I cittadini vogliono vivere nei quartieri dove ci sono più esercizi di prossimità, perché questi rafforzano le comunità (per il 64% degli intervistati), fanno sentire più sicure le persone (57%) e fanno crescere il valore delle abitazioni (fino al 26% in più). La chiusura dei negozi preoccupa e intristisce i cittadini che percepiscono chiaramente quali tipologie merceologiche sono a maggiore rischio: questo, in sintesi, quanto emerge da un’indagine realizzata da Confcommercio in collaborazione con SWG nell’ambito del progetto Cities che si occupa di contrasto alla desertificazione commerciale nelle città italiane e sviluppo del valore sociale delle economie di prossimità.
Il dato di partenza. In un decennio a Potenza il commercio al dettaglio ha subito una contrazione di esercizi pari al 13,7%. Il centro storico del capoluogo ha perso 84 negozi di commercio al dettaglio (erano 437 e sono diventati 353). Crescono invece gli alberghi, i bar e i ristoranti ma complessivamente di appena 2 unità, senza dunque riuscire a compensare le riduzioni del commercio. Solo bar, in totale 70, resistono alla desertificazione commerciale. Nei quartieri (tutta l’area cosiddetta non centro storico) a cessare sono 54 attività di commercio al dettaglio, quasi del tutto compensate da 53 alberghi, ristoranti e bar in più.
Angelo Lovallo, presidente Confcommercio Potenza: “Non ci limitiamo a tenere il polso della situazione e ad ascoltare i cittadini attraverso indagini, ma da tempo indichiamo proposte per la rigenerazione del centro storico e svolgiamo iniziative con gli esercenti. Aspettiamo che si concluda la fase istituzionale della nuova Amministrazione Comunale per affrontare le tante e complesse questioni dei negozi di vicinato in un Tavolo specifico che vorremmo permanente”.
Il valore sociale dei negozi di prossimità
Alle attività economiche di prossimità viene anche riconosciuto un alto valore sociale: per quasi i due terzi degli intervistati (64%) rappresentano soprattutto un’occasione di incontro che rafforza l’appartenenza alla comunità, ma anche un servizio attento alle persone fragili (59%), un presidio di sicurezza (57%), una garanzia di cura dello spazio pubblico (54%) e un facilitatore dell’integrazione (49%); quando si tratta di consumi, gli acquisti quotidiani di farmaci (64%) e tabacchi (59%) vengono effettuati prevalentemente negli esercizi vicini all’abitazione; per abbigliamento (64%), alimentari a lunga conservazione (60%), accessori per la casa (60%) e prodotti di elettronica (53%) i centri commerciali e le grandi strutture distributive (megastore, outlet, ecc.) diventano i luoghi di acquisto prevalenti rispetto agli esercizi commerciali in centro città dove quelle tipologie di beni registrano percentuali di acquisto tra il 2% e il 5%.
La desertificazione commerciale
E uno dei motivi delle scelte di acquisto al di fuori del proprio quartiere deriva dall’avanzamento della desertificazione commerciale, ovvero dal calo o addirittura dalla totale assenza di negozi tradizionali vicino alla propria abitazione: rispetto alla propria zona di residenza, infatti, per i negozi specializzati si avverte prevalentemente una diminuzione, come nel caso dei negozi di abbigliamento ed elettronica (46%) e dei servizi essenziali, tra cui gli alimentari (42%), solo i servizi per il tempo libero (tra cui bar e ristoranti) sono percepiti in aumento dal 43% degli intervistati.
La percezione dell’avanzamento della desertificazione porta con sé un forte sentimento negativo che spinge un italiano su cinque (22%) addirittura a ipotizzare di cambiare abitazione nel caso in cui il fenomeno dovesse acuirsi nella zona in cui abita; l’83% degli intervistati dichiara di provare un senso di tristezza di fronte alla chiusura dei negozi nelle strade della propria città e il 74% ritiene che tale fenomeno incida negativamente sulla qualità di vita nella zona di residenza. Forte è la consapevolezza della difficoltà di una loro riapertura: il 56% degli intervistati sostiene che difficilmente un negozio chiuso nel proprio quartiere verrà sostituito da un altro.
Le principali differenze geografiche e per dimensione urbana
I cittadini che percepiscono nel proprio quartiere fenomeni generali di desertificazione si equivalgono con coloro che rilevano una crescita delle attività (39%) e questo è indicativo non solo di una certa dinamicità delle imprese del terziario di mercato ma anche di una geografia dei fenomeni differenziata per merceologia, macroregioni e diverse dimensioni dei comuni: se al Nord i processi di desertificazione sono segnalati dal 43% degli abitanti, al Sud questo avviene per il 31% degli intervistati; le chiusure sono maggiormente percepite nelle città tra 100 e 250mila abitanti, meno in quelle tra 30 e 100 mila. Diversa è anche la percezione del fenomeno tra chi vive nei grandi e nei piccoli centri: per i primi desertificazione è sinonimo di aumento del degrado urbano, riduzione della qualità della vita e riduzione della sicurezza, per i secondi sta a indicare prevalentemente riduzione delle occasioni di lavoro, aumento del rischio di spopolamento e riduzione delle occasioni di socialità. Al Sud prevalgono le preoccupazioni per i riflessi occupazionali e i rischi di spopolamento.
Carlo Sangalli (presidente nazionale Confcommercio). “Anche nell’era digitale i negozi di vicinato sono insostituibili: rendono le città più vivibili, più attrattive e più sicure. E’ necessario, però, contrastare la desertificazione che sta facendo scomparire molte attività commerciali. Occorre incentivare l’innovazione e sostenere la riqualificazione urbana attraverso un miglior utilizzo dei fondi europei”: così il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commenta l’indagine sulla desertificazione commerciale diffusa dalla Confederazione