre dell’Alta Val d’Agri le previsioni sono proiettate ai grandi mercati.